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Come importare l’amore e picchiarla facile. Ovvero: quando gli italiani le vogliono straniere

Proviamo a ridere un po’. Non prendetevela se dirò una serie di cose già dette. Essere originali è difficile se le questioni contro le quali si lotta sono tutte lì. Anzi pare che se ne aggiungano altre perché quelle esistenti non bastavano da sole a far girare i capezzoli come forsennati mentre intercettano gli attacchi intergalattici.

Da un po’ di tempo si discute di femmine che pigliano mazzate dai compagni e mariti. Direte: sai la novità! Infatti niente di nuovo sotto questo sole.

Ne discutono i programmi dedicati alle donne, quelli fatti apposta per riassumere i 112 casi noti annui di morti femmine ammazzate in Italia per mano di maschio, quelli che scoprono che le immigrate  – oltre ad avere discreti problemi per sopravvivere e/o sfuggire alle schiavitù, per rinnovare il permesso di soggiorno, per riuscire a pagarsi un affitto in uno di quei locali che in metri quadri dovrebbe corrispondere al target abitativo obbligatorio richiesto dalla Bossi-Fini per il rilascio del permesso di stare in questa terra (ironia/on: terra pietosa, cristiana, buonissima e piena di gente disposta a sacrificarsi a piene mani per quelle che soffrono – ironia/off) – spesso vengono anche massacrate di botte, torturate, uccise dagli uomini di altre nazionalità che oltre ad arricchirci di cultura diversa ci portano anche tanto ma tanto maschilismo di cui non avremmo proprio alcun bisogno.

E’ colpa dell’occidente che preme sul medio oriente e rimette in moto fondamentalismi? E’ colpa del medio oriente che propone lo schema della guerra di religione per rispondere all’aggressione occidentale? E’ colpa dei preti? Di chi interpreta male gli scritti del Corano? Di chi si fa portatore delle verità dell’islam senza neppure conoscerlo? Di chi in questo stato permette a gente qualunque di rivestire ruoli di autorità all’interno di comunità straniere senza che ne abbiano i titoli? E’ forse diverso per i nostri preti? Stanno forse spingendo verso forme aperte di accettazione di altri ruoli, di rispetto per le altre culture e di non prevaricazione nei confronti di laici di ogni genere? Non siamo forse in tanti in odore di eresia anche in Italia? Non siamo tornati all'epoca delle suppliche, delle  fustigazioni e delle indulgenze? Se qui siamo arrivati al livello che se vuoi l'unione civile allora i preti prurigginosi si prendono la libertà di offendere e calunniare ("La Chiesa non ha il diritto di insultare, calunniare, disumanizzare milioni di persone…" direbbe la meravigliosa Lidia Cirillo) e rivelano che nel tuo segretissimo intimo sogni anche di praticare legalmente l'incesto e la pedofilia – come dire: creata la regola morale, scoperto il reato corrispondente, trovata l'accusa – credo non ci sia più molto da recriminare rispetto alla arretratezza di altre culture. E' lo stolto che da' dell'idiota allo stupido. 

Ma, sempre per tornare a farci una gran risata e senza voler spingermi oltre in una cosa che mi interessa fino ad un certo punto, perché tutto questo deve per forza passare sul corpo delle persone e tra queste, in particolare, su quello delle donne?

E’ vero: ogni battaglia sacrifica qualcun* sull’altare della ragione di stato. E in questo caso parliamo dello Stato Vaticano così come degli stati in cui si praticano e si perseguono le religioni islamiche e ogni altro culto che releghi le donne ad un mero ruolo di appendice dell’uomo. Un accessorio utile a fare figli e a tenere in ordine la casa, che deve anche portare soldi a casa – perché quelli del marito ora non bastano più – e deve fare attenzione a trasferire le stesse identiche regole di comportamento sulle figlie femmine. Le donne come tutrici di una cultura? No, le donne sacrificate sull’altare di tutte queste grandiose culture.

Niente di nuovo appunto. Per me di sicuro dato che sono sopravvissuta ad un contesto arabo tribale feudale come quello siciliano. E tutto quello che ascolto non mi sembra davvero una sorpresa. Solo pensavo di non dover vedere mai più scene e situazioni che ho vissuto o che ho visto vivere ad altre nel corso degli anni passati. Che povera illusa!

