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Gli uomini che stuprano? Cittadini del mondo…

Update: ancora uno stupro a Bologna [13 ottobre]

************** 

Da stasera all'XM24 di Bologna (in basso trovate il loro comunicato a seguito
dello stupro del 5 ottobre) è di scena la mostra "Sicure che basti"
della campagna a cura delle Sexyshock "Macho Free Zone".

Proprio in quel luogo il 5 ottobre c.a. un uomo – italianissimo – ha stuprato
una donna dietro un bel cespuglio. A Bologna, regno dello sceriffo
Cofferati, mentre si fanno grandi proclami sul pacchetto sicurezza e
sulle garanzie che questo, una volta approvato, dovrebbe dare ai
cittadini per farli sentire più al sicuro, la violenza contro le donne
è quindi una cosa che in molt@ prendono sul serio. In generale gli
stupri si moltiplicano: gli uomini sono italiani, rumeni, sardi (e quelli hanno le attenuanti perchè il luogo da cui vengono giustificherebbe il loro comportamento da trogloditi: parola di giudice),
arabi, professionisti, disoccupati, studenti, immigrati, cattolici e
atei, musulmani e evangelisti del settimo giorno, ricchi e poveri, di
pelle scura o di pelle chiarissima, col pisellino corto o lungo lungo e
bello grosso.

Insomma: ce n'e' per tutti i gusti e i
giornalisti
sono lì a tracciare le differenze (o a contestualizzare – perchè lo facevano ai tempi del matrimonio riparatore ma lo fanno anche ora con più destrezza – beccando attenuanti per quelli che sentono somigliargli) perchè non sia mai che
questi qui qualcuno osi chiamarli con il loro nome. Non deve accadere
perchè altrimenti non si creano i distinguo, alcuni dicono che si
generalizza e invece va spiegato che non tutti sono così.

Ci sono delle
caratteristiche proprie (tipo l'inferiorità culturale e mentale dei
sardi italiani che il giudice tedesco ha tracciato nella sua sentenza)
che permettono agli altri, quelli "buoni" di poter dire che loro sono a
posto così, che della loro vita non devono rivedere mai nulla e che
nella loro dimensione il maschilismo si chiama visione della donna e
della famiglia naturale
. Così si procede per identikit (si, proprio
quelli scemi che fa la polizia e i criminologi per definire un soggetto
e scartare tutti gli altri) che vanno per esclusione.

La
furbata
inizia così: oggi c'e' stato lo stupro fatto da un rumeno,
quindi i rumeni sono stupratori e la romania è uno stato i cui abitanti
(tutti) non dovrebbero entrare in europa. Elementare sillogismo
aristotelico
reso un po' più idiota dalla fottuta paura di vedere che
il "nemico" è tra noi. Invece sono solo uomini. Soltanto uomini. Ci
sono quelli stanziali e quelli in trasferta o in tournée. Ci sono gli
uomini che in italia vanno in chiesa e poi trascorrono le loro vacanze
stuprando fanciulle o bambine in Thajlandia. Ci sono quelli che
picchiano la moglie a casa e continuano a picchiare donne ovunque
vanno. Ci sono quelli che hanno urgente bisogno di sfogarsi e devono
per forza trovare un buco da usare gratis. Possiamo sforzarci quanto ci
pare di individuare il nesso che lega questi cattivi individui (Alcuni
diranno che il problema è "lo spostamento". Proprio così: gli uomini
cattivi – per alcuni opinionisti – possono essere quelli che viaggiano o emigrano :|), ma l'unico
vero punto in comune che tutti hanno è il loro essere uomini, machisti,
convinti dell'inferiorità della donna o terrorizzati perchè non
riescono a dominarla.

Sono uomini con bisogni che non
corrispondono a quelli della persona stuprata. Non hanno un gene
difettoso, no. Non hanno qualcosa di deviato (altrimenti bisognerebbe
rinchiudere tutti) rispetto alla media. Hanno visioni distorte delle
relazioni. Vivono dentro il proprio modo di pensare e sono troppo
idioti ed egoisti per ascoltare quello che pensano altr@. O come dice
il buon Fastidio (che nel suo magnifico blog esplora finemente sogni, bisogni e desideri dell'umano al di la' della morale cattolica e degli stereotipi): "Io credo che si agisca con violenza (al di là di
patologie come il sadismo) solo quando si è impauriti e in forte
difficoltà, cioè si risponde ad una "inferiorità" percepita solo
inconsciamente con una violenza. Il desiderio del maschio di vedere, a
volte agire, lo stupro secondo me nasce da questa paura di fronte al
sesso femminile. Per n (tot) motivi. Paure per traumi subiti, perchè si
è stati cresciuto in modo patriarcale ed è un meccanismo di potere (e
fa paura perdere il potere!)".

Gli uomini che stuprano lo fanno
anche in casa. Spesso sono mariti che vogliono imporre con la forza
alla loro moglie la loro presenza. Lo stupro avviene quando è prossima
una rottura. Quando la donna sfugge al loro controllo. Quando stanno
per perderla. Quando non ritengono di avere altro strumento per
dominarla. Il motivo resta il dominio e il bisogno di soddisfare un
bisogno cieco, non consensuale, quindi egoistico. Quanti uomini
conosciamo ciechi, egoisti e non particolarmente inclini a vivere
relazioni con modalità "consensuali"? Quanti ne conosciamo che
imprimono nelle relazioni timori, ansie, giochi di forza, lotte di
potere? Quanti ne conosciamo che se gli dici che è
finita continuano a telefonare e ti aspettano sotto casa e poi ti fanno
le scenate davanti agli amici o ti suonano il campanello di casa alle
quattro del mattino? Quanti ci hanno consegnato o ci consegnano la loro
disperazione come fosse una cosa che siamo obbligate a risolvere?

Quante
volte
avete sentito dirvi che è colpa vostra, ve la siete voluta voi,
che era quello che volevate, che avete fatto qualcosa per provocarli e
quindi non potete sottrarvi alle loro attenzioni? In quante occasioni
il vostro uomo vi ha fatto sentire una nullità, vi ha trattato come
l'ultima delle pazze, come una psicopatica che fa scenate isteriche
senza motivo? Quante volte è successo che lui ha minato la vostra
sicurezza, la vostra fiducia, la vostra capacità di percezione dei
disagi, la vostra capacità di esprimerli? Quante volte ha soffocato il
vostro intuito, la vostra intelligenza, la vostra sensibilità rispetto
al rapporto? Quante volte vi siete sentite violate, nella mente e nel
corpo e comunque avete continuato a fare sesso con il vostro compagno?
Quante volte vi siete sentite terribilmente ferite e lui ha preteso che
voi faceste sesso?

Quante volte dopo un litigio, una
discussione in cui lui si è sentito un po' una merda, sconfitto,
scoperto, privato di potere, poi vi ha chiesto di fare sesso o non ve lo ha proprio chiesto e lo ha
fatto con rabbia, o per dimostrare che lì – a letto – appartieni a lui?
E si potrebbero elencare altre mille forme di relazione "normale"
vissuta ogni giorno dentro casa che in un attimo può trasformarsi in
qualcosa di più grave. Il confine tra il dominio esercitato
consensualmente e quello imposto è davvero sottile e in quel caso è
difficile per le donne capire dove finisce la scelta e dove comincia lo
stupro. L'uomo che ci stupra non è un mostro che sputa fuoco con le
corna del diavolo. Questa lettura è cattolica e bigotta e non tiene
conto della complessità delle relazioni. E' una lettura maschilista che
esige di scindere il mondo in buoni e cattivi, dove i cattivi devono
essere rinchiusi perchè i buoni possano continuare a vivere tranquilli.

