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Mille e uno modi per schierarsi contro la violenza sulle donne

In questi giorni ho provato a cercare tra le notizie dei quotidiani
o anche in coda ai tg televisivi una notizia su qualche donna
picchiata, molestata, uccisa. Non ne ho trovate. Non fanno più
audience. E’ già stato decretato che gli unici uomini violenti sono rom
o rumeni, che in famiglia tutti vanno sempre d’amore e d’accordo, che i
centri antiviolenza non servono a niente e che l’unica soluzione è
quella di fare espulsioni o di allungare le gonne alle sexworkers
perchè se ha cambiato look la carfagna è giusto che tutte debbano
seguire il suo esempio.

Il fatto però che non si parli di
femminicidi quotidiani non significa che questi non avvengano. In rete
ne ho trovati solo alcuni: a Taurisano; a Milano; a La Spezia, a Bologna.
Per tenerci in esercizio e sperando che non vi sia un calo o una
estinzione dell’attenzione vi segnalo nel frattempo un ottimo dossier
pubblicato da Delt@ News: "La mattanza. Femminicidio: ricerca sulla stampa italiana nell’anno 2007" di Sonia Giari. E’ un documento in pdf e potete leggerlo e scaricarlo da QUI.
Molte notizie e altre segnalazioni sulla enorme quantità di donne
uccise, stuprate, picchiate potete trovarle su questo blog

Un’altro documento destinato stavolta alla prevenzione si trova sul sito Service4SexWorkers.
Si trovano notizie sulle leggi in italia a proposito di stranieri e
prostituzione così come indicazione su questioni che riguardano
prettamente la salute. Una sorta di vademecum per evitare l’incontro
con manganelli e virus. Di forme diverse di violenza, maschile e/o
istituzionale, si tratta. In ogni caso è un nostro problema perchè di
qualunque forma di violenza si tratti "ci riguarda tutte". 

Indispensabile
sottolineare che ci avviciniamo al 25 novembre: data scelta come giorno
di lotta internazionale contro la violenza sulle donne. In italia già
molti appuntamenti sono fissati e altri sono in via di costruzione.
Alla vostra destra trovate la nostra agenda che ricorda gli
appuntamenti dei quali siamo a conoscenza e quelli ai quali intendiamo
partecipare. Se ci sono altre iniziative segnalatele pure tra i
commenti.

Sappiamo: della manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne, del 22 novembre a Roma, organizzata dalla rete nazionale di femministe e lesbiche in maniera autogestita e indipendente da partiti e sindacati; di una iniziativa organizzata dal ministro ombra delle pari opportunità a Roma il 24 novembre (con
la presenza di Veltroni – quello del pacchetto sicurezza che prendeva a
pretesto la violenza sulle donne per programmare espulsione degli
stranieri e per dare più poteri ai sindaci – e con annuncio di
presentazione di un disegno di legge sui centri antiviolenza
); della staffetta promossa dall’Udi che parte da Niscemi il 25 novembre; di un corteo notturno a Palermo per il 28 novembre; di una iniziativa a Firenze per il 29 novembre.

La
manifestazione nazionale
contro la violenza maschile sulle donne ha una
impostazione che non lascia dubbi: parte da una lettura del presente in
chiave antifascista, antirazzista e antisessista e definisce le proprie
strategie di lotta che sono in contrasto con le politiche securitarie
dell’attuale ma anche del precedente governo. QUI trovate il testo intero dell’appello che si distingue a partire dallo slogan di partenza: Indecorose e Libere.

La violenza ha mille facce e per individuarle tutte la rete femminista e lesbica nazionale ha lavorato per ben due incontri
che per interi week end hanno visto tante donne in diversi gruppi di
lavoro a condividere dati, esperienze, analisi, proposte, con una
ricchezza di contenuti che resta patrimonio di tutte noi.

La
violenza
è quella degli uomini che procurano ferite visibili, ma è
anche quella culturale che diffonde una mentalità che si concentra sui
corpi di donne, lesbiche, trans, per imporre ruoli ed esempi positivi
(o negativi). Per indurre come unica scelta una sessualità
riproduttiva, finalizzata alla costruzione di una "famiglia" concepita
quale unico ammortizzatore di uno stato sociale totalmente al disastro. 

Quando
ci sono crisi economiche in atto c’e’ spazio per autoritarismi che si
concentrano sui corpi. Li racchiudono in spinte moralizzatrici e in un
disegno della società che ristabilisce il concetto di "proprietà".
Perciò è violenza anche il fascismo, il razzismo, il sessismo, la
lesbofobia, la transfobia. Ma esiste anche la violenza istituzionale:
che declina la legittimazione delle spinte autoritarie, protese a
tutelare privilegi e a scavare fosse per seppellire cadaveri di tanta
schiavitù. C’e’ la precarietà sul lavoro. Non c’e’ nessuna certezza del
reddito. Nessun diritto alla casa. Nessun diritto alla gratuità di
asili nido e scuole per i figli. Per le donne tutto ciò si traduce
automaticamente in una dipendenza dagli uomini.