Rido ancora perché penso ad una cosa essenziale: il ministero delle pari opportunità si sta dando tanto da fare per far vedere quanto sono sfigate le donne e come strumento di risoluzione offre un progetto di legge inadeguato e una campagna di sensibilizzazione che non azzecca il tiro perché fa fuoco solo su questioni estreme e comunque parcellizzando la verità in maniera pericolosa. Alle donne picchiate non serve stabilire che “lui” è il cattivo. Non in questi termini. Non serve ritagliare ruoli di vittima dai quali è davvero complicato uscire. Non serve salvare le famiglie di provenienza delle donne massacrate perché troppo spesso il problema che ha reso vulnerabile, disponibile a rapporti tanto malati e morbosi quelle figlie, viene proprio da lì.

Non serve neppure continuare a dire che polizie varie non fanno nulla per prevenire le morti annunciate di tante donne perché le polizie sono fatte da uomini e assegnare ad altri uomini cosiddetti più “giusti” la sicurezza di donne deboli e indifese ricalca troppo la filosofia da John Wayne che di certo tanto bene non ci fa. Sulle donne bisognerebbe investire in autodifesa, autostima, iniezioni di sicurezza che trasformino le donne in persone che al minimo capiscono di essere corresponsabili di quello che sta loro avvenendo.

I meccanismi di dipendenza psicologica sono una roba perversa che non si risolve rafforzando la figura della vittima. Una donna educata a interpretare per troppo tempo quel ruolo può essere non più in grado di accettare e gestire la persecutrice che c’e’ in lei. Il lato oscuro, quello che dal vittimismo trae forza. E non sto cercando di rivoltare la frittata per dire che è colpa delle donne. Qui non si tratta di colpe. Si tratta di andare al di la’ della sopravvivenza. Oltre le interpretazioni facili che assegnano alle donne ruoli deboli di persone deboli mai in grado di determinare il proprio percorso, di decidere per la propria vita.

E mi fa molto ridere – davvero e di gusto – vedere uomini che discutono di donne o proprio con quelle donne che hanno preso botte da orbi e sono ricucite, bambole difettose, rotte, acciaccate. Perché in quegli uomini ci vedo quel sentimento da “come mi piace se sei debole, vieni qui che ti stringo tra le braccia perché attivi il mio senso di protezione senza il quale non esisto” che gira e rigira si ripresenta sempre. Uomini moderni sempre pronti a tenere in pugno una spada, indossare il vestito tutto azzurrino, con la sindrome da “ti salvo io e poi mi appartieni”, che si ribattezzano principi anche solo per un attimo.

Uomini che si aspettano che le donne salvate dovrebbero guardarli negli occhi e flap flap recitare il mitico “Oh, Mio eroe!” che continua ad andare di moda, sotto mille altre forme, in ogni contesto possibile. Uomini che se vuoi provare a decidere per te ti dicono che “Sei aggressiva e poco femminile!” dove il femminile lo stabiliscono maschi con la pinna tanto eterosessuale o maschi con la pinna sotto una tonaca che non potendo decidere per se’ passano il tempo a sfruntuliare le vagine di noialtre.

La ministra dovrebbe investire forse dando una mano alle case per donne maltrattate che rischiano di chiudere a seconda di come girano la mattina alle varie amministrazioni locali che si succedono. Dovrebbe magari accertarsi che ogni donna maltrattata, schiava a qualunque livello, abbia o sia sempre in grado di costruirsi una alternativa che le restituisca una casa, una vita. Per fare questo ci vuole un lavoro e uno stipendio che non sia da fame. Per fare questo bisogna smettere di far passare le politiche invasive di industriali, e imprenditori che in ogni momento decidono di sacrificare solo e sempre i soggetti deboli.

Per fare questo bisogna smettere di immaginare le donne come elettrodomestici che cuociono ricette a suon di legnate e sfornano figli per la patria. Le donne che non hanno un lavoro non potranno mai essere autosufficienti. Passeranno la vita di schiavitù in schiavitù senza neanche più rendersi conto che in fondo non hanno mai davvero scelto niente. Rido ancora pensando a quello che delle donne fanno le tante cooperative sociali, le organizzazioni non governative tanto umane e piene di buoni propositi nei confronti delle donne, dei soggetti deboli, delle immigrate.

