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Nero

Il colore nero mi evoca un po’ di ricordi. A Genova del 2001
c’era la fobia del nero e un isterismo collettivo che portava a
cacciare e malmenare chiunque indossasse qualcosa di quella tonalità.
La gente riceveva mazzate dalla polizia e poi se la prendeva con quelli
vestiti di nero. Chissà perché. Poi c’erano quelli che
continuavano a starnazzare che bisognava scoprirsi il volto perché
“noi” non avevamo niente da nascondere. Quelle belle facce a volto
scoperto le vedevi poi imbacuccate fino ai capelli perché i lacrimogeni
sono duri da digerire e le coperture impedivano di prendere ustioni da
gas urticanti. Chi si è ritrovato con le teste spaccate ha poi
rimpianto di non aver portato un casco. Chi non ha indossato vestiti
coprenti (era estate e in effetti non ci si poteva aspettare che a
genova si fosse organizzato un simile scenario di guerra) e scarpe
comode ha capito di aver fatto una gran cazzata.

Poliziotti e carabinieri
erano invece pronti in tenuta antisommossa, con i volti ben coperti e
difficili da identificare nel corso delle inchieste che li vedono
coinvolti
in abusi, violazioni, falso, torture, violenze, macellerie
messicane, con i caschi, con manganelli fuori ordinanza (tonfa e sbarre
di ferro non regolari), con lacrimogeni cs sparati ad altezza d’uomo,
con i defender lanciati sulla gente, con mille altre violazioni per le
quali non sarà mai riconosciuto un colpevole perchè, come succede per
le indagini sulla Diaz, dalla questura vengono fornite foto dei
poliziotti in servizio di 40 anni fa. Comodo vero?


Dopo
Genova ci fu un
pezzo di sinistra che si è voluto riconciliare con le istituzioni e per
farlo ha consegnato bello e impacchettato un colpevole da usare per
ogni occasione. Il blocco nero era diventato colpevole di
tutto. Così era deciso. Non si diventa deputati per caso. Ci si diventa
se si toglie agibilità democratica e spazio di confronto e di
espressione politica a qualcun altro. Così si fa.


E li abbiamo
visti in
televisione e dappertutto questi testimoni “no global” stare in
equilibrio su se stessi senza s-cadere sul sottilissimo filo della
coerenza mentre offrivano argomenti ai fascisti. Mentre si prestavano a
revisionismi che allo stesso tempo assolvevano tutti i nazisti delle
stragi nere, giustificati dal fatto che l’unico terrorismo riconosciuto era quello rosso.


Così
si pagano i debiti con la storia revisionata. Consegnando anche teste che non ci appartengono e assolvendo i fascisti.


E’ strana
la storia
dell’Italia degli ultimi quaranta anni. Di analogie se ne potrebbero trovare tantissime. E’ fatta di mille elementi che
a volerli considerare tutti ci si perde tutta una vita. Ma dopo Genova
l’odio per il nero, e non quello fascista, fu davvero evidente.
In qualunque manifestazione di piazza vedevi la sinistra antagonista
che metteva distanza tra se è i “neri”. Creavano distanze
apposite, perché la polizia li identificasse bene ed eventualmente
colpisse di preciso quelli che andavano colpiti. Persino in Francia, al
social forum europeo del 2003, un bel gruppone di socialisti rossi
fece cordone per impedire che gli anarchici si unissero al corteo. Anzi
li picchiarono pure e li fecero caricare dalla polizia. Quegli
anarchici volevano sfilare con gli altri. Niente di più.


Zero
spazi di agibilità democratica. Modi consoni e modi meno consoni di vivere il conflitto. Si comincia dai vestiti che devono essere di ogni colore fuorché neri.
Si comincia dallo sputare via i tanti contributi e le tante
elaborazioni che ci vengono dal pensiero anarchico. Si toglie diritto
di parola e azione politica. Si nega persino il confronto, o il
conflitto dialettico che non può essere misurato sulla base di una
sentenza che segna la differenza tra “buoni” e “cattivi”. Questo
avviene in generale e non solo rispetto alla stessa faccenda di Genova.
Qualunque cosa accada oggi, che si tratti di uova guaste o di bombe
alla vaniglia, viene addebitata a chi veste di nero.