L'uomo che ci stupra è uno che incontriamo per caso la sera,
certo. Ma è anche – in tanti, troppi casi – il nostro ex fidanzato o
marito, il nostro attuale convivente, il padre dei nostri figli, quello
che pensavamo nostro amico. Come per le percosse in famiglia, le donne
– in caso di stupro – sono comunque patologicamente e morbosamente
legate ad una situazione di dipendenza psicologica masochista. Lo
stupro quindi non viene vista come una cosa a se'. Diventa invece uno
dei momenti di quel rapporto non sano. Intercettare l'abuso tra gli
abusi, in una situazione viziata fatta di intimidazioni e di
colpevolizzazioni (è sempre colpa tua!), e avere la forza di sganciarsi
da una situazione molesta di così grave dipendenza implica per la donna
una crescita in una direzione attiva (mai più passiva e vittimista) e
per l'uomo il dover affrontare la "colpa" in termini di
"responsabilità", senza possibilità di riscatto e riacquisizione di
potere nei confronti della donna oramai liberata. In varie situazioni
di molestia nei confronti delle donne è cosa assai frequente quella in
cui l'uomo denunciato si sente sconfitto, impotente (proprio senza
potere), piegato, reso vulnerabile e esposto alla disapprovazione
sociale.

E' accaduto spesso che l'uomo solo e sconfitto sente
di non avere più niente da perdere e come ultima, definitiva azione
mette in atto la vendetta. Tenta di capovolgere la situazione e cerca consenso sociale dove insiste su infamie e veleni che hanno il preciso obiettivo di procurare morte sociale alla donna. Compie uno stupro violento, picchia
selvaggiamente la donna o, peggio, la uccide (fisicamente e/o, appunto, socialmente) . L'uomo che ha commesso un
abuso finisce la partita quindi con un omicidio (fisico o sociale) e la riacquisizione del
potere. Così lui vince e lei perde. In Italia ci sono splendide
strutture
che si occupano di donne maltrattate. Non ce ne sono invece
che si occupano di chi commette stupri e maltrattamenti. Così si
lasciano soli – come fosse un problema loro e non un malessere sociale che va affrontato e risolto – a covare odio verso quell'unica nemica che "ha rovinato
la loro vita" invece che essere indotti ad assumersi la responsabilità
delle loro azioni (cosa che in genere pochi fanno) e a guardare al
futuro cresciuti e più saggi. Se in questi meccanismi viziati si
lasciano coinvolgere anche amici e parenti allora davvero questi uomini
non hanno vie d'uscita. Non avranno futuro o se ce l'avranno sarà
sempre sulla scia della negazione delle proprie responsabilità e
l'eterna ricerca di una riacquisizione di un ruolo di potere. Sono cioè
condannati all'infelicità. La donna si stacca e va avanti perchè ha
superato la soglia di dipendenza e l'uomo invece no. Resta ancorato,
bloccato a quella storia. Da quella fa dipendere ogni cosa. Attraverso
quella costruisce alibi e scusanti per i propri fallimenti. Con quella
convive ogni giorno senza riuscire ad andare avanti. Perchè nei giochi
di potere chi si sente sconfitto sogna sempre una rivincita e se quella
passa per il corpo e la vita di una donna si chiamerà di nuovo molestia,
violenza, stupro, omicidio…

***************

Comunicato dell'XM24 a seguito dello stupro avvenuto il 5 ottobre

I vuoti e i pieni

Non siamo in grado di fornire ulteriori informazioni su quanto accaduto
nella notte del 4 ottobre nell’area dell’ex mercato ortofrutticolo,
oltre alle dichiarazioni del testimone che ha denunciato la violenza.

All’interno di XM24, in quel momento, erano presenti 3 o 4 persone che
hanno capito che qualcosa di grave era accaduto nell’area retrostante
solo dopo l’arrivo delle volanti.

Oltre a denunciare fermamente la violenza, portato di una diffusa cultura sessista e machista, esercitata nei confronti di una giovane donna attiva frequentatrice
dello spazio, da oltre 5 anni conosciamo la quotidianità di quanto in
quell’area abbandonata e dismessa succede: spaccio di sostanze,
prostituzione, violenze di ogni tipo, di giorno e di notte, durante
tutto l’anno.

I vari interventi delle forze dell’ordine, che in questi anni non sono
certo mancati, hanno dimostrato di essere del tutto inadeguati per far
fronte a una situazione che non può certo essere affrontata con una
militarizzazione del territorio, né con generici e demagogici appelli
contro il degrado della città.
Militarizzazione del territorio e retoriche del degrado occultano il
problema di fondo: l’abbandono di una parte della città alla sola
logica della speculazione edilizia, interessata esclusivamente alla
crescita della rendita del suolo edificabile.

Il vuoto prolungato nel tempo fa ingrassare i padroni della città e rende invivibile una parte del quartiere.

Da anni in tutte le sedi abbiamo ostinatamente denunciato la situazione
e ribadito che solo la produzione di occasioni di socialità e di
aggregazione possono efficacemente contrastare situazioni di
imbarbarimento della realtà sociale.
Del tutto inascoltati, ancora oggi, dopo quanto accaduto, rilanciamo la
proposta di un uso sociale e condiviso del territorio senza aspettare i
tempi di realizzazione di quanto elaborato dal laboratorio di quartiere
(al quale abbiamo attivamente partecipato e le cui conclusioni in gran
parte condividiamo) e approvato dal consiglio comunale. 7 o 8 anni
(questi sono i tempi previsti)
è un tempo troppo lungo: non possiamo e non vogliamo pazientemente aspettare.
Aprire immediatamente in quartiere un confronto pubblico sui possibili
usi di quest’area abbandonata in attesa della sua trasformazione in
parco cittadino è quanto oggi poniamo all’ordine del giorno: chi si
sottrarrà a questo confronto pubblico si assumerà la responsabilità di
quanto potrà ancora accadere.
Da parte nostra le proposte non mancano e siamo pronti al confronto.
Nel ribadire la solidarietà e la vicinanza alla vittima, denunciamo la
cultura machista che ha prodotto questo ennesimo atto di violenza.

5/10/2007, Bologna


XM24

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio.


21 Responses

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  1. Pietro says

    Io non cerco di giustificare nessuno. Cerco di capire. Perché le diverse forme di violenza hanno sì un denominatore comune – ossia il fatto che la violenza di un sesso sull’altro sia accettabile o quantomeno faccia parte di un retaggio culturale difficile da estirpare – ma anche significati diversi a seconda delle situazioni. Le percosse come modo di gestire il conflitto, lo stalking di chi non riesce a chiudere una relazione, lo stupro della compagna come vendetta, il sequestro e lo stupro di una sconosciuta… hanno alla base motivazioni diverse che bisogna capire per poter fare in modo che non accadano.
    Riguardo alla relazione, guarda che io non ho detto che la donna deve allisciare l’uomo, trattarlo come un bambino per evitare una possibile reazione violente. Ho detto proprio il contrario. Spesso gli uomini vengono trattati come analfabeti emotivi (e alcuni lo sono, per carità), cui viene negata la possibilità di esprimere un punto di vista sulla relazione, di dare significati, di attribuire valori, di contribuire alle decisioni su cosa sia giusto o sbagliato.
    Sono persone cresciute con una rappresentazione di sè e del proprio essere uomini che è di successo fino ad un certo punto, ma che diventa fallimentare nel momento in cui ci si trova in una relazione a due, vuoi perché drammaticamente inadeguata, vuoi perché il punto di vista maschile sulle relazioni è generalmente svalutato rispetto a quello femminile.
    Questo, lo sottolineo, non significa giusticare le violenze, né tantomeno che la donna se la sia cercata, ok? Ma cercare di capire cosa succede in certe relazioni. Perché condannare una reazione eclatante è giusto, ma inutile. Né si può pensare che un uomo diventa violento soltanto perché è un uomo. Questo è un pregiudizio.
    Quello che voglio dire è che purtroppo la violenza sulle donne è un comportamento accettato o tollerato da larga parte della nostra società. In parte è un comportamento ritenuto normale (come fino a pochi anni fa era normale dare ceffoni ai bambini: se siamo coetanei mi sa che qualche schiaffo l’abbiamo preso entrambi – io di sicuro 🙂 ) e deve essere stigmatizzato e condannato senza remore. In parte è frutto di contraddizioni culturali, per cui l’uomo deve essere aggressivo per avere successo ma mai violento. E in parte è l’espressione di un disagio, di un fallimento che può essere relazionale o personale, ma al quale in qualche modo bisogna dare parole.
    Forse più che invitare le donne ai corsi di autodifesa, bisognerebbe mandare gli uomini (beh, magari non solo loro) a dei corsi di alfabetizzazione emotiva.