Trattate da schiave, pagate da fame e sempre con molti mesi di ritardo o non pagate affatto. Intimidite, tenute al cappio, sotto ricatto perché senza la firma di un datore di lavoro non possono avere il permesso di soggiorno. Intimidite a casa, ricattate fuori casa, massacrate al lavoro, uccise in ogni tentativo di emancipazione.

E poi rido per quelle donne nomadi, straordinarie creature che arrivano in Italia con mille chili di nostalgia e tanti litri di lacrime sul groppone. Quelle che sembrano invisibili, senza storia, che soffrono di milioni di malattie psicosomatiche perché vivere una non vita è una cosa enormemente difficile. E parlo di quelle che arrivano per ogni strada possibile, con qualunque tipo di aspirazione. Tra loro ci sono quelle da importazione. Qui ci sta una risatona grandiosa. Sono alle lacrime, davvero.

Non sto parlando delle donne importate per farle diventare schiave della prostituzione e neppure di quelle a buon mercato che le donne bianche, italiane veraci, usano per farsi lavare il culo e le mutande. Parlo della tratta dell’ammore. Di quegli uomini che non trovando più qui alcuna donna disposta a sopportare prevaricazioni di nessun tipo (perché siamo “troppo” puttane, libere, evolute, emancipate, istruite, esigenti. Perché pensiamo troppo, abbiamo una risposta per tutto, siamo aggressive, poco femminili, non crediamo più nel sacro valore della “famigghia”) se la cercano e la trovano di un’altra nazionalità, meglio se di provenienza di stati in cui le donne sono ancora educate come “femmine vere”. E giuro che vi sto ripetendo parola per parola cose dette e sentite da uomini straconvinti di avere fatto l’unica scelta possibile. Come se noi, grandi zoccole, non avessimo lasciato loro nessuna alternativa.

Tralascio storie di uomini che cercano di farsi femmine esotiche di nazionalità corrispondenti all’ideologia di cui sono seguaci senza averle importate, senza impegno, senza sbocchi matrimoniali o figli di mezzo. Molti leader o militanti di svariate entità politiche tentano di mettersi tacche sul petto. Anche quelli più insospettabili. Per uno di sinistra, molto di sinistra ad esempio farsi la donna araba è quasi come un segno di coerenza. Lui che salva lei (da cosa non si capisce) e magari la sminchia di castronerie e di banalità per farsi più figo o per non ammettere di essere un autentico cazzone. E già che c'e' una ripassata magari gliela da' pure perchè con una che sta giocando la partita "fuori casa" è più semplice lasciarsi andare e fare cose che con una donna italiana, di quelle consapevoli dei propri diritti che scelgono che tipo di relazione avere e che se uno sbaglia lo mollano e vanno avanti, magari non farebbero mai. Stesso livello mentale di quell* che vanno a fare turismo e sfruttamento sessuale però in una dimensione più nobile, non da cliente, e con qualche prudenza in più perchè gli altri non devono sapere.

Ci sono donne che fanno la stessa cosa. Non troppe però e non perché siamo buone ma solo perché pigliandoceli belli fondamentalisti non ci facciamo un gran guadagno. Sarebbe come avere a che fare con un siciliano dell’epoca di Salvatore Giuliano o con uno spagnolo di quelli belli stronzi di ora. O con un arabo che ritiene per fedeltà alle loro sacre scritture che la donna è inferiore, o con un italiano cattolico che si fa di papi e note episcopali dalla mattina alla sera e continua a immaginare che le femmine vengono tutte dalla costola dell’uomo. Insomma: li scansiamo qui quindi non è così semplice che ce li pigliamo solo perché colorati ed esotici.

Ma torniamo a ridere e senza approfondire quello che per ora voglio tralasciare prendiamo bene la mira su quegli uomini anche di sinistra (non particolarmente militanti e non particolarmente di sinistra, ma questo loro non lo sanno) che importano donne, bellissime e giovanissime donne di altre nazionalità che poi schiavizzano quando le hanno portate in questa bella terra.