Abbiamo difficile accesso ai
consultori, all’applicazione della legge 194, alla semplice
prescrizione di un contraccettivo, persino. Siamo trattate da criminali
mentre esercitiamo il nostro diritto alla libera scelta.

Esiste una violenza repressiva che si concentra
sulla persecuzione delle prostitute e impone "decoro" e buona
"condotta" contro donne italiane e straniere rendendole tutt’altro che
libere, emancipate innanzitutto dal bisogno.

Una delle cose che appare chiarissima è la scarsa
volontà della classe politica di affrontare questo problema in tutti i
sensi assumendosi la responsabilità di considerarlo come questione che
non è possibile spezzettare in tanti minuscoli compartimenti stagni.

Fare una legge nella quale si fissano nuovi
termini dei reati di violenza contro le donne senza rimuovere le cause
che generano quella stessa violenza o i motivi per i quali una donna
non riesce a sottrarvisi prima ancora di rischiare la vita, è un
assoluto controsenso.

Reprimere senza dare alle donne gli strumenti
economici per essere indipendenti e quelli culturali per poter contare
su una mentalità che non la obblighi a subire in ogni contesto che
attraversa, non serve a niente.

Ragionare continuamente di una "sicurezza" la cui
responsabilità viene unicamente assegnata a difensori esterni piuttosto
che ad una capacità di autodifesa delle stesse donne è e rimane una
maniera di legittimare la cultura paternalistica e maschilista che
genera ancora violenza.

Infine: creare numeri come il 1522 per poi
lasciare i centri antiviolenza senza nessun supporto economico per
provare a offrire una sponda in questo panorama desolato è un atto
quasi criminale.

La rete femminista e lesbica nazionale si compone
di varie realtà. Vi sono quelle che non hanno nessuna voglia di
interloquire con le istituzioni, foss’anche soltanto per chiedere
finanziamenti per i centri antiviolenza invitando questi ultimi a darsi
una struttura differente e autogestita. Vi sono poi invece altre che
intendono avere un rapporto anche assai critico con le istituzioni e
che vogliono interloquire affinche’ in ogni regione, provincia, comune,
o in tutta l’italia vi sia la possibilità di ragionare sui centri
antiviolenza legittimandoli come servizi indispensabili a dirigere la
lotta contro la violenza maschile sulle donne verso zone più complesse.

Ci sono le donne che hanno voluto la lettera in risposta alle dichiarazioni della ministra carfagna e quelle che hanno totalmente bocciato questa idea dichiarando che altre devono essere le strategie di lotta. Tra dialogo e irrigidimenti una mediazione avviene piu spesso a livello locale (a
parte alcune città – difficili come terreno di azione – con divisioni
anche generazionali e poi di contenuti e metodi tra differenti gruppi
). 

In Toscana si lavora affinchè la legge regionale che assicurava fondi per i centri antiviolenza diventi esecutiva. Nelle marche
si sta parlando in questo periodo di una legge contro la violenza sulle
donne. In sicilia c’e’ una proposta abbastanza articolata, da
affrontare e discutere, che viene fuori dall’opposizione del pd. In
altre regioni ci sono stesse condizioni o le donne lavorano per questo.

I centri antiviolenza hanno dunque necessità di
essere supportati nella realizzazione di proposte che non possono
essere realizzate senza un contributo istituzionale.

Non è un caso, credo, che il ministro ombra
voglia presentare un progetto di legge che riguardi proprio loro. Così
la rete dei centri antiviolenza potrebbe essere tenuta a partecipare
all’iniziativa del pd invece che a quella del 22 novembre.

Di chi la responsabilità? Di chi il merito?
Scarsa capacità di mediazione di un pezzo della rete femminista e
lesbica? Iniziativa più credibile da parte del ministro ombra?

Comunque sia, quando le donne si ritrovano in
nicchie autocelebrative e autoreferenziali, ciascuna con la convinzione
di essere nel giusto e tutte con la responsabilità di non aver saputo
trovare un modo che contenesse le esigenze di tutte, è un po’ una
sconfitta per tutte.

O forse è una ricchezza. Tante iniziative, ricche
e diverse, nelle quali si affrontano gli stessi problemi ma con
soluzioni diverse. Tra le clausule: l’antifascismo, del quale nessuno ha l’esclusiva e che si può esprimere in mille modi diversi (virili o oltre la barriera della virilità obbligatoria).

Purchè non sia una lotta tra parti diverse della sinistra, perchè a
nessuna interessa sostenere la battaglia di numeri che è attualmente in
atto tra il pd e l’altro pezzo della sinistra che non è rappresentato
in parlamento.

Noi non vogliamo essere funzionali a nessuno.
L’aspirazione è autorappresentarsi. Autorganizzarci. Niente bandiere e
segretari di partito. In tutte le iniziative, per favore. Compresa
quella del pd. Le donne hanno diritto a non subire almeno questa
violenza. Grazie.

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio, Scritti critici.


One Response

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  1. rosa says

    http://lanazione.ilsole24ore.com/…indagati.shtml

    leggi qua è vergognoso!

    dammi una spiegazione perchè questo schifo!