Dato che se ne parla e che a tutt* piace decidere come bisogna svuotare e cancellare questa legge forse è il caso di studiarcela bene e di leggerla fino in fondo. Così almeno avremo una vaga idea di quello che, se va avanti così, finiremo per perdere e di quale entità è l’attacco al principio di autodeterminazione delle donne. Buona lettura!
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Legge n.194 del 22 maggio 1978
Norme per la tutela sociale della maternità
e sull’interruzione volontaria della gravidanza
Articolo 1
Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile,
riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana
dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui
alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie
funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari,
nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia
usato ai fini della limitazione delle nascite.
Articolo 2
I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n.
405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono
la donna in stato di gravidanza:
a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione
statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali
concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio;
b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle
norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante;
c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente
o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi,
quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere
i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera
a);
d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la
donna all’interruzione della gravidanza.
I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono
avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione
volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni
del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile
dopo la nascita.
La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie
e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità
liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita
anche ai minori.
Articolo 3
Anche per l’adempimento dei compiti ulteriori assegnati dalla presente
legge ai consultori familiari, il fondo di cui all’articolo 5 della
legge 29 luglio 1975, n. 405, è aumentato con uno stanziamento di
L. 50.000.000.000 annui, da ripartirsi fra le regioni in base agli
stessi criteri stabiliti dal suddetto articolo. Alla copertura dell’onere
di lire 50 miliardi relativo all’esercizio finanziario 1978 si provvede
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nel
capitolo 9001 dello stato di previsione della spesa del Ministero
del tesoro per il medesimo esercizio. Il Ministro del tesoro è autorizzato
ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.
Articolo 4
Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta
giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione
della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio
pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al
suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali
o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento,
o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge
ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera
a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria
a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.
Articolo 5
Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire
i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso,
e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza
sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali,
o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna
e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto
della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata
come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti,
di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione
della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti
di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento
atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari
sia durante la gravidanza sia dopo il parto.
Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie
gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità
e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il
padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della
dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata
come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli accertamenti
di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione
della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli
interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui
consultori e le strutture socio-sanitarie.
Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria,
o il medico di fiducia, riscontra l’esistenza di condizioni tali
da rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna
un certificato attestante l’urgenza.
Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una delle
sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza.
Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell’incontro
il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il
medico di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere
la gravidanza sulla base delle circostanze di cui all’articolo 4,
le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante
lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere
per sette giorni.
Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere
la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole
ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.
Articolo 6
L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta
giorni, può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo
per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi
a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino
un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Articolo 7
I processi patologici che configurino i casi previsti dall’articolo
precedente vengono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico
dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi l’intervento, che ne
certifica l’esistenza. Il medico può avvalersi della collaborazione
di specialisti. Il medico è tenuto a fornire la documentazione sul
caso e a comunicare la sua certificazione al direttore sanitario
dell’ospedale per l’intervento da praticarsi immediatamente. Qualora
l’interruzione della gravidanza si renda necessaria per imminente
pericolo per la vita della donna, l’intervento può essere praticato
anche senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente
e al di fuori delle sedi di cui all’articolo 8. In questi casi,
il medico è tenuto a darne comunicazione al medico provinciale.
Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione
della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla
lettera a) dell’articolo 6 e il medico che esegue l’intervento deve
adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.
Articolo 8
L’interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio
ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale tra quelli indicati
nell’articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, numero 132, il quale
verifica anche l’inesistenza di controindicazioni sanitarie.
Gli interventi possono essere altresì praticati presso gli ospedali
pubblici specializzati, gli istituti ed enti di cui all’articolo
1, penultimo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le istituzioni
di cui alla legge 26 novembre 1973, numero 817, ed al decreto del
Presidente della Repubblica 18 giugno 1958, n. 754, sempre che i
rispettivi organi di gestione ne facciano richiesta.
Nei primi novanta giorni l’interruzione della gravidanza può essere
praticata anche presso case di cura autorizzate dalla regione, fornite
di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici.
Il Ministro della sanità con suo decreto limiterà la facoltà delle
case di cura autorizzate, a praticare gli interventi di interruzione
della gravidanza, stabilendo:
1) la percentuale degli interventi di interruzione della gravidanza
che potranno avere luogo, in rapporto al totale degli interventi
operatori eseguiti nell’anno precedente presso la stessa casa di
cura;
2) la percentuale dei giorni di degenza consentiti per gli interventi
di interruzione della gravidanza, rispetto al totale dei giorni
di degenza che nell’anno precedente si sono avuti in relazione alle
convenzioni con la regione. Le percentuali di cui ai punti
1) e 2) dovranno essere non inferiori al 20 per cento e uguali per
tutte le case di cura. Le case di cura potranno scegliere il criterio
al quale attenersi, fra i due sopra fissati. Nei primi novanta giorni
gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì
poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie
locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati,
funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione.