    Sulle rivoluzioni siamo d’accordo. Anch’io credo che sia necessario un cambio di paradigma (e quindi la riflessione sulle famose mappe culturali profonde) e che questo sia possibile solo attraverso piccole quotidiane rivoluzioni.

  2. FikaSicula says

    E’ davvero una storia controversa e temo che non concorderemo mai. il piano di parità è una cosa che deve essere posta a partire da una reale parità. ma la questione oggettiva resta. ci sono uomini che uccidono donne. non è un pregiudizio. è un fatto. se – paritariamente – vuoi accettare questo allora la discussione va avanti altrimenti credo che sia impossibile trovare un piano di discussione accettabile.

    le violenze sono aumentate e sono aumentate le denunce. le violenze sono aumentate perchè è aumentata la coscienza delle violenze.
    rispetto all’esistenza dello stalking sono d’accordo. si tratta di aggressività indiretta. di molestia che insiste sempre sull’oggetto della persecuzione.
    ti sbagli però sul fatto che sia ritenuta una formula socialmente (non dai gruppi sociali consapevoli) desiderabile. i gruppi che si occupano di violenza ne parlano da secoli.

    Il lavoro di educazione va fatto certo. si intende – infatti – complementare alla promozione di culture antisessiste e antipatriarcali come la facciamo noi.
    la rivoluzione culturale invece può esistere – non come nella cina – ma può passare attraverso piccole grandi rivoluzioni quotidiane che ciascuno di noi può compiere.

    sulla relazione a due ci siamo. invece sulla motivazione, che quasi sembra una giustificazione, che poni per spiegare il perchè i maschi ricorrono alla violenza proprio non ci siamo.
    la dici quasi come se dall’altra parte ci fosse una megera che intimidisce e disprezza l’uomo che tenta invano di spiegare le sue ragioni e siccome inascoltato allora come unica alternativa non gli rimane che tirare giù ceffoni.
    e spero davvero di avere capito male perchè se sei convinto di questo davvero hai una concezione delle relazioni e del modo in cui si possono gestire le discussioni davvero a senso unico, in maniera unilaterale, tutta protesa a trovare motivi per giustificare il fatto che l’uomo ricorra alla violenza contro un’altra persona.

    Nel mio post quando dico della faccenda del fare sesso per rivalsa, delle modalità di possesso le esprimo in maniera un po’ più complessa di come tu spieghi il perchè del ricorso alla violenza.
    in ogni caso certo che il problema può essere quello che dici tu. solo che sono differenti le reazioni. una donna che si sente trattata di merda poi non stupra il suo uomo. l’uomo invece prende possesso della donna – se non con argomenti – con il pene. è una modalità differente. non sto certificando il fatto che vi sia una sola responsabilità. sto però considerando gli effetti che ricadono sempre in un terreno di violazione del corpo delle donne. una coppia serena non ha bisogno di svolgere una discussione che li faccia sentire di merda. una coppia problematica ha di questi problemi. ma non posso concludere che deve essere la donna ad allisciare e compatire l’uomo come fosse un bambino, il figlio, o una creatura inferiore. come non posso concludere che lui dovrebbe alleggerire i toni. la discussione attiene più agli effetti. lui stupra e lei no. lui spesso ammazza e lei al massimo riesce ad assestare qualche schiaffo.
    i maschi reagiscono con le armi che hanno non perchè “purtroppo” come dici tu hanno appreso l’aggressività manifesta ma perchè – io penso – questo è diventato uno degli alibi che gli consentono di dare di matto senza che nessuno sia sorpreso e indignato mai.

    al tuo amico io consiglio di non programmare sul figlio nulla che abbia attinenza con la sfera biologica. un bimbo con pene non avrà necessariamente il genere che lui immagina. noi siamo e diventiamo qualunque cosa al di la’ di quello che abbiamo in mezzo alle cosce.
    quindi dovrebbe insegnargli ad essere una persona libera e senza condizionamenti, in grado di autodeterminarsi sempre.

    … e si può fare molto di più di questo, credimi. nella città in cui vivi c’e’ un bel centro antiviolenza. potresti farci un giro e vedere di capire se riceve aiuti sufficienti. potresti valutare in ogni aspetto della giornata se la cultura che non ti piace può essere combattuta e contestata…
    si possono fare tante cose…
    oppure si può restare a ragionare dietro una tastiera. e anche questo è utile se si rivela un contributo alla discussione… come vuoi.

  3. pietro says

    A livello dei singoli accadimenti non si può prescindere dalle contingenze. Inutile dire “bisogna fare così o colì”, sono situazioni nelle quali bisogna trovarsi.
    Gli “intellettualismi” servono a pensare le cose diversamente e quindi ad agire diversamente in queste situazioni e nella propria vita quotidiana. Servono a capire quali cose devono essere biasimate o denunciate. E a biasimare e a denunciare. Ma anche ad agire in positivo, relazionandosi su un piano di parità, privo di pregiudizi e rifiutando i pregiudizi altrui.
    Poi. Non so se gli episodi di violenza sono effettivamente in crescita o sono aumentate le denunce. Comunque mi pare si possa dire che oltre alla violenza figlia del patriarcato, per cui ci sono persone che si sentono in diritto di picchiare moglie e figli come metodo di risoluzione dei conflitti, vi è una forma di violenza – quella che si esprime tramite lo stalking, certi stupri – che è invece espressione diretta di un forte disagio, che frutto di relazioni malate e squilibrate e che viene agito attraverso la violenza perché è l’unica forma che alcune persona a disposizione ed è l’altra faccia di quella aggressività che invece (e purtroppo) viene ritenuta socialmente desiderabile.
    Per questo tipo di violenza bisogna fare un enorme lavoro di educazione (altro che rivoluzione, non me ne vogliate, ma alle rivoluzioni non ci credo più!) non solo ai maschi, ma anche alle femmine. Perché un rapporto sano, in cui entrambi i membri si trovano a proprio agio e hanno lo spazio e gli strumenti per comunicare e agire le proprie emozioni senza ferire (fisicamente, moralmente, verbalmente, socialmente) l’altra persona, un rapporto del genere lo si costruisce in due. Anzi, forse bisogna chiedere aiuto anche all’esterno della coppia.
    Spesso, molti maschi ricorrono alla violenza perché rimangono senza parole e non hanno un altro modo per esprimere le proprie emozioni, forse non le sanno neanche mettere a fuoco o le vedono disprezzate dall’altra persona.

    Per esempio, nel tuo post, Fika, primi scrivi “quante volte i vostri uomini vi hanno fatto sentire una nullità, ecc.” e l’enfasi negativa mi sembra – correggimi se sbaglio – posta sul comportamento di questi uomini che poi pure pretendono di fare sesso. Nel paragrafo successivo sono le donne a far sentire gli uomini delle merde, degli sconfitti, ecc. ma l’enfasi negativa è ancora sugli uomini che poi pretendono di fare sesso.
    Ma magari in quelle coppie il problema è che non si sa litigare o discutere senza far sentire l’altra persona una merda?
    Poi ognuno reagisce con le armi che ha a disposizione e ai maschi, purtroppo, insegnano che devono essere aggressivi, perché i modelli maschili di riferimento sono tutti, almeno in parte, aggressivi.