A me
che il nero piace così e così (per sicilianità e tendenza solare, ma lo indosso) e che preferisco di gran lunga il rosa viene però il dubbio che si caccia via un nero per poi accogliere il noir con i ricami in oro della santa madre chiesa e il grigio
topo di fogna che è diventato il colore del fascismo nostrano. Il
trucco sta nello stemperare i colori. Mischiarli con una puntina di bianco di qua e un’altra manciata di bluastro di la’.


A me
piace moltissimo il blu,
in tutte le sue sfumature. Ma è il colore delle divise e anche quello
delle camicie forzitaliote. I colori non dovrebbero appartenere a
nessuno e non dovrebbero avere censure. Ho deciso perciò che oggi vestirò di nero, indosserò guanti, cappello e sciarpa fuxia. Il colore del Palermo è rosanero. A me sta bene quello. A recuperare un rosso pulito e antifascista ci pensano i capelli, che quel colore me lo fanno portare in testa.


Il
nero è stato condannato con la sentenza genovese. Non c’e’ trucco e non c’e’ inganno. Non c’e’ neppure sorpresa. E’ andata come doveva andare. Quelli colorati di rosso
sono stati considerati attivisti politici le cui azioni erano
ammissibili. Gli altri sono stati trattati alla stessa stregua di
criminali e delinquenti abituali. Per i primi si trattava di
manifestazione e per i secondi di qualcos’altro che diventa il
caproespiatorio di ogni male.


Immaginate
quello che
succederà da ora in poi: per tutti gli arresti fatti in ogni
manifestazione si farà la suddivisione in buoni e cattivi? I rossi se la caveranno con una multa e i neri
si beccheranno una condanna per associazione sovversiva? (Non è un
invito a condannare tutti con eguale severità perché ai venticinque va
per ciascuno un pensiero di solidarietà) Agli anarchici sarà ora
impedito persino di riunirsi? In un paese in cui i fascisti
ricostituiscono partiti e partecipano al dibattito politico
vi pare
possibile che gli anarchici, criminalizzati da chiunque, siano
costretti a fare i carbonari? Può un tribunale stabilire quali sono le
regole del dibattito democratico? Può il confronto politico essere
sancito per legge quando la stessa legge sulla apologia del fascismo è
totalmente disattesa?

Davvero pensiamo che gli
ultrà neofascisti che ammazzano compagni a coltellate e bastonate e
mettono bombe che firmano con sigle riconducibili alla sinistra siano
uguali a situazionisti e libertari per cui vale più la vita di un uomo
che la esistenza di simboli del capitalismo? A Roma per i fascisti che
hanno ucciso Renato Biagetti non si è riconosciuta la origine "politica" del delitto. Ci ritroviamo invece oggi a celebrare la sacralità della vetrina
di una banca (mi piacerebbe sapere che ne pensano gli argentini che
qualche tempo fa hanno sfondato bancomat e vetrate delle banche che li
avevano ridotti in totale povertà). Si identifica persino un concorso
morale nella distruzione di questo altare del capitalismo. Non stiamo
qui discutendo se siamo d’accordo o no. Personalmente non riuscirei a
spaccare niente che non sia la mia testa contro un muro. Casomai –
giusto perchè siamo nella società dello spettacolo
– tenterei di sovvertire il pianeta con azioni di "distrazione" di
massa (non per reverenziale rispetto della "proprietà" e non perchè
faccio la divisione tra un modo giusto e uno sbagliato di esprimere le
proprie idee).

Una tetta scoperta di
fronte al cassiere di un supermercato, un tayeur borghese che lascia
scoperto il culo per andare ad aprire un conto in banca, una spruzzata
di rosa sul blu delle divise, una danza pink per contestare il sistema, i pacchettini sicurezza natalizi con fiocchi rosa
da regalare per natale, l’uso della "parola" per promuovere cambiamenti
culturali… Non stiamo neppure discutendo sulla utilità o sulla efficacia politica e
collettiva di ogni azione. La sentenza non ci da modo di discuterne
senza rischiare di criminalizzare le stesse idee, e le idee non dovrebbero mai essere processate e criminalizzate.
Però vi sottopongo la questione: secondo voi il mondo va verso destra o
va in processione coi re magi alla nascita del gesu’ bambino coperto
con abiti griffati e ben sistemato nella vetrina di un centro
commerciale? E’ una domanda tendenziosa lo so. Avete una alternativa?

