Circa quattro anni fa, ma anche di più credo, quando venne fuori che i manifestanti al G8 di Genova avrebbero potuto essere accusati per il reato di "compartecipazione psichica" o di concorso morale, fiancheggiamento d’occasione e chissa’ quali altri reati associativi (per ogni aggiornamento sui processi, le accuse e anche altro guardate il sito di Supporto Legale), avevo scritto questa digressione mettendo a confronto questa tipologia di imputazioni a partire dagli ambienti (quelli siciliani e mafiosi) in cui è stato riconosciuto come inadeguato attribuirle. Vi sono anche altri casi in cui non si può riconoscere una responsabilità diretta a chi è anche fisicamente presente nel momento in cui secondo il codice vigente verrebbe commesso un reato. Uno di questi casi è quello dello stupro di gruppo. Mi permetto di dire però che in questo caso è abbastanza raro che chi si trova in zona stupro non sia completamente partecipe, o sarebbe meglio dire complice, da voyeur piuttosto che da soggetto attivo, del macabro evento. E non si tratta di evidenziare il fatto che bisognerebbe riconoscere il concorso morale a chi assiste assieme ai suoi amici ad uno stupro. Nient’affatto. Si tratta di riconoscere a queste persone – cosa che non avviene – quantomeno l’attribuzione del reato che compete ai singoli.
Diversa è invece l’evoluzione che questo argomento del legislatore ha avuto sul piano della repressione di manifestanti, tifosi di calcio e persino simpatizzanti politici, sul piano teorico, con accuse che tanto somigliano alla caccia alle streghe con intento persecutorio da "reato d’opinione", di gruppi e movimenti in aperto contrasto con le azioni politiche di chi sta al governo. Questo voleva essere un contributo che va aggiornato per le cose che numerose sono avvenute in seguito e per l’aggravarsi sul piano legislativo delle soluzioni repressive. Per ora però ve lo passo come elemento parziale e certamente insufficiente che può essere utile alla riflessione collettiva.
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Libera digressione sui temi
Si risente parlare del reato di concorso morale tanto in uso negli anni settanta e ottanta. La questione riguarda molti casi riferiti a "fiancheggiatori" o cosiddetti rei di concorso morale di questo tempo cosi’ come ha riguardato in un piu’ recente passato
i teatranti austriaci del g8 di genova.
Negli anni novanta il concorso morale viene utilizzato dai giudici
palermitani e da quelli milanesi per imputare i reati di concorso
esterno in associazione mafiosa (416 bis) e di contiguita’ in caso di reati commessi nel bel mondo delle pubbliche
amministrazioni.
Il concorso esterno in associazione mafiosa e/o il concorso morale pero’ non e’ un reato rispetto al quale tutti giungono alle stesse conclusioni, come si puo’ vedere da questa ordinanza della corte costituzionale che respinge una ricusazione per concorso morale in caso di strage e
questa sentenza della cassazione che respinge l’accusa di concorso morale nell’omicidio di lima per il boss accusato.
Il momento in cui
la configurabilita’ del concorso eventuale nel reato associativo
fu fortemente messa in discussione dalle varie destre fu (a parte che
per gli arrestati e processati dello stragismo nero degli anni
settanta/ottanta) allorquando la questione prese a riguardare politici
di ogni risma o capi corrente o segretari di partito. Il processo ad andreotti per concorso esterno in associazione mafiosa che si e’ concluso con
la sua assoluzione non e’ che uno dei tanti esempi.
Si
comincio’ ad aver paura di questa "terribile accusa" a tal punto che ci
fu l’esigenza di stabilire che il concorso morale non avrebbe più riguardato ne’
gli avvocati (tipo avvocati di latitanti vari) ne’ gli agenti scelti
che sono coinvolti in una qualunque situazione illegale:
cosi’
e’ esente il difensore dall’accusa di concorso in associazione mafiosa e lo e’ anche
l’agente di polizia provocatore che istiga a compiere il reato per
prendere quello che gli piace individuare in quanto colpevole.