    Un mio amico, recentemente, mi diceva una cosa bellissima. Aveva da poco saputo di aspettare un bambino e ancora non conosceva il sesso. Si chiaccherava delle differenze e lui disse che in ogni caso avrebbe cercato di compensare quelle caratteristiche legate – per cultura o biologia – al sesso: se fosse stato un maschietto avrebbe cercato di dare più peso alla sensibilità, alla conoscenza delle emozioni, alla capacità di comunicare, ecc.; se fosse stata una femminuccia, invece, avrebbe spinto sull’indipendenza, la sicurezza di sè, ecc. (Per la cronaca, sarà un maschietto).
    Che cosa si può fare più di questo?

    ciao,
    pietro

  4. FikaSicula says

    [cuore mio – Si-culo – per pubblicare devi inserire il numero in tempi brevi e mettere indirizzo mail. poi invii e arriva. resta in moderazione perchè ultimamente arrivano insulti vari e sputtanamenti con nomi e cognomi per la faccenda dello stupro di bologna. non preoccuparti comunque dei commenti multipli. ci vuole niente a cancellarli :)]

    mi piace la citazione sulla divisa più larga sui fianchi (il libro l’ho letto anch’io, è vero). l’idea della rivoluzione piacerebbe anche a me :)))
    corsi di autodifesa ok. noi vi chiamiamo a prendere posizione, eccome se lo facciamo 🙂
    si cerca anche di ricondurre alla “normalità” la versione dell’uomo che stupra o picchia. e il perchè psichiatrizzato purtroppo serve alle donne a crescere, a cambiare e a liberarsi nella testa prima di farlo con il corpo. perciò la riflessione sulle dipendenze. credimi: se una donna non vuole staccarsi da chi la picchia non c’e’ niente da fare. come per qualunque altra dipendenza è lei che deve decidere quando basta e che ha diritto a qualcosa di meglio. le botte o gli stupri non lasciano solo lividi esteriori ma consumano le persone e le lasciano insicure e piene di sensi di colpa. non è una cosa semplice, ti assicuro!

    Se un marito ti vuole ammazzare tutti dovrebbero averlo capito e dovrebbero potere intervenire: vero.
    a volte è la donna che rifiuta l’intervento di chiunque (lo so che sembra illogico ma è così). spesso è l’uomo che minaccia tutto e tutti. la legge poi dice che nelle faccende domestiche se non c’e’ la denuncia di parte (della donna) non si può fare niente.
    inoltre la gente è molto orientata a farsi i cazzi suoi. quindi la gente non interviene ne prima, ne durante e ne dopo che una donna viene massacrata. la scopri poi – quando è morta – a dire che non immaginavano, che sembravano una famiglia tanto a modo, che lui pareva una brava persona e che lei diceva di essere felice (il che è anche possibile perchè le donne picchiate spesso non rivelano un cazzo all’esterno). però li sentono urlare in casa e l’omertà è un fatto collettivo perchè ogni famiglia ha una violenza da nascondere, un litigio finito male, una discussione che finisce con urla schiaffi e oggetti fracassati. quindi la gente sta zitta, si fa i cazzi propri.
    in sicilia troppo spesso non si interviene, lo sai. altrove forse è un po’ meglio – magari solo un po’.
    ho visto una signora salvata da un vicino che ha chiamato la polizia per disturbo della quiete pubblica, pensa tu l’ironia. il tizio voleva silenzio per dormire e le urla lo disturbavano. ma ho anche visto donne chiamare le forze dell’ordine anonimamente perchè sentivano urla disperate e volevano fare qualcosa (non potevano perchè è sconsigliato intervenire di persona e perchè i mariti non volevano rotture di coglioni – cosa detta da loro). ho visto uomini che hanno segnalato il proprio vicino manesco e volevano aiutare la donna. se si diffonde una sensibilità in questo senso le donne sono un po’ più al sicuro e questa non è strategia, tattica mediocre da guerra. purtroppo diocane è l’unico modo per salvare la vita a queste donne. a partire da se’, anche da voi. se sentite che accanto a voi c’e’ qualcuno che litiga a voce alta e una donna urla e viene picchiata, minchia, fate qualcosa. di qualunque sesso voi siate. fate qualcosa. poi con calma ragioneremo sulle mappe culturali e sui perchè etc etc. ma in fase di emergenza si deve decidere che cazzo fare e da che parte stare. senza tanti intellettualismi (belli ma in emergenza alquanto inefficaci): se ci sono persone che vogliono fare qualcosa si accomodino. le porte sono aperte per tutt*.c’e’ tanto da fare. sia pure una sensibilizzazione contro la violenza alle donne, contro il sessismo, l’omofobia, contro il fascismo e il non laicismo di certi comportamenti. c’e’ lavoro per tutt*. c’e’ solo l’imbarazzo della scelta!
    ciao :)))

  5. si-culo says

    [tesoro, la latenza nella pubblicazione dei commenti mi sta facendo diventare scemo e non capisco mai se sono pubblicati o no. scusami per eventuali post multipli]

    Be’, felice di avere fatto da “paciere” :-)) e grazie dei grazie 😀

    @ Piero: non mi addentro nell’articolo (non è questa la sede). Mi limito a rilevare che, ironicamente, Kant fa una partizione assolutamente identica, ma ci ritiene figli dell’agricoltura, non della pastorizia (è un breve saggio che trovi negli Scritti di Storia, Politica, Diritto pubblicati da Laterza).

    Quanto al bandolo della matassa, ci sono due citazioni che mi piacciono moltissimo:
    “Gli uomini avevano combinato un tale disastro nel loro periodo di potere che appariva perfettamente logico supporre che le donne avrebbero fatto un lavoro migliore” e “Purtroppo a rendere terribile la guerra non è il fatto che i soldati siano maschi; è il fatto che i maschi siano soldati. Facciamo in modo che le donne diventino soldati, o politici, o diplomatici, e non avremo affatto cambiato la guerra. Le uniformi diventeranno un po’ più larghe sui fianchi, nient’altro.” [tratte entrambe da Matt Ruff “Acqua, luce e gas. Trilogia dei lavori pubblici. Ed. Fanucci]
    Io, tanto per essere originale, propongo sempre la rivoluzione. Lo so che ultimamente non va di moda, ma uno spera sempre nel revival (succede a tutti i classici!).
    Assodato che non possiamo farla domani, “in concreto” se una si fa il corso di autodifesa fa benissimo, “ma” aggiungo che “noi uomini” dovremmo essere più spesso chiamati a prendere una posizione senza annacarci in miseri nì e nonsi. Perché se a stuprare sono dei matti o degli animali o dei mezzi uomini, allora ci sarà sempre un’attenuante generica utile da cui andare a pescare. Se invece sono semplicemente dei normalissimi maschi medi, allora forse al/la “potente” di turno balenerà per la mente la domanda “com’è possibile che questo placido ragioniere abbia stuprato quella signora?”. Non ci si può incaponire sul movente, su un “perché” troppo psichiatrizzato. Io non posso fare a meno di concentrarmi – sarà deformazione professionale – sulle condizioni di possibilità, su cosa rende anche solo pensabile per un uomo fare una cosa simile. E a questa domanda nessun giudice tedesco può rispondere “perché è sardo”. E, nella migliore delle ipotesi, inizierà ad accorgersi che lui, in quanto uomo, non ha mosso un dito, in anni di onorata carriera, per impedire che una cosa del genere (uno stupro, una violenza, etc…) si potesse realizzare.

