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Perugia: per ogni donna uccisa, violentata, offesa, siamo tutte parte lesa!


A Perugia
si è
realizzato il presidio in occasione del processo per l’omicidio di
Barbara Cecioni. Scrive una attivista della rete donne umbre:

"Circa quaranta donne della
Rete delle Donne Umbre e del Sommovimento femminista di Perugia sono
scese in piazza e hanno fatto sentire la propria voce. L’appuntamento
del presidio del 18 è stato indicato come appuntamento nazionale dai
tavoli romani delle femministe e delle lesbiche ma viene da lontano: da
un percorso di iniziative, incontri, dibattiti in cui il movimento
femminista umbro ha elaborato e prodotto un pensiero differente sui
femminicidi che si sono consumati nel nostro territorio: da Barbara
Cicioni a Meredith Kercher  i corpi e le vite annientate delle donne
sono stati presi a pretesto per parlare di altro: legalità, sicurezza,
immigrazione. 

I media,
anche quelli locali,  hanno creato intenzionalmente allarme sociale
alimentando la paura dell’altro, del diverso ma L’ASSASSINO NON BUSSA
HA LE CHIAVI DI CASA!!! La politica istituzionale, inseguendo l’agenda
dettata dei media, si è preoccupata  solo dell’immagine "pulita" delle
città, dichiarazioni autorevoli del tipo: " Questi delitti sono
estranei alla  nostra città, alla cultura della nostra gente" ma i
fatti parlano chiaro: C’è troppo odio verso le donne: è la più lunga
guerra che si conosce. LA VIOLENZA MASCHILE è TRASVERSALE ALLE
SOCIETA’, ALLE CLASSI, ALL’ISTRUZIONE, ALLE METROPOLI COME AI PICCOLI
CENTRI.

Abbiamo
denunciato l’inadeguatezza e l’insufficienza dei servizi locali in
grado di contrastare la violenza maschile sulle donne, solo a titolo
esemplificativo: manca una rete realmente integrata dei servizi, un
piano organico di formazione  per tutti quegli attori/attrici che si
fanno carico del fenomeno della violenza, percorsi educativi nelle
scuole orientate al rispetto della differenza di genere e delle
differenze tutte, l’Umbria è una delle pochissime regioni che non ha
mai avuto un vero e proprio Centro antiviolenza.

E’ anche 
grazie a questo percorso, fatto di una pratica politica quotidiana e
faticosa , all’esperienza di donne in costante relazione tra loro  che
associazioni come Giuristi Democratici, Ossigeno, Differenza donna, il
Comitato Internazionale 8 Marzo (associazione umbra che fa parte della
rete delle donne e che vanta un’attività ventennale) hanno attivato
incisivamente il percorso che le ha portate a costituirsi come parte
civile al processo. Tutto ciò dimostra che la soggettività femminista
non diviene solo con l’individuazione di nuovi concetti che permettono
di decostruire i poteri-saperi che sottendono il discorso sul
femminile, ma anche grazie alla creazione di contesti che permettono di
creare una ricchezza di scambi che sono impensabili nei contesti
abituali,  luoghi di elaborazioni e confronto attraversati da
molteplici soggettività.
"


La questione della sicurezza

attraversa molta riflessione delle donne di perugia. A questo
proposito il volantino del sommovimento femminista dice: “ E’ questo
sistema sociale che
genera violenza, che rinchiude le donne dentro le mura domestiche,
dentro i
loro mattatoi, che nega loro l’emancipazione per la mancanza di un
reddito, che
nega loro spazi di socialità dove potersi confrontare e aiutare, che
offre loro
una città blindata e desertificata che alimenta paura e solitudine
attraverso
misure di controllo che … creano città sotto controllo ove sono
bandite,
addirittura criminalizzate le normali libertà.”

http://leribellule.noblogs.org/gallery/596/stop%20violence%20against%20women.JPG
La rete delle donne umbre
sostiene poi che la
sicurezza per una donna è soprattutto “un lavoro a tempo indeterminato, un
salario che permette di arrivare a fine mese, è il non dover scegliere fra
maternità e lavoro, è il diritto di esercitare l’autodeterminazione, cioè la
libertà di disporre della propria vita e del proprio corpo in una città che sia
aperta e solidale a misura di donne e uomini”. 