Una di queste donne è araba. E’ arrivata in Italia poco più che ventenne. Innamorata di un uomo che le sembrava diverso – lei che era educata in una famiglia dove tutte le donne venivano regolarmente picchiate e maltrattate – e verso il quale mostrava una enorme gratitudine. Lui, quarantenne con varie relazioni fallite alle spalle, se la porta, la mette in cinta, riconosce la figlia e non sposa la donna. Cioè: la tiene sotto ricatto e le dice che se non fa la brava non le fa rinnovare il permesso di soggiorno e la rimanda indietro (come un oggetto scaduto) senza la figlia che invece è cittadina italiana.

Lei non parla bene l’italiano e in lui non trova un gran punto di riferimento. Ma neppure tra le donne che via via riesce a conoscere – della sua stessa nazionalità – trova una informazione essenziale: in quanto madre di una cittadina italiana lei ha il diritto di ricevere una sorta di green card per restare in Italia almeno fino a che la bambina non è autosufficiente. Lui non le dice niente, la lascia spesso sola in casa e senza soldi. Lei, che non è stupida, impara l’italiano con l’aiuto di un vocabolario e la televisione. Ha un diploma, ha bisogno di un lavoro part time che le lasci il tempo di stare con la bambina. Allora le consigliano di presentarsi ad una associazione “umanitaria” per fare una cosa “umana”. Ovviamente la assumono.

Le fanno un bel contratto a progetto. Non la pagano per molti mesi e la tengono al cappio con il ricatto del rinnovo del contratto. Nel frattempo lei fa la madre e la perfetta donna di casa. E’ educata a fare queste cose senza ribellarsi. Lui sembra tranquillo ma intanto le fa aprire una bella partita iva e le appioppa una serie di conti che in realtà sono tutta roba sua. Lei acconsente perché non capisce, non sa bene e lui le racconta una grande palla. Essere straniere in un paese straniero vuol dire anche questo. Dopo un po’ lei viene a sapere della possibilità di prendere la green card. Viene informata perché lui nel frattempo è diventato molto manesco. Lei impara meglio l’italiano e comincia a fare domande su quello che lui le chiede di firmare, sulle sue possibilità di vita, su cose che riguardano la bambina.

La organizzazione per cui lavora continua a non pagarla puntualmente e a tenerla sotto ricatto. Anzi la intimidisce quando lei si rivolge al sindacato. Lui prende a picchiarla di più. Un bel giorno lui si trasferisce (diciamo che scappa) e a lei arrivano una serie di fatture da pagare. Moltissimi soldi che lei non ha e non può reperire. Così e per fortuna viene a contatto con donne italiane e queste le consigliano di procedere per vie legali. Denuncia lui per truffa, ottiene la carta di soggiorno e lotta per avere la bambina in affidamento. Lei ora sceglie cosa fare della sua vita. L’unica cosa che la tiene per il collo è il lavoro. Vale a dire che ora si può dire di lei che è arrivata ad avere un livello di consapevolezza simile a quello delle italiane e gli stessi svantaggi di ciascuna. E' diventata una di noi. Che culo!

L’altra donna di cui vi voglio parlare viene da Cuba. Lui ha fatto tutta la trafila per “comprarla” pagando tutto quello che c’era da pagare allo stato cubano. Ha speso molti soldi per amore. L’ha sposata e lei gli ha dato una figlia. Lei nel suo paese era una ballerina. Ha lasciato un figlio e tutta la famiglia. Lui l’ha sistemata in una bella casa di lusso. Non le permette di prendere la patente. La chiude in casa quando lui è via. La lascia sempre senza un soldo. Però ha dato una mano ai suoi. Ha comprato una casa a nome del figlio per loro a Cuba, manda regolarmente dei soldi per farli vivere meglio e poi permette a lei di tornare da loro almeno una volta l’anno per le vacanze. Ma lei ritorna e da “causa di sostegno al popolo cubano” si trasforma in quella che è: una donna con desideri ed esigenze.

