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Inchiesta sullo stato dei consultori in Italia

Il consultorio? E' un miraggio

di Roberta Carlini

Pochi. Fondi e personale insufficienti. Aperti solo raramente. Difficilmente accessibili. Un'indagine svela le carenze dei centri di assistenza alle donne

Le città migliori: Roma, Napoli, Milano.
Le città peggiori: Bologna, Palermo, Torino.

Otto donne su dieci. Anna Vitelli, ostetrica di Trebisacce, vanta un primato nazionale: il record dei pap test. La percentuale di donne che ha raggiunto e inserito nel programma di screening contro il tumore al collo dell'utero è dell'81,5 per cento. Il che, dalle parti della Asl 3 di Rossano dove ha sede il suo consultorio, non era facile: ci è riuscita andando un giro comune per comune, contrada per contrada, quasi casa per casa. Portandosi dietro lettino e attrezzatura, chiedendo ai sindaci gli ambulatori, parlando con tutte. 'Offerta attiva', si chiama nelle leggi che hanno introdotto e regolato i consultori familiari in Italia, basandoli su due pilastri: diffusione sul territorio e gratuità del servizio. Offerta attivissima, nel caso di Anna. Peccato che quasi
ovunque, nell'Italia dei Family day, i consultori se la passino assai male: ridotti in numero, poco accessibili e svuotati nell'organico.

Un consultorio ogni 20 mila abitanti, era l'obiettivo scritto nella legge che nel '96, a 21 anni di distanza dalla prima istituzione dei consultori, dettò gli standard nazionali, lasciando alle leggi regionali l'attuazione specifica. Da allora sono passati altri 11 anni, e l'obiettivo è clamorosamente lontano, nei dati ufficiali e soprattutto in quelli reali. Ufficialmente, nella media nazionale, c'è un consultorio ogni 28 mila abitanti: 2.063 consultori pubblici nel 2005, quasi cento in meno rispetto al 2004. A questi vanno aggiunti i 134 consultori privati, laici e cattolici, che le regioni accreditano e spesso finanziano. Ma la media è tirata su dai soliti primi della classe: Emilia Romagna, Toscana, Liguria. La Lombardia ha la metà dei consultori richiesti, Lazio e Campania i due terzi. Ma tutti i numeri fanno riferimento alle strutture esistenti sulla carta. Che spesso si rivelano chiuse, o corrispondenti a semplici sportelli o ancora ad altri tipi di servizi, se si va a vedere concretamente cosa succede.

È quel che ha fatto Altroconsumo con un'indagine a tappeto su 146 strutture in sei città: Bologna, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino. Quasi ovunque alle liste ufficiali non corrisponde la realtà. Sedi in ristrutturazione, strutture accorpate, altre
chiamate 'consultori', ma in realtà dedicate a servizi specifici, specialistici. Così, nell'indagine di Altroconsumo, il numero reale di consultori scende da 14 a nove a Bologna, da 18 a 12 a Napoli, da 21 a 15 a Torino. A Milano risultano chiusi due consultori su
21, a Roma sette su 51. Tutto questo fa salire il numero di persone servite da ogni consultorio. E fa salire anche i tempi di attesa delle visite: per un ginecologo si arriva anche a due mesi. Ma non è tutto: le leggi sui consultori chiedono anche che questi siano facilmente accessibili al pubblico. Invece, dall'indagine di Altroconsumo viene fuori che una su tre delle 146 strutture visitate ha barriere architettoniche o è poco accessibile per il
luogo in cui è ubicata. Fare tre piani di scale per andare al corso pre-parto non è il massimo.

Se i dati delle città presenti nell'indagine di Altroconsumo fossero estesi a livello nazionale, ne verrebbe fuori che in Italia c'è un consultorio ogni 57 mila abitanti e un terzo di essi è poco accessibile. In difficoltà, e quasi nascosti. Sarà per questo che, pur essendo spesso associati alla legge sull'aborto, in realtà solo un terzo delle certificazioni per l'interruzione di gravidanza
passa per i consultori: per la precisione, il 35,7 per cento nella media nazionale, fatta però da un 44-45 per cento del Centro-nord e un 14-17 di Sud e Isole. È un problema, perché al momento dei colloqui e delle procedure per l'Ivg si può iniziare a preparare la contraccezione per il futuro.

I consultori non si occupano solo di aborto e contraccezione: dalla preparazione alla nascita ai programmi di prevenzione, dai corsi di educazione sessuale nelle scuole ai colloqui per le adozioni, dall'assistenza psicologica al primo livello delle cure, la lista dei loro compiti sarebbe lunga. E se non riescono a soddisfarla la colpa non è solo nel loro ridotto numero. "Non solo sono pochi, ma spesso è l'organico che è carente", spiega Michele Grandolfo, che dall'Istituto superiore di sanità ha seguito dalla nascita i consultori. Ostetriche, ginecologi, assistenti sociali, psicologi, infermiere, pediatri, (molti) dirigenti medici: sui loro ruoli ogni legge regionale è diversa dall'altra. Ma la tendenza, dettata dai più ampi guai sanitari nazionali, è comune: poche persone, spesso assorbite anche da altre funzioni fuori dal consultorio. "E se si perde la continuità, si perde il lavoro d'équipe, ogni operatore
diventa uno specialista che fa alcune ore di qua altre di là. Così il consultorio si spezzetta in una somma di ambulatori", dice Grandolfo.

