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Il personale/politico e l’equilibrismo ideologico

I contorsionismi per fare rientrare ogni cosa nel filo della coerenza ideologica sono, a mio parere, spesso fisicamente e psicologicamente insostenibili. Specie se questo riguarda il personale che deve affrontare l’ascesa traballante verso il politico.

Un po’ tutt* abbiamo questo problema e a volte il solo farci caso diventa un’arte sadica. Un modo di infierire dentro vite che una volta scoperte subiscono la stessa fine dei palloncini: si sgonfiano.

A quel punto le possibilità sono varie. Ne rammento tre: il corpo spogliato scappa perché improvvisamente si è ricordato di avere un impegno; o resta e scambiandoti per un novello confessore cerca in tutti i modi di ottenere una assoluzione; oppure resta e con lo sguardo perso e disorientato ti guarda disperato e cerca una risposta, qualche parola di incoraggiamento, una direzione…

A volte, anche se le contraddizioni saltano immediatamente agli occhi, vale la pena tacerle perché gli equilibri delle persone si fondano su così poche cose e distruggerle senza dare una alternativa, o senza essere pronti ad assumerci la responsabilità di dare un sostegno, è puro esercizio narcisista. Una roba di vanità dell’intelletto che si esercita a cercare indizi, scrutando, interpretando, denudando, fino a che sazio e oramai privo di curiosità da soddisfare non rivolge altrove la propria attenzione.

Altre volte, per difenderci, per cambiare qualcosa che non ci piace così com’e’, perché capiamo che le persone che ci stanno di fronte sono abbastanza forti e intelligenti da sfruttare quegli stimoli per farci qualcosa di buono per se’, vale invece la pena svelarle. Contribuire a svelarle. Ed è in quel caso che da spettatori si diventa artefici di qualcosa. Come un pittore che raschia una copertura improbabile da una tela che poi rivela un meraviglioso dipinto. Come ad averci un pennello in mano con il diritto ad aggiungere un tocco, un colore, una sfumatura che prima non c’era.

Di equilibrismi ideologici, dissociazioni tra l’essere e l’apparire, ne esistono svariate forme. Molte riguardano il nostro privato. Sezionarlo può essere un modo per adempiere ad una responsabilità individuale ma anche collettiva. Può essere la maniera per iniziare da un punto che sia quello vero a partire dal quale si possono fare progetti, piattaforme, programmi, strategie di lotta politica.

Ho conosciuto molti uomini che erano bravi compagni, militanti seri e poi gestivano le loro relazioni private come se fossero stati dei seminaristi in erba, posseduti dai sensi di colpa e dall’incapacità di affrontare se stessi. Ho conosciuto uomini di sinistra che picchiavano le proprie compagne, e questo sarebbe niente perché ciò che è peggio è che costringevano le donne a non dire niente a nessuno perché non fosse indebolita la propria immagine pubblica. Ho conosciuto attivisti, eroi delle battaglie collettive, che hanno succhiato sangue a compagne di cui pure comprendevano e conoscevano tutte le debolezze.

Uomini paraculi che sfriculiavano consapevolmente donne inclini alla dipendenza psicologica con giochini a lascia e molla, dove era tutto un tempo dell’attesa, un “ti chiamo io” senza specificare il quando, il dove, il perché. Compagni che sfruttavano teoremi di modernità e pezzi di retorica politico ideologica da applausi per farsi più donne contemporaneamente e in questa lieta gestione dell’harem personale ogni tanto si permettevano anche di far sentire in colpa qualcuna delle tante perché osava rivendicare un po’ di personale rispetto per se’.