Lei vorrebbe lavorare e lui non glielo permette. Lei vorrebbe fare l’insegnante in una scuola di ballo ma lui dice che no, non lo deve fare. Lei vorrebbe portare con se’, in Italia, il figlio. Ma lui non vuole garantire per lui ne’ vuole adottarlo. Paga per tenerlo lontano. Lei pensava di trovare una famiglia e invece ha trovato un uomo pieno di nevrosi e ossessioni che non le permette di realizzare nessun livello di autonomia per paura di vederla scappare con la cittadinanza italiana oramai acquisita in tasca. Lei ha una figlia piccola ed è combattuta perché se torna a Cuba deve mollare la piccola e se resta in Italia non vede suo figlio. Qualche volta lui la picchia e lei allora si è rivolta ad una associazione che le ha spiegato che se lo lascia il problema sarebbe l’affidamento della bambina. Una figlia di italiano in genere non viene affidata alla madre cittadina di un altro stato che può portarla via lontano.

Quindi lei resta, prigioniera del suo stesso sangue, della sua voglia di futuro, del cuore che le si stringe senza gli odori e i colori e i suoni e i canti e i balli che l’hanno nutrita per anni. Resta prigioniera di un uomo che ha pensato bene di fare un ottimo affare e che sfamare donna e famiglia cubana fosse un costo ragionevole per meritarsi una serva tuttofare per lui e la madre anziana (perché di mezzo c’e’ pure la funzione di badante non retribuita).

Una bella serva tutto pepe, bellissima, caliente e in grado di partorire. Per questo lui vuole un altro figlio e lei non sa come fare per evitare che questo accada. Perché se lei dice di no pare che un po’ si arrabbi. Così le donne alle quali è permesso di avvicinarla la riforniscono regolarmente di pillola anticoncezionale. L’unica scelta che può fare – sempre che lui non la scopra dato che la fa sottoporre a visite ed esami da un medico di sua fiducia – è quella di non diventare ancora una macchina produttrice di figli, con l’aiuto di complici e con il senso di impotenza che viene fuori dal non potere fare nulla di più. Se questa può essere definita scelta. Che grandi risate!

Donne e buoi dei paesi tuoi pare non essere più il detto plausibile per guidare la scelta degli uomini di oggi. Meglio donne e buoi di paesi dove le donne vengono cresciute "senza grilli per la testa" e non come certe "sgualdrine" di qui.

Quindi donne che non dovrebbero essere trattate da vittime ma in qualche modo lo sono. Che non dovrebbero essere condannate a rimanere tali. Questi uomini sono educati anche da ogni pezzo delle istituzioni a essere quello che sono – e questa non è una giustificazione, non è un alibi, ma per gli uomini intelligenti dovrebbe essere la spinta a capirsi meglio per crescere in altre direzioni – e se non si cambia impostazione al modo di mettere pezze su questo enorme problema non ci saranno mai uomini migliori. Solo donne che smetteranno di lamentarsi e torneranno a sopportare salvo quei casi in cui le donne non decideranno invece di fare a pezzi i propri mariti senza neppure potersi avvalere della legittima difesa. Alle donne cittadine del mondo spetta la possibilità di essere autosufficienti. Di essere libere di scegliere. Ridiamo pure di tutto, purchè non sia una risata quella che "ci" seppellirà.

[e.p.] 

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Precarietà.


5 Responses

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  1. Andrea says

    … mamma mia quanto hai scritto …!!
    devo prendere mi un po’ di tempo per leggerti…
    ciao

  2. alba says

    ah … ci son riuscita …
    ieri sera ho fatto il mio commento ma… niente! e adesso non ricordo… era sul diritto di etc… che è diventato il bisogno…

  3. alba says

    non rieco mai a commentare

  4. lilja says

    ciao fika! domani siamo in radio!! ascoltaci, mi raccomando!!! http://paoloechiaro.wordpress.com/2007/04/02/martedi-3-aprile-qtmm-in-radio/

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  1. no alla violenza sulle donne linked to this post on Giugno 11, 2008

    10/06. Pesaro: Per sfuggire al compagno che la picchia si getta dal balcone. E’ accaduto a Pesaro. L’uomo era ubriaco. La donna, una cittadina italiana di 38 anni, di origine brasiliana, è stata soccorsa dalla polizia, che ha arrestato C.M., 31