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Un altro porno è possibile

Qualche giorno fa repubblica ha pubblicato un pezzo ispirato al pornofemminismo. E’ una sintesi un po’ riduttiva ma decente, perciò ve la ripropongo. Chi ha voglia di approfondire e guardare oltre può comunque dare un’occhiata al sito delle Sexyshock e al loro blog. Il loro prossimo appuntamento di ConSensuality è il 29 marzo e il 6 aprile, dalle 15.00 alle 19.00, a Bologna [(costo 20 € , max 20 partecipanti, V.M. 18 anni, il luogo del Ws verrà comunicato al momento dell’iscrizione che potete fare scrivendo a infosexyshock@inventati.org], con il workshop: "Photoreportage or your nasty attitude" a cura di Yashima Mishto.  

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Sexy Shock: un altro porno è possibile

di Cristina Petrucci


Un
tempo l’industria dell’hardcore e le femministe erano nemici giurati.
Ma ora una nuova generazione di attiviste vuole colpire il nemico
dall’interno. Ecco le cattive ragazze del porno accanto

"La pornografia è la teoria, lo stupro
è la pratica", dicevano
le femministe negli anni 60 e 70.
Da allora, però, molte cose sono
cambiate. L’americana Annie
Sprinkle
, pornostar e femminista, è stata
la prima a suggerire e a mettere in pratica l’idea
che la liberazione delle donne potesse passare
anche attraverso l’industria dell’hardcore (con il Post Porn Modernist ndb).
La sua amica e collega Candida Royalle, poi,
ha fatto anche di più, creando nel 1980 Femme
Productions, la prima compagnia che produce
film erotici creati da e per le donne. Ora il loro
messaggio, “Fatti il tuo film porno”, sta
ispirando tutta una nuova generazione di artiste
e attiviste del “grrl power” in Usa ed Europa.
A cominciare da due ragazze
spagnole. Águeda Bañón e María la cui missione è andare in giro
per il mondo a tenere workshop
sulla pornografia e il femminismo.

Le “aspiranti pornostar” imparano
tecniche e pose da ripetere poi di fronte
a una telecamera. Nulla a che vedere
con quello che si trova nei film porno
classici, ma neanche in quelli cosiddetti
alternativi come l’italiano Mucchio
Selvaggio, diretto da Matteo Swaitz dove,
al di là dell’ambientazione underground
e della presenza dei rapper Club Dogo
e Truceklan e della suicide girl Violetta
Beauregarde, si vedono gli stereotipi
maschilisti e le scene tipiche
dei prodotti più commerciali.

Per fortuna, però,
qualcosa di nuovo
si sta muovendo
anche nel nostro
paese:
«Abbiamo deciso
di riappropriarci
di pratiche
erotiche
e sessuali che
di solito vengono
considerate
offensive o pesanti
per le donne»,
racconta Elena,
proprietaria
di Betty & Books, il primo sex shop
aperto in Italia da un collettivo
femminista, il Sexy Shock, nato
all’interno del centro sociale TPO
di Bologna. «La decisione
di vendere dei sex toys viene proprio
da questo percorso. Ci siamo accorte
che al collettivo venivano donne
che ci chiedevano oggettistica di vario
genere, da qui la decisione di aprire
un negozio
. Al contrario di quello che si
potrebbe pensare, non vengono ragazze
o donne “alternative” ma proprio
ragazze “normali”, soprattutto lesbiche
giovanissime dai 18 ai 25 anni».
Ai tradizionali sexy shop così poco
invitanti, per non dire squallidi,
si stanno dunque affiancando
timidamente negozi “women friendly”,
pensati appositamente per il pubblico
del gentil sesso. Libri, giocattoli erotici,
cataloghi d’arte, riviste internazionali,
abbigliamento e accessori.
Paradossalmente, vi si può trovare
di tutto tranne i film porno: «Le nostre
clienti ce li chiedono ma purtroppo
il tipo di distribuzione che arriva in Italia
è solo commerciale, da cui il porno
al femminile è completamente escluso.
Quindi non ne vendiamo perché non
ci danno sufficienti garanzie contro
lo sfruttamento delle ragazze
o sull’uso dei preservativi».

Ancora
una volta, la risposta è “Do It Yourself”:
«A ottobre abbiamo inaugurato
una serie di workshop chiamati
ConSensuality per insegnare a giocare
con gli oggetti che vendiamo
e con la pornografia», ci spiega Elena.
«La parola chiave è “safe sex”, sesso
sicuro, sia per la prevenzione
di malattie sessualmente trasmissibili,
ma soprattutto per scoprire quali sono
le nostre reali fantasie e condividerle
con il o la partner». Gli argomenti sono
dei più vari, dal burlesque al bondage,
dal fisting all’uso dei sex toys.
L’idea è che qualsiasi fantasia sia
legittima, a patto che vada di pari passo
con la consensualità. «Per esempio, se
si vuole fare del bondage (ovvero, l’arte
di legare, nda), ci sono delle cose
che bisogna sapere
sulla circolazione
sanguigna. Esplorando
le fantasie relative all’atto
di legare o essere legate,
si lavora anche
sul concetto di potere.
Abbiamo dovuto fare
un discorso lungo un’ora
per spiegare che legare
non è un gioco di potere
e che c’è una netta
separazione tra sadomaso,
sessualità e bondage».