Certo, le storie si vivono in due (o in dieci a seconda della consistenza dell’harem) e quindi la responsabilità è da dividersi equamente. Personalmente penso che chiedere rispetto equivale a non averlo. Alcune situazioni per le donne sono davvero da copione e se una donna esige rispetto dovrebbe solo alzare i tacchi e smettere di aspettare. Tra l’altro pare che chi si diverta a giocare con la predisposizione alla dipendenza altrui sia lui stesso incline alla stessa cosa. E se la teoria è vera allora se lei lo manda a qual paese lui farà di tutto per riportarla all’ovile o diventerà un agnellino in men che non si dica…

Ahi ahi, le rubriche dei settimanali di cose di femmine che leggo dalla parrucchiera ogni tanto fanno un tutt’uno con la sociologia dei gruppi di Canetti e con la psicologia delle relazioni della Irigaray. Vediamo se riesco ad arrivare al punto.

Dicevo degli equilibrismi, delle coerenze. Delle donne, che posso dire delle donne? Facciamo gli stessi giochini. Godiamo delle fascinazioni e delle dipendenze. Manipoliamo e teniamo il controllo. Gliela do, non gliela do. Oggi gliela do. Anche se quando accade che in una relazione una donna non vuole esercitare alcun controllo e semplicemente è lì pronta, disponibile, partecipe, reciproca che non fa giochini di nessun tipo: allora l’omo quasi si scandalizza, o si stupisce, o si blocca e non sa che fare perché è così abituato a pensare che le donne la danno e la tolgono quando piace a loro che non sanno che farsene di una donna attiva/passiva, co-attiva: nel senso di attiva insieme, soggetto/oggetto, reciproca come mai avrebbero immaginato che potesse essere.

Allora o è una che la da facilmente, la da troppo, ha troppo spirito d’iniziativa o vuole dominare. Cioè, se lui chiede: pompino, e lei subito fa pompino, la prima cosa che alcuni uomini potrebbero rispondere è che così non c’e’ gusto, “no, non così, aspetta”, con calma, si perde il gusto della seduzione, “mi smonti”, passa il desiderio. Oppure lei fa pompino e lui la guarda quasi con disprezzo, come se lei fosse una puttana, una che siccome si è concessa così presto (perché pare sia ancora una questione di tempi) allora è da gettar via dopo l’uso. Nulla di universale. A volte accade. Che altro fanno le donne? Ma si certo, come ho fatto a non pensarci prima: le mamme.

Le donne sono anche mamme di figli maschi. Ecco, qui si apre un capitolo terribile che ci coinvolge più o meno quasi tutte. Le mamme di sinistra, quelle belle toste, compagnone, in realtà rischiano/rischiamo di vedere diventare i nostri figli membri attivi di forza italia come gesto estremo di reazione a metodi educativi coercitivi, poco intelligenti e devastanti sul piano affettivo. Affronterò con dovizia di particolari la questione della maternità in presenza di figlie femmine in un prossimo futuro.

Al momento mi interessa rilevare le incoerenze grossissime delle mamme in presenza di un figlio maschio. La domanda è: ma perché non lo scopano subito così la fanno finita, lui capisce se lei chimicamente è compatibile, se gli piace o no e almeno smette di guardarla come fosse la madonna che si desidera ma non si tocca indi per cui si sublima. Lei d’altro canto può essere che dopo l’amplesso si convince che lui non è poi questo granchè o di non essere il suo tipo (o di esserlo, chi lo sa) e finalmente lo lascia in pace. Sarebbe la fine di un incubo, non credete? Le mamme compagne (e per fortuna conosco mamme meravigliose che hanno regalato ai propri figli risorse altrettanto meravigliose) sono davvero incredibili.

Per un verso si dichiarano aperte, amicone, comprensive, al passo coi tempi. Per l’altro invece appena parlano della donna con cui sta il figlio i termini diventano offensive per la loro stessa intelligenza. Ho sentito donne sagge, intellettualmente vivacissime, sproloquiare in maniera del tutto insensata su “quella lì che gli sta togliendo la serenità e l’appetito…” o su “quella zoccola che lo vuole incastrare facendosi mettere incinta” o ancora  su “quella con la puzza sotto il naso, chi si crede di essere per non permettere a mio figlio di passare le feste con la famiglia ? (dove per famiglia si intende con lei, la madre)”.