    Se un marito ti vuole ammazzare, la dirimpettaia, il vicino e gli studenti del piano di sotto dovrebbero averlo capito e potere intervenire. Possibilmente al tuo fianco e non al suo… 😉

  6. FikaSicula says

    Picciotti, la discussione sul piano teorico è molto interessante ma quaggiù in sartoria mi dicono che si capisce poco. Potreste spiegare in maniera semplice e con parole vostre quello di cui parlate? Che la comunicazione è importante e se le persone non vi seguono non è che i vuoti culturali si colmano da soli.
    inoltre continuo a dire che in teoria ci siamo ed è tutto ok (con qualche differenza qua e la’). mi sfugge l’applicazione pratica di tutto ciò. è vero che la teoria sta alla base di un bel progetto pratico. ma dite: per evitare la guerra e le esercitazioni di autodifesa cosa si dovrebbe fare esattamente? se un marito ti vuole ammazzare cosa si fa?
    lo sappiamo che si tratta di una cultura e che quelli che non appartengono ad essa stanno dalla stessa parte (sempre di divisione si tratta). ma le donne sono riproduttrici e hanno il sangue che cola tra le gambe. questa è una differenza di genere.
    il fatto che gli uomini non avrebbero un genere perchè “uomini” sta ad indicare l’intera umanità (semplifico) è quantomeno paradossale. c’e’ qui una richiesta di cittadinanza nel pianeta della cultura antisessista da parte di uomini non sessisti. e la cosa figa è che si imputa alle donne in costante emergenza il danno di aver creato una divisione (o di reiterare la guerra).
    io non faccio citazioni e non porto qui le sacre scritture della antropologa ida magli (tanto per citarne una) ma pare che gli uomini hanno equivocato un fatto tremendo: hanno ritenuto che l’unico genere esistente fosse il loro e che comprendesse e quindi possedesse, escludesse, mimetizzasse, neutralizzasse anche quello femminile. il problema, sempre in termini antropologici e anche secondo certa sociologia dei gruppi, è che i gruppi privi di identità propria – o con una identità scorretta – si incazzano con i gruppi che da essi si staccano con un’altra propria e forte identità. secondo poi le teorie della complessità le relazioni sono oltremodo fluide e per gravitare tra un gruppo e l’altro non c’e’ bisogno di patentini vari purchè non si richiedano garanzie e rassicurazioni circa il fatto che si sarà trattati come “eguali”.
    a queste richieste non si può dare risposta perchè alcune donne sono orientate per il rispetto e la valorizzazione delle differenze. dunque un pianeta fatto di culture antisessiste comprenderà uomini, donne, elefanti e rinoceronti che saranno consci della propria diversità e rispettosi ciascuno delle diversità dell’altro.
    altrimenti lì si cade negli stereotipi difficili da superare. i luoghi comuni iniziano quando si dice che le donne non devono sentire più simili a loro altre donne.
    non importa se per quello che riguarda gli uomini un “loro” si dice che non esista. non esiste forse perchè veniva usato un pronome universalistico che voleva comprendere tutto e tutti. così allo stesso modo l’appiattimento verso schieramenti di diverse culture che di fatto dovrebbero annullare ogni altra differenza mi pare la stessa versione egocentrica e omocentrica e fallologocentrica (rosi braidotti – filosofa) che si ripete ma con toni diversi, parole diverse e motivi di partenza diversi.
    il fallologocentrismo esiste da sempre anche negli studi antropologici, psicologici, letterari, storici. le differenze invece si acuiscono e finalmente sono visibili negli stessi ragionamenti ad esempio delle femministe postcoloniali (la spivak parla di violenza epistemica: di chi ha certificato la verità a partire dal proprio punto di vista e violentando tutto il resto).
    gli uomini hanno coniato parole, hanno ribattezzato concetti, hanno reinterpretato la realtà per come veniva a “loro” più comoda. le donne in termini culturali sono apparse relativamente da poco. prima non era permesso che scrivessero, pubblicassero, pensassero addirittura. va preso quello che c’e’ di buono e rianalizzato in chiave femminile (proprio così, come anche postcoloniale o a partire da tutti quei “gruppi” che fino ad ora non hanno mai avuto licenza di parola) ogni altra cosa.
    ma per l’appunto, siccome si tratta di guerra se non tra generi almeno tra culture (se volete) e siccome ci sono delle vittime, in concreto che minchia si propone di fare?

    ciao 🙂
    sarta Fika Sicula

  7. Pietro says

    Si-Culo, grazie anche da parte mia .
    Non posso non concordare sul fatto che la narrazione delle relazioni tra i generi in termini di “guerra dei sessi” sia consistente con la cultura della separazione e della dominazione, ed anche sul fatto che la distinzione tra i generi venga prima di qualunque altra distinzione tra i gruppi (forse solo la relazione con la natura è di uguale importanza) e – senza che via sia una causalità univoca – dia forma alle altre relazioni.
    L’attribuzione di ruoli ai generi, però, credo vada fatta risalire ai modi di funzionare delle diverse comunità umane. L’articolo che ho linkato nel mio blog (non sono esperto di antropologia e non so giudicare quanto sia aggiornato e valido), individua un modello di società basato sull’agricoltura, i cui valori sono quindi l’armonia, la cooperazione, la parità, il culto della Madre Terra; e uno basato sulla pastorizia nomade, i cui valori sono invece lo sfruttamento, l’aggressività, il culto della spada. Purtroppo, siamo figli del secondo, con tutto ciò che ne consegue.
    Concordo infine anche sulle tue considerazioni sulle narrazioni che con la “patologizzazione dei violenti”, al pari della “guerra dei sessi”, non sono altro che l’ennesimo espediente, sotto forma di compromesso, per riproporre la cultura della separazione e della contrapposizione violenta tra i generi.
    Quello che è difficile capire è che un identità di genere maschile equiparabile a quella femminile non esiste. Non è un caso se nella nostra lingua la parola “uomini” significa tanto maschi quanto genere umano. A commettere le violenze sono sì i maschi, ma sono gli esecutori di una cultura che è diffusa equalmente tra maschi e femmine, tra gli uomini nel senso di genere umano. Per questo la differenza è prima di tutto culturale ed è a questo livello – non di genere maschile – che secondo me è necessaria quella responsabilizzazione di cui tu parli.
    Io credo che se non ci si rende conto che quella cultura della violenza è del genere umano e non dei maschi, per quanto essi siano gli esecutori materiali di gran parte delle violenze, non si potrà fare mai niente per superarla.
    Purtroppo le categorie e i relativi stereotipi sono difficili da superare. Spesso si ricorre al compromesso di precisare le generalizzazioni (non tutti gli uomini sono cattivi, non tutte le donne sono buone – i pompini di cui parla fikasicula) senza capire che in questo modo non si va oltre gli sterotipi imposti dalle mappe culturali profonde. Si resta intrappolati proprio in quella cultura, cercando soltanto di addolcirne gli spigoli.
    Ma, certo, avere un nemico facilmente individuabile e soprattutto “diverso”, è molto più comodo.
    Da questo punto di vista, la forte specificità di genere femminile è spesso il più grosso ostacolo, perché porta a supporre una specificità maschile contro la quale ci si scaglia inutilmente, sia perché non esiste, sia perché, se pure esistesse, non sarebbe il vero nemico.
    Quello che vorrei che Fika credesse è che, per quanto a lei possa sembrare impensabile, quando lei parla di “noi” e di “loro”, io mi sento parte del suo (nostro) noi. Per me, quel “noi”, mi comprende. Non perché maschio “sano”, ma perché persona che non condivide e che combatte la cultura della dominazione/sottomissione, della violenza, dello sfruttamento.