Tra tutte le insegnanti
che hanno partecipato
ai workshop, abbiamo
incontrato Daniela
Crocetti, un’italoamericana
di 32 anni laureata in antropologia
del corpo, queer performer, “mental
masturbator” e che dal 1995 pratica
fisting vaginale. A vederla così,
con il faccino dolce e pulito e la voce
appena percepibile, non diresti mai che
si tratta dell’insegnante più richiesta.

«Quando parlo di fisting (letteralmente
“fist” significa pugno) vaginale,
percepisco che in quasi tutti gli ambienti
questa pratica viene considerata hard,
invece non si fa niente senza elaborare
i rapporti tra le persone. Soprattutto
il fisting non si fa se la persona non è
davvero rilassata. Quindi, il primo passo
è demistificare il fisting vaginale come
una pratica violenta e imparare a farlo
in maniera piacevole. Anche perché
parlare di queste pratiche», continua
Daniela, «permette di concentrarsi
sulla sessualità delle donne
e non sul fallo. Che si tratti di sesso
etero o omo, l’obiettivo è sempre
il piacere delle donne. E questo è un
atto altamente politico, ma soprattutto
è un modo per insegnare agli uomini
a scopare bene».

Da Bologna
ci trasferiamo a Roma, dove
recentemente sono nati molti sex shop
women-friendly, dal centralissimo
MistyBeethoven, nel rione Monti
al raffinato ZouZou che organizza
per le sue clienti il “Sensual Date”.
Si tratta di serate a domicilio stile
“Signorine Avon” in cui tra uno spuntino
afrodisiaco e la presentazione
dei prodotti si potranno acquistare
luxury sex toys, lingerie ricercate
e creme che aumentano l’eccitazione
femminile. Ma è la recente apertura
di Tuba nel quartiere del Pigneto
ad aver scosso la cattolicissima
capitale. Già perché le ragazze del bazar
dei desideri hanno aperto il loro negozio
con dei finanziamenti pubblici
scatenando le ire più conservatrici.
Nell’ultimo anno, poi, anche i centri
sociali della capitale si sono dedicati
alla pornografia. Al Forte Prenestino,
per esempio, in occasione dell’ultima
edizione del festival Crack! Fumetti
dirompenti, è stato organizzato
un seminario di due giorni dedicato
alla costruzione di oggetti erotici come
vibratori e dildi. «La pornografia è
un’industria come tutte le altre e quindi
sottostà a quelle leggi, abbassamento
della qualità dei prodotti e sfruttamento
della manodopera. Sicuramente è un mercato che guarda principalmente
al pubblico maschile, non nella sua
componente hardcore, ma
nella rapidità in cui si esauriscono
le situazioni seduttive, nella trama
dei film sempre poco ironici e molto
gonfiati».

A parlare è Maria, una delle
organizzatrici dei workshop che sono
stati tenuti dalle spagnole del collettivo
Bricolaje Sexual. «Facendo questi
seminari ho capito che ci sarebbe un bel
mercato femminile per la pornografia,
a patto che la si faccia finita con i soliti
stereotipi. Bisogna capire che le
fantasie femminili sono hardcore come
quelle maschili. Giochi di ruolo
e situazioni limite sono eccitanti
per noi come per i maschi. Questi
workshop sono a misura di chi vi
partecipa: una cosa che ti costruisci
da sola è un pezzo unico fatto su
misura, controlli la provenienza
dei materiali che sono tutti riciclati.
Ognuna di noi ha portato da casa vecchi
elettrodomestici rotti che abbiamo
smontato e poi usato per farci
dei vibratori. Abbiamo unito
competenze di tipo maschile come
la saldatura, con i “classici” lavori
femminili tipo ago, filo e latex».

Un modo, insomma, per giocare,
conoscersi, costruire oggetti
e produrre film tra donne con
l’obiettivo di riprendere il controllo
su un immaginario troppo
sfruttato commercialmente
e pensato solo per un pubblico
maschile. Almeno, fino ad ora…

Posted in Corpi, Fem/Activism, Sensi.


4 Responses

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  1. FikaSicula says

    beppe di nulla 🙂
    a presto

  2. Beppone says

    Difficile per me commentare senza sembrare fuori luogo e intruso.
    All’epoca, come ogni adolescente ho avuto contatti con il porno che però mi ha sempre lasciato un senso di incompletezza se posso dire così. E da adulto si e’ sempre piu’ rarificata la necessita’ (purtroppo o per fortuna?).
    Su quello che leggo non riesco ad esprimere idee chiare, ma sicuramente mi colpisce positivamente che si affronti da un punto di vista femminile.
    Ci sono spesso notizie interessanti sul tuo blog. Grazie.
    Beppe

  3. FikaSicula says

    hai ragione 🙂
    infatti in basso l’apostrofo non c’era. è stato un riflesso condizionato.
    grazie!

  4. correttore di bozze says

    un altro porno e’ possibile, magari senza quell’orrido apostrofo