In un modo o nell’altro queste mamme trovano sempre il modo per restare ficcate dentro la vita dei propri figli. Anche se sono andati a vivere da soli. Anche se sono andati a vivere in compagnia. Anche se si sono trasferiti lontano lontano. Anche se vivono con una donna e stanno pensando di avere un figlio. Le affermazioni di autonomia di questi poveri figli finiscono nello stesso momento in cui portano il bucato dalla mamma o nel momento in cui devono passare la serata a cena con la mamma perché lei vuole condividere con loro quella tal cosa. Restare accanto ai figli non è cosa brutta, non credo lo sia.

Il problema è che le mamme rispetto ai figli stanno posizionate sotto, sopra, davanti, dietro, dentro e fuori e persino attorno al letto. La mamma è la tetta succhiata, la carne spiata, la voce udita, la carezza ambita o negata, la frustrazione ricevuta e il desiderio soddisfatto. La mamma è quella che determina i gusti delle donne dei figli e se non li determina impara il mestiere dell’amica delle donne del figlio. In qualche modo lei c’e’. C’e’ sempre.

E già solo questo in parte spiega la misoginia di molti uomini, che se si sono sentiti trascurati rivolgeranno astio verso le donne determinate, economicamente a posto e professionalmente realizzate e se si sono sentiti ammaliati avranno una costante sete d’amore che mai nessuno potrà colmare. Cazzate, lo so. E’ possibile. Ma forse non sempre. A volte può essere così.

Perché lei – la mamma – lo ha castigato, protetto, martoriato, ricattato, amato, dimenticato, trascurato, desiderato, sostituito, usato come sostituto, usato come palliativo surrogato di un uomo che magari non c’era. Per la mamma la compagna del figlio è l’altra, e come si addice alle migliori esperienze di poligamia la prima donna della famiglia si accinge ad accogliere la nuova compagna con lo stesso spirito con il quale si intende lasciare spazio solo a questioni carnali alle quali per vari motivi ella non può adempiere (se potesse, se ne avesse il coraggio, sarebbe tutto a posto).

Solo per questo la mamma si rassegna nonostante gli sguardi amorevoli inviati perennemente in direzione del figlio e i conflitti aperti con la donna che di quel figlio le toglie l’attenzione. Cio’ nonostante spesso accade che le renda la vita impossibile o che ci provi fino in fondo. Mettendo il broncio, instillando sensi di colpa, muovendo i soliti ricatti, fingendo svenimenti e problemi di salute.

E quel figlio, poveraccio, si ritrova pure lui da uomo magari colto e intelligente a ragionare con la propria donna di cose del secolo scorso, perchè: La mamma non si tocca, la mamma è meglio, la mamma conta sempre, la mamma da una mano, la mamma ha chiesto di essere chiamata ogni giorno, che male c’e’ se la mamma mi chiama ogni giorno? E’ perché mi vuole bene, no?

I figli di queste mamme sono rovinati o meglio rovinate lo sono anche le donne che si innamoreranno di loro. Invece ho trovato mamme molto più serene nell’accettare l’omosessualità del figlio. Avere a che fare con il suo compagno maschio non mette in moto sentimenti competitivi e distruttivi. Almeno fino a quando non capiscono che il “nuoro” o la “genera” può essere più "prima donna" di una first lady biologicamente dotata di fica.

Concludendo ma senza conclusioni: parlando allora di equilibrismi ideologici, o – in presunta fase post ideologica che guarda alle complessità senza pregiudizi – di esercizi di coerenza, le donne, le mamme hanno un bel po’ di problemi. Anche i figli però non scherzano. Hanno un bel macigno di cui liberarsi. E i mondi lesbici? Sono più tranquilli? Lo vedremo alla prossima puntata 🙂

 

[e.p.]

Posted in Corpi, Fem/Activism, Pensatoio, Personale/Politico.


