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La sconosciuta

Che dire dell’ultimo prodotto di Tornatore: mi piace di più Quentin Tarantino. Almeno quello si capisce che fabbrica caricature. “La sconosciuta” è un film – sangue a parte – che può piacere a mia madre. I suoi  modelli di riferimento sono Amedeo Nazzari e storie come “Catene”.

Certo, la protagonista del film non somiglia a Yvonne Sanson. Non recita allo stesso modo. E’ bravissima, nulla da dire. Tutti bravi. A parte Placido che è oramai troppo preso dai ruoli caricaturali a tal punto che non riesce a gestirne uno come si deve. Un noir con una bella trama, bella musica. Tutto perfetto. Un ottimo figlio della “migliore cinematografia italiana”, come è stato definito. Ma di donne, Tornatore, potrebbe fare a meno di parlare.

Oltretutto lui stesso ha dichiarato di essersi ispirato ad una storia vera, tirata fuori da un articolo di cronaca. Solo che nella realtà la donna che sfornava figli a pagamento era d’accordo con il marito. Entrambi, infatti, furono arrestati. Ma andiamo con ordine.

C’e’ una donna ucraina, la protagonista. C’e’ un pappa, un magnaccia, schifoso più dello stesso schifo. La sconosciuta arriva in una città con un obiettivo ben preciso. Stare vicina alla figlia partorita e venduta ad una coppia di acquirenti. Di pargoli ne aveva sfornati altri otto, ma le interessava solo l’ultima perché era figlia dell’ammore.

Sex worker per costrizione e con un protettore/sfruttatore che sembra unto di grasso di maiale dall’inizio alla fine del film, la sconosciuta incontra un bel giovine. Lui si innamora di lei e le dice che le vuole fare cambiare vita. Lei ovviamente ricambia perdutamente quell’amore a tal punto che dimentica di usare la protezione mentre fanno sesso e resta incinta.

Il magnaccia, che è cattivo cattivo – più cattivo di così non si può – le da una leccata e dopo aver ammazzato l’innamorato porta via alla donna il frutto dell’ammore. Anzi quell’uomo schifoso fa di più: si mangia qualcosa che forse è una coscia di pollo fritta (non era quella, ma Tornatore ha perso un’occasione nel non inserire anche questo delizioso elemento) e nel frattempo grida alla sconosciuta partoriente (posizione orizzontale a letto, gambe divaricate, urla sovrumane e sofferenze immani – alle ultime un po’ credo ma in quella poltiglia trash sembrano non credibili pure quelle) “e spingi, spingi. Spingi…” mentre l’ostetrica tamarra si fa una risata.

Non ci crederete, ma fuori dal posto dove la fanno partorire c’e’ una danza tribale con delle facce da scugnizzi che ballano attorno alle loro auto. Dagli sterei a tutto volume esce fuori musica da rave. Se Tornatore – in questo passaggio – inseriva anche un poco di droga eravamo apposto. Tutti i clichè al posto giusto e il male da una parte sola.

La sconosciuta ovviamente è una santa che per santitudine (certo uno così lo avrei preso a forbiciate pure io) piglia a forbiciate il magnaccia e gli fotte i soldi. Per la stessa santitudine si infila nella vita di una famiglia borghese credendo fosse quella che s’e’ presa la figlia dell’ammore. Da sex worker ingenua, romantica e innocentemente sfruttata lei si trasforma in una stratega macchiavellica con una cultura generale talmente vasta da poterla fare accedere (in lingua italiana) a importanti testi di neurologia. Attraverso quelli lei capirà come risolvere un grosso problema di equilibrio fisico della bambina.

Prima di arrivare a farle da balia fa cadere – ma con dispiacere che traspare dal suo volto – dalle scale la vecchia governante, che resta un tantino tetraplegica a vita. Il richiamo materno era così forte da impedirle di ragionare e leggere per bene le carte – che scopre – su una richiesta d’affido della famiglia (verso un altro bambino) dalla quale si dovrebbe anche dedurre che la bambina non è quella che le è stata tolta. Però è in grado di studiare testi di neurologia. Tornatore, insomma, ha da decidere se questa qui sapeva leggere oppure no.

Infine il magnaccia (che ha affibbiato alla sconosciuta il nome di Georgia – e rispunta dall’oltretomba facendole ascoltare al telefonino la canzone dedicata allo stato americano – che due palle!) riemerge e si scopre che non è morto. Rivuole i soldi e fa fracassare di legnate la donna nel caso non capisse come stanno le cose. Le reinfila una linguaccia in gola e poi la punisce togliendole dalle balle la madre adottiva della bambina.