Vi passo
anche il
comunicato fatto dai Giuristi Democratici che come già scritto assieme
ai gruppi già citati si sono costituiti parte civile al processo:


COMUNICATO STAMPA
 


Femminicidio di Barbara Cicioni: ammessa la costituzione dei Giuristi Democratici come parte civile
 

In data 18 marzo 2008, il Giudice per l’udienza preliminare del
Tribunale di Perugia dott. Micheli ha ammesso la costituzione dei
Giuristi Democratici come parte civile nel processo a carico di Roberto
Spaccino, indagato per l’omicidio, in data 24 maggio 2007, della
moglie, Barbara Cicioni, incinta di otto mesi e mezzo, commesso "con
crudeltà" e "per futili motivi" (consistiti in una discussione
famigliare) nonché per i maltrattamenti a carico della moglie ( "con 
continue ingiurie, percosse, violenze psicologiche, nel corso
dell’intera vita matrimoniale fino all’avvenuto omicidio") e dei figli
con "violenza psicologica".  

A fondamento della propria costituzione come parte civile nel
processo, pur non avendo come unico scopo sociale statutario la
specifica difesa dei diritti delle donne, quanto piuttosto quello di
"difesa ed attuazione dei principi democratici, di uguaglianza ed
antifascisti della Costituzione e delle Convenzioni in difesa dei
Diritti Umani", i Giuristi Democratici hanno rimarcato la loro costante
attività per il riconoscimento a livello sociale, normativo ed
internazionale della donna come soggetto di diritto, e per
l"eliminazione di ogni forma di discriminazione basata sul genere o
sull"orientamento sessuale.

Nello specifico, l’avv. Monica Miserocchi, che rappresentava in
giudizio l’Associazione, e la dott.ssa Spinelli Barbara, che collabora
al caso, entrambe attive nel gruppo di lavoro "Genere e famiglie" dei
Giuristi Democratici, hanno sostenuto che  i fatti contestati
all’imputato rientrano nell’ipotesi di "femminicidio", (ogni pratica
personale o sociale violenta fisicamente o psicologicamente, che
attenta alla integrità, allo sviluppo psico-fisico, alla salute, alla
libertà o alla vita della donna, col fine di annientarne l’identità
attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla
sottomissione o morte della vittima nei casi peggiori (..) il
femminicidio è un fatto sociale: la donna viene uccisa in quanto donna,
perché non accetta di ricoprire il ruolo che l’uomo o la società
vorrebbero impersonasse) e che, in quanto tali, "hanno provocato una
lesione del diritto soggettivo proprio dell’Associazione Nazionale
Giuristi Democratici, da intendersi quale lesione dell’interesse
concreto alla salvaguardia di situazioni storicamente circostanziate,
di esplicita violazione dei diritti fondamentali delle donne e dei
bambini riconducibili ad una cultura che non riconosce a tali soggetti
la piena dignità di persone, ed in quanto tali assunte
dall’associazione per farne oggetto delle proprie cure ai sensi delle
finalità statutarie".

La ammissione della costituzione dei Giuristi Democratici come parte
civile in questo processo ha una fortissima valenza simbolica, in
quanto riconosce che il femminicidio, e nello specifico la violenza
domestica, non rappresentano solo una lesione dei diritti della donna,
un fatto privato, né tantomeno sono un "fatto di donne" (come sarebbe
avvenuto se fossero state ammesse solo le associazioni aventi per scopo
la difesa dei diritti delle donne) ma costituiscono una profonda ferita
per la società tutta, che, nel momento in cui alla donna non viene
riconosciuta la dignità di Persona ed in quanto tale viene fatta
oggetto di discriminazioni e violenze, è collettivamente responsabile
per l’eliminazione di quella cultura patriarcale e di quegli stereotipi
misogini e sessisti che ancora oggi minano l’autodeterminazione, la
libertà, la vita delle donne ed il sereno sviluppo dei bambini che, in
ambito famigliare, assistono a queste violenze e ne subiscono le
conseguenze in termini psicologici.

Giuristi Democratici

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali.


3 Responses

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  1. FikaSicula says

    Slavina ho provato a lasciarti un commento ma devi disattivare l’antispamm recaptcha altrimenti non funziona. guarda che c’e’ scritto nel forum di autistici a quel proposito.
    volevo lasciarti un commento anche se poi è diventato un intero post :)***

  2. FikaSicula says

    si slavina me lo ricordo pure io. c’era tutto il clan familiare a proteggere il marito. dissero anche che era stato un immigrato, magari un albanese. che schifezza!

    un abbraccio forte a te e alla tua piccola :****

  3. slavina says

    mi ricordo che all’epoca dei fatti l’avvocato difensore di quell’uomo di merda che ha ucciso Barbara ebbe il coraggio di chiedere una prova del dna sul feto (femmina) che la ragazza portava in grembo.
    come se cercasse un’attenuante!
    provai cosi’ tanto schifo che mi sento ancora male a ricordarlo…