  8. FikaSicula says

    Si-culo :)*
    il tuo ragionamento è perfetto!
    e mi pare una sintesi molto intelligente della “infruttuosa” discussione avvenuta sopra.
    aggiungo solo che la patologizzazione degli uomini aventi problemi, che dunque escluderebbe quelli cosiddetti “sani” è una distinzione senza la quale il 99 % delle discussioni tra donne e uomini non va avanti. Diventa la premessa essenziale per riuscire ad andare avanti. come dire che prima di affrontare qualunque discussione su questo bisogna allisciare e fare pompini agli uomini perchè altrimenti non ti mollano neppure la possibilità – non solo di crescere insieme – ma neppure di riflettere assieme a loro di noi. E’ il difetto dell’attenzione paternalistica e securitaria. quella che è connivente (come sono d’accordo) e che quando si incazza lancia strali, tuoni e fulmini contro i “cattivi” che vanno messi in galera. allo stesso modo dicono alle donne di tornarsene a casa a fare la calza perchè fuori ci sono quelli brutti sporchi e cattivi invece lì ci sono i mariti che pure se ammazzano hanno sempre una attenuante…
    quindi si. condivido. e grazie davvero per il tuo contributo perchè cominciavo a disperare 🙂

  9. si-culo says

    Dunque… che fatica leggere tutto. Mi permetto di intervenire anche se on delay.
    Scrivevano Tiqqun in “Elementi per una teoria della Jeune-Fille”: “La retorica della guerra dei sessi, e dunque per il momento della rivincita delle donne, opera come l’ultima astuzia mediante la quale la logica virile avrà vinto le donne a loro insaputa: rinchiudendole, al prezzo di una semplice inversione dei ruoli, nell’alternativa sottomissione/dominio a esclusione di ogni altra cosa”.
    Sono d’accordo con Pietro quando dice che “bisogna riflettere su quegli elementi delle mappe culturali profonde della nostra società che strutturano le relazioni tra i gruppi caratterizzandole con la dominazione e la prevaricazione di un gruppo sull’altro”, ma sono anche profondamente convinto che i gruppi “uomini” e “donne” non siano gruppi qualsiasi, in tutto e per tutto equiparabili agli altri. Nel loro caso infatti, come sappiamo benissimo, l’elemento che struttura le relazioni secondo lo schema dominio/sottomissione è quello della naturalizzazione dei ruoli e dell’assegnazione del lavoro (sessuale) di ri/produzione alle donne. Se, come rileva gran parte dell’antropologia, questa naturalizzazione garantisce la segregazione dei sessi – fondante per tutti i gruppi sociali e culturali poiché ne stabilisce per lo meno le strategie matrimoniali – allora 1) qualsiasi tentativo di smascheramento di questa naturalizzazione è volto allo scardinamento ella relazione di dominio e 2) la violenza di genere può essere letta come pratica – più o meno conscia, più o meno inscritta nei corpi che “accolgono” il genere – di mantenimento e riaffermazione della relazione di dominio. Concedere una qualsivoglia attenuante nel giudizio che viene formulato in merito a questa violenza è immediatamente connivente con essa – è il caso di tanti, troppi giornalisti, e non potresti fare meglio nel ribadirlo costantemente.
    Le forme di violenza xenofoba o razzista sono spesso legate all’affermazione di una superiorità, ad uno schema migliore/peggiore che non è direttamente volto a giustificare uno sfruttamento ma piuttosto a rinsaldare, affermare, confermare, definire etc… un’identità. L’identità così ottenuta è poi usata come risorsa (simbolica, culturale, economica, psichica etc… a seconda della scuola antropologica alla quale ci si rivolge).
    A differenza di “bianco”, “cattolico”, “occidentale”, “liberale” etc… “maschile” non solo è indefinito (se non da evidenze gonadiche che nulla dicono circa il suo contenuto e le sue pratiche specifiche) ma per di più definisce, e in particolare definisce e circoscrive “femminile”. La definizione mi pare che sia solo apparentemente funzionale al rapporto di dominio mentre credo che sia sostanzialmente funzionale al rapporto di sfruttamento e appropriazione derivante (e contemporaneamente giustificato, in un ciclo tautologico) dalla naturalizzazione della ripartizione del lavoro sessuale. In altre parole, alla divisione del lavoro sessuale segue la divisione sessuale del lavoro (cioè la segregazione delle professioni e le relative valorizzazioni e retribuzioni asimmetriche).
    Un’esperienza che si dica universalmente “maschile” non è narrata, studiata, rappresentata in un modo che la delimiti (quindi identificandola). Non così per il femminile (i cui orizzonti e possibilità sono limitati a monte da strutture che se vogliamo possiamo dire patriarcali). Ne consegue che la descrizione della violenza di genere con le metafore della guerra dei sessi o della perpetrazione sanguinosa di un dominio è un’alternativa narrativa qualitativamente pari a quella che attribuisce tali atti violenti a pochi uomini “che hanno problemi”. Questo perché, patologizzandoli, ritaglia loro un’identità separata in seno al maschile, ma gerarchicamente inferiore e che pertanto non arriva a riguardare e responsabilizzare gli uomini come genere (uomini che peraltro non ci siamo mai pensati come tali…).
    Penso invece che fino a quando non prendiamo e facciamo prendere una posizione di chiara condanna che non si limiti alla paternale che difende la vittima (per carità del cielo! ne ho abbastanza di padri e paladini) ma che interroghi e riveli le tacite connivenze e convenienze, allora siamo tutti colpevoli – se non di stupro, almeno di omertà.

  10. FikaSicula says

    E’ un retaggio del patriarcato. E’ una cultura che ci portiamo appresso tutti. Quindi bisogna liberarcene tutti: uomini, donne, gay, lesbiche, trans, transgender. Ti ripeto che se avessi letto e non ti fossi lanciato alla strenua difesa del sesso maschile avresti rintracciato moltissimi passaggi in cui si parla di corresponsabilità e interdipendenza.
    Così la penso io. Se tu non la pensi così allora la pensiamo diversamente. Pazienza.

    Circa la distruttività del tuo modo di interloquire mi tengo le mie convinzioni.
    Nel tuo sito dici:”Un mio commento dal sen fuggito al post linkato nel titolo, ha, come temevo, generato una piccola flames.”

    quindi lo temevi e sapevi di aver approcciato in maniera pessima.

    “Solite cose. Incomprensioni reciproche, insulti più o meno velati (questi, ahimè, unidirezionali)”.

    perchè quelli che hai fatto tu invece erano grandissimi apprezzamenti, no?

    “Insomma, commenti inutili che ho preferito eliminare. I curiosi possono comunque trovarli sul sito linkato.”

    mi fa piacere che li giudichi commenti inutili e che rimandi al mio blog. questo la dice lunga su come vuoi che la gente ti veda e su come vuoi far passare le questioni. hai cassato i commenti per paura di farci una figurina di emme 🙂
    e scorrettamente metti lì il tuo piagnisteo da vittima decontestualizzandolo e togliendo a me la possibilità di essere interpretata al di la’ della tua forzata e parziale e vittimista interpretazione (ho capito che meccanismo metti in atto con gli interlocutori… si che ho capito caro il mio psicologo. hai un bel problema. aggredisci, offendi per poi definire aggressione la difesa. bella tattica davvero. come si chiama in psicologia?)

    la discussione – anche nel mio blog – si chiude qui perchè mi sono un po’ stancata e perchè i ragionamenti viziati non portano da nessuna parte . ti ho dato fin troppa confidenza 😛
    stammi bene.

    Ciao

  11. pietro says

    LOL
    ma veramente sei convinta di non aver insultato e che sia io quello che ha bisogno di demolire il punto di vista altrui? devo fare un copiaincolla? Io ho solo espresso il disappunto per un articolo che non ho condiviso. E mi sono anche scusato. Tu mi hai scaraventato una serie di insulti, comprese quelle tirate sugli psicologi totalmente fuori luogo. E niente.
    Mah.

    Comunque, ci riprovo. A me sembra che secondo te il problema della violenza sulle donne si circoscritto alla relazione conflittuale tra i generi e sia un retaggio del patriarcato cui gli uomini ricorrono perché incapaci di ridefinirsi adeguatamente in funzione della mutata condizione femminile. Giusto?
    Secondo me, invece, bisogna riflettere su quegli elementi delle mappe culturali profonde della nostra società che strutturano le relazioni tra i gruppi caratterizzandole con la dominazione e la prevaricazione di un gruppo sull’altro. Non soltanto tra i generi, ma anche tra altri tipi di gruppi e nella relazione tra la specie umana e la natura.