Poi lui è incazzatissimo perché lei non gli da i soldi e lo prende per il culo. Lei gli da un colpo di pala in faccia e lo ammazza, di nuovo. Infine viene arrestata perché ritenuta colpevole dell’omicidio della madre della bambina. Il protettore aveva lasciato alcune tracce un po’ inverosimili per far risalire a lei. Una scarpa rossa con il tacco a punta – che lei ovviamente porta sempre con sè a monito di come stava male nella vecchia vita – è la geniale trovata del regista. A me è sembrata una tamarrata, una tasciata, l'ennesima forzatura da splatter che splatta in modo ridondante.

Lei svela tutta la verità e prima di finire in galera va a trovare la bambina che sta in un ospedale (scena commovente strappalacrime, “catene” appunto). Quando esce dal carcere quella bambina oramai diventata donna, ricca dei soldi che la sconosciuta le aveva piazzato su un conto, la aspetta e le sorride come se tutto quello che era successo fosse solo una sciocca parentesi. Patetico.

I buoni sono buoni, i cattivi molto cattivi. Gli sfruttati sono sempre vittime oppure sono colpevoli. L’unico ruolo credibile mi è sembrato quello recitato da Haber, una specie di traffichino sfruttatore delle badanti. Fa la parte di un procacciatore di lavoro in cambio di metà della paga che compie anche un tentativo abbastanza goffo di molestia sessuale. Ma Haber è bravo di suo, quindi non so se il ruolo è stato disegnato così o è venuto bene a lui.

La famiglia borghese del film non mi piace. Le donne che hanno le badanti nella realtà fanno di tutto per sembrare buone, anzi generose. Non sarebbero mai altezzose come forse lo erano le nobildonne di un tempo nella cultura tramandata dagli uomini. L’uomo di quella famiglia borghese sembra pure un brav’uomo. Un pochino indifferente ai bisogni della figlia ma un brav’uomo.

Cioè: Tornatore non sa descrivere gli uomini. O sono troppo cattivi o sono troppo buoni a tal punto da apparire insignificanti. Tornatore non sa descrivere neppure le donne. La sex worker era davvero ridicola nella scena in cui scavava in mezzo all’immondizia per cercare il corpo del suo amore ammazzato. La signora borghese pareva una aristocratica della corte di Luigi XIV. La bambina pareva avere ottanta anni per come capiva e reagiva alle strategie educative della sconosciuta. L’ avvocatessa sembrava ok ma mi piace l’attrice e quindi non so se sono obiettiva.

Tornatore scade nella solita divisione binaria e attribuisce alla donna, madre, partoriente, etc etc qualcosa che non necessariamente c’e’ e che viene da quello stesso retaggio culturale che impedisce alla nostra cattolica nazione di immaginare che una coppia gay possa mai crescere un figlio pure se non l’ha partorito. La donna che partorisce non è la madonna. La madre è così tanto madre o è vista come la grandissima madre solo da figli irrisolti, simil incestuosi, adorati da quella stessa madre che morbosa si appropria della vita dei figli maschi facendosi santificare da loro. E’ un tema vecchio quanto il cucco.

Gli uomini che trattano di maternità hanno troppo spesso la vista annebbiata dalla loro concezione di maternità e da quella che la madre mistificando ha raccontato loro. Le figlie femmine invece sanno o dovrebbero sapere che le loro madri non sono mai state e non saranno mai delle sante.

Invece, sulla finta attenzione al tema delle nuove schiavitù: La vera grande scommessa dovrebbe essere quella di raccontare di donne straniere massacrate, ricattate, fatte a pezzi da tante istituzioni e da tanti rappresentanti di associazioni cosiddette umanitarie. In Italia vi sono esempi terribili in questo senso. Una donna ucraina che uccide un cittadino italiano anche se la massacra di botte e la fa prostituire non avrebbe mai una seconda occasione. Sarebbe uccisa, martoriata, rimpatriata subito dopo la galera. Altro che incontri consolatori con le figlie disperse. Se Tornatore vuole parlare di temi sociali che riguardano le donne migranti: che almeno si documentasse meglio.

Personalmente sono stanca di vedere film simil americani che tracciano vite per niente complesse. Io i film non li so fare ma giuro che proverò a scrivere storie che vadano in tutt'altra direzione.

 

[e.p.] 

Posted in Pensatoio.


4 Responses

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  1. FikaSicula says

    Ciao Zambini. 🙂
    Grande che tu abbia idee divergenti!
    La cosa bella è che al mondo ciascuno dovrebbe poter avere visioni divergenti, anche confliggere senza censure reciproche o egemonie di qualunque tipo. Ognuno ha una visione soggettiva delle cose. E non è che gli altri che la pensano in modo diverso sono idioti perchè io sono la più figa di tutt*. :))))
    Sono molto contenta che tu abbia letto, commentato e definito la tua diversità! Grazie.

  2. Zambini says

    ho torvato il film più che dignitoso…una storia toccante…e un ottimo placido. Abbiamo idee divergenti 😉

  3. FikaSicula says

    Ciao galantuomo.
    Grazie! 🙂
    Sono contenta che ti sia piaciuto…

  4. galantuomo says

    bellissimo pezzo