E chi tra gli stessi
anarchici sarà ammess* al dibattito pubblico? Come per i comunisti,
soltanto quelli che prenderanno ben bene le distanze dai compagni che
ogni tanto hanno pensieri rivoluzionari? Si possono avere almeno i
“pensieri” rivoluzionari? O siamo già alla censura del pensiero e della
libertà di parola? Gli scritti di Stirner o Bakunin o Kropotkin o di
Emma Goldman sono ammissibili o saranno da ora in poi bruciati in
pubblica piazza? A me che ho letto i filosofi/le filosofe e i
pensatori/le pensatrici in generale, riesce veramente difficile pensare
ad un mondo dove per essere ammessi al dibattito pubblico bisogna saper
recitare a memoria solo il Mein Kampf o Il manuale del perfetto
capitalista.


Perché
il rischio che
corriamo è proprio questo. Lo scivolone a destra comprende tutto e
tutti e la sentenza genovese è perfettamente in linea con il pericoloso
andazzo del paese. Forse bisognerebbe riflettere, forse…

************** 

Ps: ricordo alle donne e agli uomini non appiattiti sulle opinioni dei benpensanti che persino sulle donne oggi – come nel tempo di Mussolini – si mette il bollino della proprietà. Solo qualche settimana fa abbiamo visto dichiarazioni piene di enfasi circa la grave violazione perpetrata da un romeno nei confronti di una donna italiana. Ricordate? Le donne italiane possono essere stuprate solo da italiani. Direte: cosa c’entra? C’entra, perchè sulle donne si applica lo stesso tipo di trattamento che per le vetrine. Se sono di proprietà allora ci si incazza quando qualcuno osa violarle, se invece non appartengono a nessuno allora la cosa lascia del tutto indifferenti. La legge sullo stupro che da reato contro la morale è diventato reato contro la persona in realtà è già – per la mentalità comune – catalogata come reato contro il patrimonio e la proprietà.

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio.


2 Responses

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  1. FikaSicula says

    ciao novus 🙂
    grazie dei complimenti e della riflessione “colorata” 😛
    si, anch’io penso che i colori stanno bene insieme se c’e’ il buon gusto a unirli. solo che il buon gusto da noi manca abbastanza…
    se pensi alle pappe stravaganti che stanno facendo per formare partitoni candidabili ed eleggibili…
    è vero, il rosa è stato molto colpito. penso che in quelle giornate non fosse proprio considerato. le donne a genova facevano solo colore, folklore e numero. molte motivazioni e pratiche al femminile non sono proprio state comprese. troppe divise. troppo esercito. troppa guerra.

    ps: a genova c’ero. per scelta.

  2. novus says

    Poni delle domande interessanti, a cui naturalmente non risponderò per lasciarti tutto il gusto della ricerca 🙂

    A parte gli scherzi, un pensiero su Genova che in questi giorni mi ha dato del filo da torcere è che alla fine dei conti in ospedale o in galera non ci sono finiti né quelli del “blocco nero” né quelli della “cosa rossa”. Insomma quello che mi sembra di intuire è che entrambe queste parti (che normalmente vengono inquadrate come le primedonne di Genova) si siano comportate in modo vigliacco e opportunistico. Va da sé che i bancomat rotti ci stavano tutti, anche se personalmente avrei almeno tentato una “gestione mediatica” diversa. Rimanendo sul tema del tuo post, credo che il “rosa” sia stato un colore molto più colpito da quelle giornate.
    A me il nero piace un fracco, come mi piace il rosso, il rosa, il verde, tutti i colori dell’arcobaleno e – mi sbilancio – in certi casi molto particolari anche il bianco ed il blu: tutto sommato non vedo quali contrasti possano sorgere, perché un tocco di buon gusto riesce ad unire anche i colori più assurdi creando delle composizioni che sono pure attraenti.
    Vabbè ho finito… grazie di avermi dato lo spunto per scrivere sta cosa che mi frullava in testa e complimenti per questo spazio che è uno dei più fiki di noblogs.

    PS
    a Genova non c’ero. Per scelta.