  12. FikaSicula says

    Giuro che non ho capito di che parli :)))
    ti stai arrampicando sugli specchi perchè stai dicendo tutto e il contrario di tutto.
    il manuale da guerriglia e i consigli per l’autodifesa rendono la donna attiva. non più vittima ma capace di difendersi. o preferisci che ci difendano altri uomini? circa le attribuzioni di inferiorità/superiorità io non ne ho date e comunque stavo parlando di uomini che hanno qualche problema. perchè – come si dice dalle mie parti – te la senti tu in prima persona? soffri per caso di qualche senso di inferiorità?

    le riflessioni vanno ben oltre il gioco vittima carnefice tant’e’ che si parla di interdipendenza e di corresponsabilità e dimmi se questa non è una lettura differente… ma che lo dico a fare. tu sei cieco e leggi solo quello che vuoi leggere.

    e non ci vedo contrapposizione con il comunicato, proprio per niente.

    poi dici: “Non un abbattimento delle differenze (ma quando mai?) ma un modo diverso di pensarle. Per me non è una guerra di genere ma di culture.”

    per me la differenza di genere invece c’e’ eccome. o se preferisci c’e’ una differenza tra la cultura di genere e quella patriarcale e maschilista. comunque prima parlavi di un mondo privo di differenze 🙂 ma te lo sei scordato 😛

    grazie per avermi lasciato l’ultima parola. ma io non insulto e non attacco in termini personali. parlo di politica e contraddizioni private rispetto ad affermazioni pubbliche. ma su questo piano non solo è chiaro che non ci capiamo ma è anche chiaro che non riesci a iniziare e mollare una discussione se non demolendo e screditando il tuo interlocutore…
    va bene 😉
    hai vinto tu e sei un conversatore fantastico e io invece sono una gran ciofeca che spara minchiate e luoghi comuni come fossi dal parrucchiere. va bene così?

    magari leggimi meno… sai mai che lo stress ti facesse male 😛

    vado a mettermi i bigodini, la crema da notte e lo smalto alle unghie… 😀

    ciao

  13. pietro says

    No. Io non volevo iniziare un ragionamento costruttivo ma soltanto criticare con disappunto – i commenti servono anche a mandarsi a quel paese, ogni tanto, e non solo a farsi pompini a vicenda – un post del quale non condivido quasi niente, né le attribuzioni di inferiorità/superiorità di cui le tue parole trasudano né tantomeno lo spirito da manuale di guerriglia. Come identificare il nemico, come prevederne le mosse, come difendersi. Per carità, consigli utilissimi e necessari per chi rischia di essere vittima di qualsiasi forma di violenza, ma che non vanno oltre il gioco delle parti della vittima e del carnefice.
    Tra l’altro, in contrapposizione ad un comunicato che, se non l’hai notato, non contiene neanche una volta la parola uomo né uomini. Tu invece le hai utilizzate 20 volte.

    Il mio contributo è un invito a riflettere sulle mappe profonde che stanno alla base della nostra società/cultura e il modo in cui esse strutturano le relazioni tra gruppi. Non un abbattimento delle differenze (ma quando mai?) ma un modo diverso di pensarle. Per me non è una guerra di genere ma di culture.
    Comunque, è un discorso tra sordi. Ti lascio volentieri l’ultima parola, anche se sarà l’ennesima sequela di insulti e attacchi personali.

    Ciao.

  14. integralista cattolico says

    fammi una visita, se vuoi.

  15. FikaSicula says

    io non intraprendo una sfida tra uomini e donne. questa è una tua lettura forzata. non mi interessa individuare il cattivo della situazione. io mi do e offro strumenti di lettura per comportamenti che vengono banalizzati o stereotipati. e se non capisci i comportamenti a partire da chi li interpreta come si discute di ciò?
    dammi un contributo per ampliare il ventaglio di comportamenti da considerare invece di distruggere tutto…

    perciò la tua è teoria generalista. a parole è una cosa bella quello che dici. ma nei fatti ti assicuro che ce ne sono di barriere da superare prima che si riesca a parlare di questo senza dover sprecare (abbiamo usato quattro commenti) tempo e parole per chiarire che bla bla non tutti gli uomini e bla bla… che ce ne sono di eccezionali e bla bla e anche di donne… uh… ce ne sono di cattive, certo e bla bla e che le differenze e bla bla.

    nella pratica quello che dici incontra milioni di difficoltà perchè un mondo senza differenze non esiste (anche se sarebbe bello immaginarlo) e le differenze esistono e vanno considerate e semmai valorizzate (dal femminismo sul valore della differenza). esiste la differenza di genere perchè esiste. esiste la differenza di ceto. esiste la differenza di religione e di razza. sono tutte cose che esistono. tu vuoi abbatterle e io parlo di valorizzazione senza aver paura di definire il genere di chi compie i massacri.io parlo di guardare le differenze in faccia perchè la visione di abbattimento delle differenze che tu esponi è quella di un maschio bianco europeo/siculo e con tutte le buone intenzioni non riuscirai a capire – se non in maniera paternalista – la cultura di mille altre persone e culture.

    non è negando i concetti degli altri – per l’appunto – che abbatti le differenze. così le esasperi e fai bestemmiare quelle come me che non hanno alcuna voglia di essere fraintese, equivocate e banalizzate.

    la tua maniera di appiopparmi giudizi e di negare il mio contributo è la base per relazioni di ostilità e non di abbattimento di differenze. un ragionamento costruttivo non inizia mai con: tu hai detto una serie di minchiate e grazie tante perchè hai fatto risaltare la bellezza del comunicato. dimmi tu se questo è un modo per abbattere differenze o per far passare con spocchia e presunzione il proprio punto di vista. ti sei tirato ostilità e poi ti sei beccato anche i miei giudizi.

    e lo so che ironizzavi 🙂
    ma quelli che fanno il tuo lavoro questa cosa la fanno sul serio e quindi nelle generalizzazioni a gentile richiesta ci stava. e io nelle cose private ci entro perchè il “personale è politico” (e non perchè mi interessa fare la comare pettegola) e quindi se tu in pubblico dichiari abbattimento delle differenze e poi nelle piccole cose di ogni giorno fai tutt’altro la questione conta eccome.

    comunque ti ringrazio delle scuse.
    stacco
    è ora di cena 😛

  16. Pietro says

    Forse abbiamo mappe culturali troppo diverse per capirci. Pazienza. Comunque la mia opinione generalista e saccente è una critica ad una cultura fondata sulla dominazione e la violenza (delle donne, degli altri, della natura) e per me la sfida è tra chi difende questa cultura e chi la vuole cambiare, non tra “uomini” e “donne”.

    Quanto al dispiacersi, forse non mi sono spiegato bene. Intendevo scusarmi per averti, in quel momento di scoramento, accusato indirettamente di scarsa sensibilità e intelligenza e per aver screditato il tuo punto di vista.

    Poi. Della mia deontologia professionale e della mia vita privata non devo certo rendere conto a te e non ho alcuna intenzione di seguirti su questa strada.

    Mi limito a precisare, per chi legge, che l’espressione “Infine, io sono un psicologo del lavoro, quindi al massimo di quelli che non assumono le donne perché poi restano incinte e bla bla bla” era un modo di ironizzare sugli stereotipi negativi che avevi scritto sugli psicologi clinici; fortunatamente, hai detto di peggio sugli psicologi del lavoro: ci sarei rimasto male, altrimenti!