Su quest’ultima cosa gli artisti del diritto si sono sbizzarriti a compilare ed aggiornare una serie di possibili
situazioni in cui gli agenti c.d. qualificati potrebbero essere individuati in quanto rei di varie forme di concorso morale.
Ma non è finita qui. Il concorso morale non riguarderebbe neppure altre tipologie di
sodalizi che si realizzano ad esempio, piuttosto frequentemente, nei
casi di stupro collettivo in cui qualcuno non contesta e non partecipa.
Tanto e’ incredibilmente scritto su una sentenza
in cui si esplicita che: condividere lo stupro non equivale a commetterlo e su altri documenti che spiegano che: per il concorso morale nel reato non basta la semplice adesione psichica.
Infine e’ d’obbligo riportare uno splendido intervento di giuliano ferrara su
panorama a proposito del concorso esterno o concorso morale da abolire in sicilia in quanto che:
"solo perche’ un politico siciliano vive nell’ambiente in cui vive non e’ reo di concorso esterno".
Vi riporto comunque l’articolo perche’ costituisce la somma delle
argomentazioni addotte durante gli ultimi anni da difensori e politici
in relazione a processi che coinvolgevano vari onorevoli e
presidenziali individui.
Come ribellarsi al concorso esterno
di Giuliano Ferrara
14/8/2003
In Sicilia si applica di fatto uno speciale diritto penale, che prevede
il "reato di chiacchiera". Cancellarlo porterebbe un po’ di aria pulita
nel rapporto con il Paese di cui l’isola fa parte.
Insisto. Avevo minacciato i lettori di tornare per una seconda puntata
sul dovere dei politici siciliani di ribellarsi al reato di "concorso
esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso", e passo dalla
minaccia all’atto.
Alla ripresa dell’attività civile nell’isola, gli onorevoli componenti
l’Assemblea regionale siciliana, e con loro i sindaci e gli
amministratori dell’isola, avranno la scelta di grattarsi questa pulce
dall’orecchio o far finta di niente.
E’ una pulce gigantesca, e riguarda la legalità e il suo drammatico
rapporto con la politica italiana, particolarmente nell’ultimo
decennio.
Riassumo rapidamente. Se un assessore regionale lombardo o laziale o
emiliano incontra un costruttore, parla di appalti, ascolta richieste,
valuta crediti e procedure, oppure raccomanda qualcuno che gli è stato
consigliato da un amico oppure semplicemente parla al telefono con
persone alle quali è legato e che non sono stinchi di santo, in genere
non succede niente di drammatico. Se il suo attivismo è legale, se non
infrange codici etici autoevidenti, l’assessore, il politico italiano
medio non ha niente da temere.
Può incappare in un processo, in un’indagine, può avere da rendere
conto di qualche dettaglio, sempre nel caso di un comportamento
limpido, ma non viene bollato di un marchio d’infamia con tanta
facilità.
Se la stessa cosa accade a un politico siciliano, come nei casi del
presidente della giunta regionale Totò Cuffaro o del vicepresidente
dell’Assemblea Vladimiro Crisafulli, la faccenda cambia seriamente di
registro e di tono, è in agguato il "concorso esterno", una specie di
reato associativo di serie B in base al quale ci si deve difendere
dalla mostruosa accusa di collusione con la mafia per il solo fatto di
vivere nella società in cui si vive.
Che questo reato sia a dir poco mal definito e contribuisca a un
avvelenamento della politica lo hanno ammesso in tanti, e nella
precedente legislatura fu discusso in un foro bipartisan il modo di
abrogarlo o renderlo meno tossico.
Ma non se ne fece niente, perchè noi ci riempiamo la bocca con la
legalità ma poi nel linguaggio civile corrente le accuse contro un
nostro nemico sono "accuse", e quelle contro i nostri amici sono
"veleni". Aspettarsi una battaglia di idee dai nostri giureconsulti è
vano, non resta che la ribellione aperta di coloro che subiscono il
danno e lo riversano immancabilmente sui cittadini, sulla certezza del
diritto in una grande regione italiana umiliata dalla cultura del
sospetto e, peggio, del pettegolezzo e dell’uso malandrino della
maldicenza.
