Libere e travolgenti – Appello per uno spezzone nazionale di studentesse, ricercatrici e dottorande alla manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne del 22 novembre:
L’onda va avanti e non si ferma! Inonda strade, piazze, assemblee,
costruisce nuovi linguaggi, apre spazi di discussione, pratica
l’autorganizzazione come forma di agire politico.
Noi donne in onda della Sapienza vogliamo portare avanti sia un’analisi
politica, sia nuove pratiche di movimento che aprano spazi per tutte e
tutti.
La mobilitazione, partita dalla battaglia contro i decreti 133 e 137,
ha allargato il suo campo d’azione e di rivendicazione. A partire dalle
scuole primarie l’onda è dilagata nelle scuole e nelle università
ponendo al centro la questione dell’autonomia economica, politica,
esistenziale.
L’onda anomala vede il protagonismo delle donne nel movimento. Sono
state le donne ad accendere la protesta: sono state le maestre e le
mamme che hanno contestato il decreto Gelmini non solo per tagli
consistenti ai posti di lavoro, ma anche per quelli alle ore di scuola.
Con la riduzione del tempo- scuola da 40 a 24 ore, l’attacco al
progetto educativo diviene complessivo. Il tempo pieno, infatti,
rappresenta un modello educativo in cui la madre da un lato non è
l’unica referente della formazione e della educazione affettiva, e
dall’altro permette l’espressione di un’autonomia attraverso la
liberazione di tempi di vita.
La precarietà estende l’assenza di garanzie e la discontinuità di reddito a tutte le figure lavorative.
Le conseguenze sono sotto i nostri occhi ogni giorno nelle università,
dove il lavoro è spesso gratuito, sotto forma di stages e tirocini, o
semi-gratuito con le docenze a contratto, peraltro regolate da criteri
di reclutamento arbitrari. Arbitrarietà che per le donne aggiunge
l’aggravante di venire discriminate per il fatto stesso di essere
donne. La maternità (o la sua potenzialità) diventa un motore di
espulsione dal lavoro, incidendo negativamente sulle assunzioni e le
stabilizzazioni. Se in Italia la percentuale delle donne laureate è il
55% del totale, quella delle ricercatrici scende al 29%.
L’accesso delle donne al mondo del lavoro è ormai riconosciuto come
condizione diffusa (anche se in Italia limitata, abbiamo infatti uno
dei tassi di occupazione femminile più bassi d’Europa), ma con le
attuali politiche assisteremo ad una trasformazione dei tempi di vita
delle donne. Prendiamo ad esempio tutti quei casi in cui le donne, pur
di non perdere il loro lavoro precario, si trovano a dover scaricare il
lavoro di cura su altre donne: le nonne o le migranti e le giovani
precarie a cui consegneranno parte o tutto il loro stipendio.
Il corpo delle donne viene attraversato da linee di potere specifiche e
il conflitto di genere vive nelle nostre relazioni, come vediamo nel
mondo delle università, della ricerca e del lavoro.
Non crediamo che il sapere sia neutro, non crediamo alla parità tra i
generi quando proprio nell’università è evidente come nella gerarchia
di potere le donne non arrivino quasi mai ai vertici della piramide,
basta vedere il numero bassissimo di docenti ordinarie.
C’è una cecità di genere e noi siamo intenzionate a vederci chiaro.
Dobbiamo e vogliamo mettere in gioco i nostri desideri e le nostre
rivendicazioni. Riteniamo che, dentro l’università, esista una completa
assenza di dibattito e di studi che affrontino le tematiche di genere,
proprio per questo pensiamo che la didattica ufficiale debba affrontare
tali questioni, attraverso la partecipazione diretta delle studentesse
e delle ricercatrici; così come al contempo rivendichiamo la necessità
di costruire momenti di autoformazione, attraverso cui costituire
saperi differenti.
Il corpo delle donne continua ad essere il veicolo di politiche
securitarie, approvate a colpi di decreti, come il pacchetto sicurezza
che individua nell’immigrato l’unico colpevole delle violenze, o come
il D.d.L. Carfagna che, criminalizzando le prostitute, controlla e
gestisce i comportamenti e i modi di esistenza di tutte le donne. La
presunta vulnerabilità delle donne diventa un espediente per
giustificare tutte le misure di controllo, dalla militarizzazione delle
strade alla criminalizzazione dei migranti.
Vogliamo un welfare che consenta l’indipendenza delle donne.
Vogliamo un consultorio in tutte le scuole e le università, così come
un’educazione che parli di sessualità sin dalle scuole elementari.
Non vogliamo pagare noi la crisi, non vogliamo rispondere all’appello
al sacrificio, non vogliamo delegare a nessuno le decisioni sul nostro
presente e sul nostro futuro, non vogliamo subire un controllo sempre
più pervasivo.
Riteniamo fondamentale portare questo dibattito nelle università in
mobilitazione, farlo vivere nella proposta di autoriforma e declinarlo
nelle rivendicazioni del movimento .
Il 22 novembre, alla manifestazione nazionale contro la violenza
maschile sulle donne, vogliamo costruire uno spezzone nazionale come
studentesse, ricercatrici e dottorande che porti la forza e la
determinazione dell’onda.
Non sarà un punto di arrivo, ma un momento di denuncia e di reazione sulla violenza contro le donne.
Saremo onda ancora una volta: riprenderemo i nostri spazi invaderemo e bloccheremo la città .
Perché non saranno i nostri corpi né i nostri desideri a pagare la crisi!