  17. FikaSicula says

    Pietro: si chiama violenza di genere perchè c’e’ un genere che perpetra violenza e un’altro che soccombe. come quando c’erano i bianchi che ammazzavano i neri e si chiamava ku klux klan. o come quando i fascisti ammazzavano un sacco di gente e si chiamava e si chiama ancora nazismo. per quello che succede ovunque alle donne si dice: violenza di genere. e se tu avessi letto bene il mio post ti saresti reso conto che quello che i giornalisti fanno è di evitare di ragionare in termini di genere e affibbiare invece caratteristiche precise per individuare i cattivi solo in alcune parti sociali (i poveri, i rumeni, i malati, i tossici, etc etc…). quelli sono luoghi comuni.

    io non ho un sentire che è sensibile alle accuse sulla razza. non mi frega niente se qualcuno dice che i “bianchi” sono cattivi o se gli islamici sono una minaccia per l’umanità o altre minchiate del genere. le donne ovunque sono massacrate e muoiono a migliaia. se non sono uomini i loro assassini allora cosa sono? libellule? querce? elefanti? dimmi…

    mi dispiace di suscitare il tuo scoramento e mi dispiace di constatare che le tue “mappe” culturali siano completamente contrarie alle mie.

    e non devi dispiacerti perchè mi è sembrato esattamente quello che hai fatto quindi bene così.
    ho letto la tua opinione e la trovo generalista e inutilmente saccente, come di chi sente di avere la verità in tasca e ritiene di poter superare divisioni con una analisi dozzinale che non ha alcun fondamento pratico.

    cioè: quella tua verità si applica ai contesti in cui è possibile. dove gli uomini non si sentono attaccati e minacciati ogni volta che si parla di donne stuprate e si parla di mascolinità totalmente inconsapevole e tutta da rivedere. se tu ti senti messo in discussione e non sei in grado dal punto di vista pubblico e privato di ragionare serenamente sulle gravi denunce che le donne fanno allora spiegami come fai a fare le cose insieme.

    ho visto che sei psicologo del lavoro, di quelli che “non assumono le donne perchè poi restano in cinta” (parole tue). davvero meraviglioso. quindi da lì si vede quale grande sensibilità tu abbia per i problemi femminili e per le questioni di genere. tu sei uno che tenta di individuare durante le selezioni del personale quelli a maggior rendimento e a minore costo, quelli che eseguono ordini senza rompere i coglioni ai capi, quelli che non hanno nessuna intenzione di fare uso dei sindacati per reclamare i loro diritti. e dimmi: le aziende per cui tu fai selezione del personale poi pagano in nero o fanno i contratti? e dopo che hai mandato a casa le donne perchè questi datori di lavoro di merda non vogliono manco pagargli una maternità ti senti uno che ha lottato oltre le differenze per rendere il mondo uguale e migliore?

    tu hai sprecato citazioni dotte e tanta presunzione per nulla. spero che tu abbia relazioni private migliori di quelle che tenti di instaurare in maniera pubblica 😛

    PS:
    per le faccine, le p sono pernacchie, e i sorrisi sono di sana ironia. o pensavi che ci stavo provando? 😀 (è una risata grandiosa)

  18. Pietro says

    Facciamo finta che anziché uno stupro sia stata commesso un atto violento nei confronti di una persona di colore e riscriviamo il tuo post sostituendo la parola “uomini” con la parola “bianchi”?
    Poi mi dici come ti senti a leggerlo? Come se il razzismo fosse un problema tra bianchi e neri e non tra razzisti e antirazzisti.
    Io provo molto scoramento quando leggo queste cose, perché mi fa capire quanto le mappe culturali profonde della nostra cultura siano così difficili da cambiare. Comunque: nessun intenzione di demolire alcun punto di vista. Se così è sembrato mi dispiace. Solo scoramento, appunto.
    Poi: la mia verità – detta anche mia modesta opinione o imho – l’ho scritta sul mio blog, sinteticamente ma spero abbastanza chiaramente.
    Infine, io sono un psicologo del lavoro, quindi al massimo di quelli che non assumono le donne perché poi restano incinte e bla bla bla. Hai sprecato un sacco di generalizzazioni per niente, che peccato!

    PS: perché tutte queste faccine sorridenti ad uno pissicologo che parla di cose che non sa sparando cazzate pseudoscientifiche, somministra psicofarmaci a destra e a manca e vuole pure demolire il tuo punto di vista?

  19. FikaSicula says

    ciao Pietro 🙂
    benvenuto!
    anch’io sono contenta che tu abbia letto il mio lungo etc etc post tutto intero…
    meriti un premio solo per questo 😛
    vedo dal tuo blog che sei uno pissìcologo vero. Di quelli che ammantano le proprie generalizzazioni di pseudo-spiegazioni scientifiche e di citazioni colte e interventi accademici. di quelli che i disagi sociali li curano come malattie individuali. di quelli che campano sulla versione della storia che dice che esistono le “deviazioni”, le patologie, le malattie mentali. Di quelli che normalizzano e all’occorrenza prescrivono psicofarmaci per “fare stare meglio” la gente che non sta affatto bene e che viene colpevolizzata per il fatto di sentirsi a disagio nella vita, nella famiglia, nel lavoro. ovvio che non tutti i professionisti del settore sono così ma il ramo è quello e luce Irigaray ce l’ha detta bene la storia di quanto sia maschilizzato il settore e di quanti pensieri patriarcali hanno reso indiscutibili le teorie e le pratiche di certa psicologia.

    quindi dimmi pietro: qual’e’ la tua grande verità, quella accertata e priva di qualunque pregiudizio?

    in ogni caso ti chiarisco che questo è un blog e non una testata giornalistica o una rivista scientifica per voi pissìcologi e in cima al blog non c’e’ scritto donna concetta dottoressa fracazzi da velletri. io esprimo opinioni perchè conosco la questione, perchè me ne sono occupata, perchè ho visto tante donne maltrattate e ho lavorato con e per loro.

    tu invece da dove trai la tua opinione? collabori con associazioni che si occupano di donne maltrattate? hai avuto a che fare con uomini stupratori e picchiatori? sei uno dei telefonisti del telefono rosa?

    Rispetto alle ipocrisie poi non capisco. Dove stanno le ipocrisie? non ho forse detto quello che penso e che so senza termini accademici e senza manti di dottoranza? 🙂
    mi firmo FikaSicula e questo la dice lunga sulla mia pretesa di seriosità :))))

    Ma dimmi dottore: perchè hai interesse a demolire il tuo interlocutore se dici che bisogna operare insieme? perchè per affermare la tua verità devi negare la mia? 🙂

    poi: eccerto che si deve trattare di persone. e che è una battaglia che va fatta insieme (grazie di avermelo ricordato :P). questo però non vuol dire che non sia una questione di genere (il genere è quella cosa che ci definisce sessualmente: tu uomo con pinnuzza fra le cosce e io tonna con fiketta in ottime condizioni d’uso. a meno che un masculiddu non abbia orientamenti sessuali diversi e la femminuccia pure allora la questione di genere rappresenta una coppia etero dove il lui con pinnuzza scassa la vita – nel senso che proprio commette omicidi – alla lei con fikuzza :P), questo però non significa che non sia una guerra (è una strage, a dirla meglio – la chiamano femminicidio – perchè ci sono carnefici e vittime e le vittime sono troppe) e se non è una questione che mette in moto sentimenti di sconfitta e azioni di vendetta allora dimmi tu cos’e’.

    pace

  20. Pietro says

    Sono contento di avere letto tutto il tuo inutilmente lungo post pieno di luoghi comuni, pregiudizi, generalizzazioni, ipocrisie e chi più ne ha più ne metta, perché alla fine c’è il comunicato dell’XM24, in cui, quasi magicamente, non si parla più di uomini e donne e della loro (vostra) sporca guerra, di sconfitte e vendette, ma di persone, di cultura, di vittime, di violenti.
    Quindi grazie, all’XM24 per la sensibilità e l’intelligenza, a te per averla fatta risaltare.

    saluti

  21. Pralina says

    Sabato 13 ottobre
    dalle ore 20
    due ospiti in diretta in studio
    a NOVARADIO FIRENZE 101.5
    (su http://radioglob.splinder.com
    oppure sul sito di NOVARADIO FIRENZE
    i particolari per lo streaming in diretta)
    *
    Fabio Morgera presenta l’ultimo cd
    Need for Peace
    http://www.smallsrecords.com/
    *
    Pralina intervista Fikasicula
    sulla memoria delle donne
    http://femminismo-a-sud.noblogs.org/

    a sabato!!!!!!!!!