Una conseguenza dello specialismo è nel fatto che quasi ovunque scarseggiano le ostetriche, accompagnatrici ideali di una gravidanza e preparazione alla nascita meno medicalizzate. Una ricerca del Collegio provinciale delle ostetriche di Roma ne ha
contate 83, distribuite su 147 consultori delle province laziali (Rieti esclusa): eppure la legge regionale chiede la presenza di un'ostetrica a tempo pieno in ogni consultorio. "Spesso non possiamo muoverci, fare programmi o offerta attiva, perché se usciamo noi, il consultorio chiude", dice Carla Oliva, ostetrica del Consultorio giovani di Genzano. Non possono neanche prescrivere le analisi necessarie per la gravidanza, né la pillola del giorno dopo: cosa che presto dovrebbe cambiare, con l'attuazione delle regole europee sul ricettario ostetrico.

Nell'attesa, resta preponderante il ruolo del ginecologo. Che molto spesso è obiettore di coscienza. Dunque un consultorio (o più consultori insieme) possono avere un solo ginecologo, e obiettore: che si rifiuta di fare la certificazione per l'aborto o la contraccezione d'emergenza. "Non c'è nessun vincolo di legge per cui si debba almeno avere la presenza di un
non-obiettore", spiega Patrizia Auriemma, responsabile dei consultori della Asl Roma B. "Noi abbiamo nella nostra Asl, nella media, un consultorio ogni 40 mila residenti, ma nelle zone più giovani, popolose e ad alto tasso di fertilità arriviamo a un rapporto di uno a 60 mila. Avremmo bisogno di più sedi, ma soprattutto di un forte aumento dell'organico, per poter fare offerta attiva di servizi sulla nascita, il puerperio,
l'allattamento e la prevenzione dei tumori, e per offrire orari di apertura che coprano l'intero arco della giornata e della settimana".

Invece se va bene sono aperti al pomeriggio due volte a settimana; e solo pochissimi aprono al sabato mattina: per chi lavora o va a scuola il consultorio diventa di fatto inaccessibile. Tutto il Lazio è carente di consultori, tant'è che quando si insediò
l'attuale assessore alla sanità Augusto Battaglia promise dieci strutture in più: promessa travolta dalla crisi finanziaria della sanità laziale e da altre dimenticanze.

Ultimo e annoso problema, i soldi. La legge sui consultori prevedeva la gratuità. Ma succede spesso di trovare servizi a pagamento: in Lombardia ad esempio si paga per i corsi di
preparazione alla nascita, nel Lazio si è provato (con insuccesso) a introdurre i ticket.

Quanto alla contraccezione, la gratuità quasi sparisce: in molti casi i consultori applicano gratuitamente lo Iud, ma non somministrano gratis né pillola né
preservativi.
A pagamento anche la pillola del giorno dopo (12 euro), per la quale quando si trova il consultorio chiuso (oppure occupato da un ginecologo obiettore) non resta che il medico di famiglia, o il pronto soccorso. Nell'ultimo caso, anche se la pillola è efficace solo se presa entro 72 ore dal rapporto a rischio, non è detto che l'ospedale riconosca l'urgenza: anzi, in tutti gli ospedali del Lazio chi chiede la pillola è un 'codice bianco'. Deve pagare 10 euro di ticket e mettersi in fila.

(18 ottobre 2007)

da: L'Espresso Online

—>>> Legge 405 del 29 luglio 1975 con la quale si istituivano i consultori (è un documento in pdf) 

—>>> La foto è di Elivet Aguilar

Posted in Corpi, Omicidi sociali, Pensatoio.


2 Responses

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  1. RosaPapa says

    Volevo solo precisare che pur essendo in perfetto accordo con quanto riportato nell’articolo, il numero dei Consultori Familiari a Napoli è 21.
    non tutti funzionanti allo stesso modo per i motivi che sono stati espressi, ma le sedi “aperte” sono 21. Se vi interessa sul libro”Stringo i denti e diranno che rido” Guida Ed (esaurito) che ho scritto con Roberta Arsieri c’è un capitolo dedicato al “sogno” che tante di noi hanno vissuto e che continuano ad inseguire: I consultori. pag83
    Se interessa posso mettere in rete il capitolo. a presto Rosetta Papa

  2. mizzi says

    scusate sto facendo delle prove
    bello comunque il blog!