Il certificato rilasciato ai sensi del terzo comma dell’articolo
5 e, alla scadenza dei sette giorni, il documento consegnato alla
donna ai sensi del quarto comma dello stesso articolo costituiscono
titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se necessario,
il ricovero.
Articolo 9
Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è
tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e
7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando
sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La
dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provinciale
e, nel caso di personale dipendente dell’ospedale o dalla casa di
cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in
vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione
o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette
alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione
con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni.
L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al
di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso
la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione
al medico provinciale.
L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente
le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività
specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione
della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente
all’intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate
sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure
previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione
della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli
5, 7 e 8.
La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso
la mobilità del personale.
L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario,
ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità
delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile
per salvare la vita della donna in imminente pericolo.
L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato,
se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per
l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al
di fuori dei casi di cui al comma precedente.
Articolo 10
L’accertamento, l’intervento, la cura e la eventuale degenza relativi
alla interruzione della gravidanza nelle circostanze previste dagli
articoli 4 e 6, ed attuati nelle istituzioni sanitarie di cui all’articolo
8, rientrano fra le prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni
dalla legge 17 agosto 1974, n. 386. Sono a carico della regione
tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze necessarie
per il compimento della gravidanza nonché per il parto, riguardanti
le donne che non hanno diritto all’assistenza mutualistica. Le prestazioni
sanitarie e farmaceutiche non previste dai precedenti commi e gli
accertamenti effettuati secondo quanto previsto dal secondo comma
dell’articolo 5 e dal primo comma dell’articolo 7 da medici dipendenti
pubblici, o che esercitino la loro attività nell’ambito di strutture
pubbliche o convenzionate con la regione, sono a carico degli enti
mutualistici, sino a che non sarà istituito il servizio sanitario
nazionale.
Articolo 11
L’ente ospedaliero, la casa di cura o il poliambulatorio nei quali
l’intervento è stato effettuato sono tenuti ad inviare al medico
provinciale competente per territorio una dichiarazione con la quale
il medico che lo ha eseguito dà notizia dell’intervento stesso e
della documentazione sulla base della quale è avvenuto, senza fare
menzione dell’identità della donna. Le lettere b) e f) dell’articolo
103 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con il regio
decreto 27 luglio 1934, n. 1265, sono abrogate.
Articolo 12
La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure
della presente legge è fatta personalmente dalla donna. Se la donna
è di età inferiore ai diciotto anni, per l’interruzione della gravidanza
è richiesto lo assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà
o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano
seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle
persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate,
rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi,
il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia,
espleta i compiti e le procedure di cui all’articolo 5 e rimette
entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del
proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera.
Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto
conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione
trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a
reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza. Qualora il
medico accerti l’urgenza dell’intervento a causa di un grave pericolo
per la salute della minore di diciotto anni, indipendentemente dall’assenso
di chi esercita la potestà o la tutela e senza adire il giudice
tutelare, certifica l’esistenza delle condizioni che giustificano
l’interruzione della gravidanza. Tale certificazione costituisce
titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se necessario,
il ricovero. Ai fini dell’interruzione della gravidanza dopo i primi
novanta giorni, si applicano anche alla minore di diciotto anni
le procedure di cui all’articolo 7, indipendentemente dall’assenso
di chi esercita la potestà o la tutela.
Articolo 13
Se la donna è interdetta per infermità di mente, la richiesta di
cui agli articoli 4 e 6 può essere presentata, oltre che da lei
personalmente, anche dal tutore o dal marito non tutore, che non
sia legalmente separato. Nel caso di richiesta presentata dall’interdetta
o dal marito, deve essere sentito il parere del tutore. La richiesta
presentata dal tutore o dal marito deve essere confermata dalla
donna. Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria,
o il medico di fiducia, trasmette al giudice tutelare, entro il
termine di sette giorni dalla presentazione della richiesta, una
relazione contenente ragguagli sulla domanda e sulla sua provenienza,
sull’atteggiamento comunque assunto dalla donna e sulla gravidanza
e specie dell’infermità mentale di essa nonché il parere del tutore,
se espresso. Il giudice tutelare, sentiti se lo ritiene opportuno
gli interessati, decide entro cinque giorni dal ricevimento della
relazione, con atto non soggetto a reclamo. Il provvedimento del
giudice tutelare ha gli effetti di cui all’ultimo comma dell’articolo
8.