Donne in onda della Sapienza in mobilitazione
ecco perchè in italia i divorzi sono un aumento: con uomini del genere!
poi se c’è una cosa che deteso è che debbano cotrollare a nsotra condotta e i nostri corpi..noi donne per caso gli controlliamo lo sperma quado vogliamo figli?
poi ci chiediemo perchè molti abbadonano le ragazze incinte, le moglie con a carico i figli e che non vogliono pagarle i mantenimento, le donne costrette ad abortire ed uccise idem, co ntuto sto antifemminismo che si dffonde. Ma lo capiscono almeno che non siamo oggetti e nè proprietà di nessuno?
e vogliono essere anche padri?
sempre con stereotipi in testa di lavori da dona e da uomo. No donne invce nella società dobbiamo anche fare cose da uomini. Missà che sono loro che devono emanciparsi, noi donne lo siamo gia tutte!
come se io non faccio un cavolo al lavoro e pretendo lo stipendio e che non mi licenzino.
fikasicula, ci avevo pensato che erano collegati, ma sapere per certo che sono meno di quel che vogliono far sembrare mi rincuora.
Aspetto con interesse il post di cui mi accenni.
Rosa, infatti quello che scrivi è proprio ciò che mi veniva in mente leggendo le cazzate dei due siti in questione. Vogliono il diritto di far partorire o abortire qualcun’altra, e poi pure quello di reclamare la propria selvatichezza, che li spingerebbe fuori casa, cioé poi cucinare, pulire, accudire: roba da femmine. E ci rimanessero allora, fuori casa, se son capaci!
Oppure come quando si lamentano della derisione del maschio, male bashing la chiamano, o qualcosa del genere, e poi, sempre in virtù della tanto vantata (!) selvatichezza, considerano naturale non essere portati per le pulizie e i lavori di cura in genere. E si lamentano quando vengono presi per il culo perché pretendono di non essere portati per fare i piatti, come se madre natura non li avesse forniti dell’unico neurone necessario per avviare e ultimare compirti banali, come le pulizie.
Peccato che non si rendono conto di quanto si prendono per il culo da soli.
Un abbraccio a tutt’e due.
ma di che si lamentano quelli dei siti antifemministi vivono in un paese maschilista e si lamentnao pure? sono padri assenti e pretendono la paternità dopo che magari hanno scaricato fgli e famiglia a carico delle donne che devono giostrarsi tra lavoro e famiglia?
almeno siano padri presenti in famiglia cosi almeno hanno motivo di protestare…
ma xke non si stanno zitti e ringrazino di non vivere in paesi come la svezia..
cara emma
grazie della segnalazione. ho già visto il sito e ho letto purtroppo. ci sto facendo una ricerca, su quel sito e altri della stessa specie. pubblico entro oggi penso. ti anticipo che sono spazi in rete tutti registrati a nome delle stesse eprsone. uno in particolare è de la destra. candidato in varie occasioni, conosciuto…
il resto lo leggi tra un po’.
aiutami a divulgare questo materiale perchè è importante che tutt* sappiano.
un abbraccio
Questo commento l’ho scritto sul blog ‘la rete non è neutra’, ma mi va di ripeterlo anche qui, dove però leggo con interesse dell’onda femminile alla sapienza. Potresti segnalarmi un sito, un punto di riferimento ufficiale in rete, please?
Incollo di sotto il delirante passaggio di uomoni3000, sito simile all’antifemminista. Roba da matti, a leggerli fanno impressione. Parlano di selvaticità, onore, padre, grande bugia (il condizionamento culturale loro lo chiamano così) ecc. ma il passaggio che ti incollo qui sotto è davvero offensivo. Non sono riuscita a riderne con disprezzo, come ho fatto per il resto delle cazzate che pubblicano, mi ha fatto solo incazzare. Parla di riappropiarsi del diritto di diventare padri, o non diventarlo, a loro piacimento, senza nessun accenno al fatto che, purtroppo per loro, l’utero ce l’ha la loro tanto odiata donna. Il pensiero così formulato di questi poveretti disperati mi fa venire in mente l’orrore delle donne recluse, violentate e ingravidate a forza, fatte partorire e private dei loro figli, storia vera, non mi ricordo esattamente dove in africa, non so forse ne hai parlato nei tuopi post quotidiani. E’ il caso di reagire con sistematicità, non basta più indignarsi. E dopo lo chock del sito antifemminista dell’altra settimana, ora mi sono imbattuta in quest’altro sito. Sono incazzata e scoraggiata. In un paese come il nostro, dove il maschilismo è consolidato da secolare tradizione cattolica, trovare questi che persino si lagnano di lesà onorabilità e reclamano di usare il corpo delle donne per fare i padri come e quando gli piace mi sconvolge, mi da alla testa. Come se non vivessimo nel paese più maschilista d’europa, e 84esimo al mondo (su tipo 120 nazioni), l’hai vista la classifica sul gender gap del world economic forum? Comunque, ecco di seguito gli sproloqui di quei poveracci cavernicoli (sono loro che ci tengono alla loro selvatichezza, non dovrebbero offendersi se li chiamiamo cavernicoli o bestie…), eccoli:
Fondare i diritti riproduttivi maschili
In ambito riproduttivo la volontà maschile vale zero. La paternità può essere sia carpita con la frode che sottratta ad arbitrio. Con l’aborto e il parto anonimo la donna può liberarsi di maternità non volute mentre l’uomo subisce impotente la volontà altrui: non ha voce in capitolo sull’aborto e al tempo stesso può ritrovarsi padre a prescindere dalla sua volontà e dalla sua condizione. Se e fino quando la donna potrà decidere della maternità l’uomo dovrà poter decidere della paternità. Deve poter scegliere se diventare padre o meno tenendosi e allevando da solo il figlio che vuole o rifiutando la paternità che non vuole. La fisiologia della riproduzione non può più essere un pretesto per imporre ad una parte la volontà dell’altra.