La rivolta dei chiacchierati e dei chiacchierabili non sarà una seconda
puntata dei Vespri siciliani, ma porterebbe un po’ d’aria pulita nel
rapporto da sempre tormentato tra la Sicilia e il Paese di cui l’isola
fa parte.
L’obiettivo è una Sicilia che non sia una colonia alla quale si applica
uno speciale diritto penale, nelle cui fessure si insinua il più losco
malaffare, ma invece una regione in cui magistratura e polizia indagano
su reati commessi da singole persone e hanno davvero il potere e
l’autorità per sanzionarli.
Per il reato emergenzialista di "associazione mafiosa" si vedrà,
nessuno può negare che questa formula antigiuridica abbia dato
risultati decisivi nella lotta a quella speciale forma di criminalità
che sono le cosche di Cosa nostra e il loro vertice.
Ma il "concorso esterno", per i modi recenti e passati della sua
applicazione, è diventato un grottesco rimedio da bancone, un’Aspirina
che si somministra senza tanti problemi e alla fine dà il via libera al
caos più patologico, come dimostrano i casi celebri di applicazione di
quel reato assurdo.
Come si fa a ribellarsi? Si fa, si fa.
Se ci si vuole sottrarre a questa minaccia sistematica che inquina la
vita pubblica siciliana, e se si vuole dimostrare di non avere niente
da temere da una limpida battaglia pubblica, si riunisce l’Assemblea
regionale per una sessione speciale dedicata al caso; si approva un
ordine del giorno dopo aver ascoltato testimonianze dirette; si coopera
con le camere penali siciliane e si investe della questione la Corte
costituzionale; si esce dalla convivenza passiva e pigra con le
questioni relative alla mafia mettendo in campo i propri doveri civili
di amministratori che si presumono onesti fino a prova contraria, e si
mette in chiaro che non è possibile servire lo Stato e la comunità con
questa spada di Damocle che pende sul capo.
Per chiaro paradosso
morale, e la morale spesso è fatta di paradossi, in questo modo la
classe politica siciliana dimostrerebbe di non essere in quanto tale
compromessa, di avere sufficiente autonomia e libertà di movimento per
esigere che la legalità nell’isola sia tutelata severamente, ma con
giustizia.
Si dissiperebbe l’impressione che invece, per paura o per pigrizia
intellettuale ed etica, i politici siciliani abbiano deciso una volta
per tutte di risolvere ciascuno per sè la propria faccenda, e di subire
il "reato di chiacchiera" cercando di cavarsela attraverso il potere
nel partito, l’appello agli elettori o il lobbying nei confronti dei
settori amici della magistratura.
Quello che vale per cuffaro, andreotti, berlusconi, previti, etc etc,
secondo ferrara e molti altri notabili della ordinaria legislatrice
politica italiana non vale invece per coloro ai quali si imputa persino
il reato di compartecipazione psichica
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Riepilogando: i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, di
contiguita’ per i reati commessi nella pubblica amministrazione, di
concorso morale… non sono imputabili a nessuno tranne che a quelli
che essendo nel bel mezzo di una manifestazione o non esprimendosi
propriamente in maniera dissenziente nei confronti di chicchessia
diventano allora di conseguenza psichicamente compartecipi e moralmente
in concorso con quelli che vengono definiti quali presunti terroristi.
Come dire: datosi che un fiorentino vive a firenze e frequenta lo
stesso centro sociale frequentato da tizio caio e sempronio allora va
arrestato.
Avvertenza: Questo parziale e incompleto intervento non ha la presunzione di coprire tutto lo scibile umano del mondo della giurisprudenza e affini. Anzi non presume di poter dire niente di completo, aggiornato e utile ad informare chiunque sia interessat* a indagare su questi temi.