Articolo 14
Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a
fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione
delle nascite, nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi,
che devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità
personale della donna. In presenza di processi patologici, fra cui
quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro, il medico
che esegue l’interruzione della gravidanza deve fornire alla donna
i ragguagli necessari per la prevenzione di tali processi.
Articolo 15
Le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri,
promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente
le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile,
sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto
e sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità
fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione
della gravidanza. Le regioni promuovono inoltre corsi ed incontri
ai quali possono partecipare sia il personale sanitario ed esercente
le arti ausiliarie sia le persone interessate ad approfondire le
questioni relative all’educazione sessuale, al decorso della gravidanza,
al parto, ai metodi anticoncezionali e alle tecniche per l’interruzione
della gravidanza. Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli
2 e 5, le regioni redigono un programma annuale d’aggiornamento
e di informazione sulla legislazione statale e regionale, e sui
servizi sociali, sanitari e assistenziali esistenti nel territorio
regionale.
Articolo 16
Entro il mese di febbraio, a partire dall’anno successivo a quello
dell’entrata in vigore della Presente legge, il Ministro della sanità
presenta al Parlamento una relazione sull’attuazione della legge
stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della
prevenzione. Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie
entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari
predisposti dal Ministro. Analoga relazione presenta il Ministro
di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni di specifica
competenza del suo Dicastero.
Articolo 17
Chiunque cagiona ad una donna per colpa l’interruzione della gravidanza
è punito con la reclusione da tre mesi a due anni. Chiunque cagiona
ad una donna per colpa un parto prematuro è punito con la pena prevista
dal comma precedente, diminuita fino alla metà. Nei casi previsti
dai commi precedenti, se il fatto è commesso con la violazione delle
norme poste a tutela del lavoro la pena è aumentata.
Articolo 18
Chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso
della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si
considera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia
ovvero carpito con l’inganno. La stessa pena si applica a chiunque
provochi l’interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare
lesioni alla donna. Detta pena è diminuita fino alla metà se da
tali lesioni deriva l’acceleramento del parto. Se dai fatti previsti
dal primo e dal secondo comma deriva la morte della donna si applica
la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale
gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la
lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene
stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore
degli anni diciotto.
Articolo 19
Chiunque cagiona l’interruzione volontaria della gravidanza senza
l’osservanza delle modalità indicate negli articoli 5 o 8, è punito
con la reclusione sino a tre anni. La donna è punita con la multa
fino a lire centomila. Se l’interruzione volontaria della gravidanza
avviene senza l’accertamento medico dei casi previsti dalle lettere
a) e b) dell’articolo 6 o comunque senza l’osservanza delle modalità
previste dall’articolo 7, chi la cagiona è punito con la reclusione
da uno a quattro anni. La donna è punita con la reclusione sino
a sei mesi. Quando l’interruzione volontaria della gravidanza avviene
su donna minore degli anni diciotto, o interdetta, fuori dei casi
o senza l’osservanza delle modalità previste dagli articoli 12 e
13, chi la cagiona è punito con le pene rispettivamente previste
dai commi precedenti aumentate fino alla metà. La donna non è punibile.
Se dai fatti previsti dai commi precedenti deriva la morte della
donna, si applica la reclusione da tre a sette anni; se ne deriva
una lesione personale gravissima si applica la reclusione da due
a cinque anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena
è diminuita. Le pene stabilite dal comma precedente sono aumentate
se la morte o la lesione della donna derivano dai fatti previsti
dal quinto comma.
Articolo 20
Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura l’interruzione
della gravidanza sono aumentate quando il reato è commesso da chi
ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi dell’articolo 9.
Articolo 21
Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 326 del codice penale,
essendone venuto a conoscenza per ragioni di professione o di ufficio,
rivela l’identità – o comunque divulga notizie idonee a rivelarla
– di chi ha fatto ricorso alle procedure o agli interventi previsti
dalla presente legge, è punito a norma dell’articolo 622 del codice
penale.
Articolo 22
Il titolo X del libro II del codice penale è abrogato. Sono altresì
abrogati il n. 3) del primo comma e il n. 5) del secondo comma dell’articolo
583 del codice penale. Salvo che sia stata pronunciata sentenza
irrevocabile di condanna, non è punibile per il reato di aborto
di donna consenziente chiunque abbia commesso il fatto prima dell’entrata
in vigore della presente legge, se il giudice accerta che sussistevano
le condizioni previste dagli articoli 4 e 6.