4 Responses

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  1. FikaSicula says

    Ciao Cloro, 😉
    Benvenuta!
    Purtroppo non sei la sola a cui è successa questa brutta cosa. Ne ho conosciute tante e io stessa ho avuto i miei bravi problemini con ‘ste bestie dell’onore militante e del disonore privato. Soldati che se cominciassero a pensare meno in slogan e a mostrare qualche incertezza nelle assemblee politiche forse si scioglierebbero anche nel privato a partire dal fatto che accetterebbero quantomeno l’ipotesi (non dico la verità) che forse forse non sono poi tanto perfetti e che avrebbero svariati motivi per rimettersi in discussione.
    Per le donne si sono d’accordo. dovrebbero assumersi la responsabilità di lasciar perdere gli amori morbosi, i pezzi di privato malato. Solo che molto spesso tutto ciò corrisponde a distorsioni che abbiamo dentro e se non superiamo quelle è difficile riconoscere all’esterno quello che non va bene per noi. sai quante volte ho sentito donne, pure intelligenti e colte e politicizzate, dire che se il tipo con cui stavano tirava su le mani dovevano pur avere una ragione per farlo? tante, troppe. e già era una conquista che ne stessero parlando perchè spesso non se ne parla perchè ci vergogniamo. perchè le nostre vite perfette non devono mostrare la minima crepa, perchè in fondo anche noi abbiamo qualche problema a mostrare la differenza tra le nostre vite, quelle reali, e quello che ci propina la pubblicità.
    magari ci scrivo un post 🙂
    bello stimolo…
    grazie!
    a presto

  2. Cloro says

    Grande, meraviglioso post, anke se l’ultima parte l’ho letta sommariamente xkè ho 2 figlie femmine,
    Mi è piaciuto quella dei veri compagni che picchiano le donne.
    A me è successo. 2 volte. E avevo pensao che sarebbe stato meglio stare con un fascio che non menava, che con un compagno che mena.
    Dalle esperienze devastanti vissute in qs situazioni, sono diventata una paladina della libertà di parola.

    Beh, la qualità, la non vigliaccheria, di un uomo la si evince solo dal suo comportamento complessivo. Le contraddizioni vanno elaborate all’inizio. E spesso è doloroso, ma si conclude quanto sia meglio, per la vita di tutti, andare per la propria strada,
    E’ meglio una libera solitudine , che un’ “amorosa” schiavitu’. Per quel che mi riguarda questa non è una banalità da bar, ma una verità della mia esperienza.
    E’difficile parlare dell’universale, cioè di cosa sarebbe bene per tutti. Ma i contributi di vita qualcosa valgono.
    E le donne dovrebbero assumersi la responsabilità di non dover avere a che fare col peso delle contraddizioni che condivide con l’uomo che “ama”.
    E’ una forma malata, nevrotica di amore, quello che ci dicono che sia. Quel sentimento che ci educano a coltivare. Una pubblicità di apparenze che richiama al dono incondizionato. Questa comunicazione “di massa” ha facile presa su chi è preda di sensi di colpa di matrice giudaico-cristiana.
    Cioè su tutte quante noi.
    Ciao
    Cloro

  3. FikaSicula says

    Ciao Phoebe, 🙂
    quello che dici tu succede in milioni di case. In una casa con due figlie femmine non riuscite proprio a parlare di sesso neppure tra voi?
    Il problema è che si fanno grandi enunciazioni su ogni questione che avviene fuori e poi dentro le nostre case spesso avvengono cose che quasi pare che non siamo noi a viverle.

  4. phoebe says

    In casa mia siamo due figlie femmine e di sesso non se ne parla. Figuraimoci di ideologia. Riusciamo a litigare solo perlando di PACS e mia sorella si sente negli anni’50 per ipocrisie ed ideolodia (dis)applicata alla realtà.
    Certo è che i maschi fan sempre quel che dice mammà, anche inconsciamente.
    Quiando se ne discostano il senso di colpa li devasta. Per 5 minuti, poi passa.