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Beatriz Preciado, Noi diciamo rivoluzione

untitledDa Incroci De-Generi:

Transfeminismos. Epistemes, fricciones y flujos è un’antologia che raccoglie i contributi di militant@ transfemminist@ allo scopo di cartografare una serie di discorsi, pratiche politiche e produzioni culturali legate al femminismo e alle lotte di liberazione sessuale e di (dal) genere che abitano attivamente i movimenti sociali dello Stato spagnolo. […] Non è tanto una raccolta compilativa delle pratiche e delle rivendicazioni del trans (o nuovo) femminismo, quanto un archivio per dare spazio a quelle voci invisibilizzate dal femminismo mainstream, voci che sfidano le forme del sapere scientifico e del pensiero istituzionale. Il volume si presenta quindi come un impegno  per la ri-creazione e la ri-costruzione di esperienze e saperi sovversivi, di  memorie politiche al servizio di chi lotta negli interstizi del femminismo.

Di seguito, la traduzione del prologo scritto da Beatriz Preciado

NOI DICIAMO RIVOLUZIONE

Gli esperti di analisi politica si sono accorti dell’inizio di un nuovo ciclo di ribellioni sociali che sarebbe cominciato nel 2009 come reazione al collasso dei mercati finanziari, l’aumento del debito pubblico e le politiche di austerità. La destra, composta da un non sempre riconciliabile sciame di manager, tecnocrati, capitalisti finanziari opulenti e monoteisti più o meno spodestati, oscilla tra una logica futurista che spinge la macchina della Borsa verso il plusvalore e il ripiegamento repressivo del corpo sociale che riafferma la frontiera e la filiazione familiare come enclavi di sovranità. Nella sinistra neo-comunista (si vedano Slavoj Zizek, Alain Badiou e compagnia) si parla del risorgimento della politica emancipatoria su scala globale, da Wall Street al Cairo, passando per Atene e Madrid, ma si annuncia con pessimismo l’incapacità dei movimenti attuali  di tradurre una pluralità di domande in un’unica lotta antagonista. Zizek riprende la frase di William Butler Yeats per riassumere la sua arrogante diagnosi della situazione: “I migliori scarseggiano di ogni convinzione, mentre i peggiori sono colmi di appassionata intensità”

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Nel nome del padre di mia madre! (ma i figli sono utili al capitalismo)

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Da Abbatto i Muri:

Leggo dal testo di una petizione, pubblicata sullo sfondo di vari simboli tricolore, lanciata dalla signora Natoli, da tempo impegnata su questo tema, e firmata in primo luogo da un tot di persone di varie formazioni politiche che vanno da SeL, Pd, al centro destra, inclusa la Mussolini, questo passaggio:

La registrazione anagrafica di un figlio avviene in concomitanza con la nascita e poiché il cognome sancisce la relazione di appartenenza a un’area familiare e questa è inizialmente configurabile ESCLUSIVAMENTE mediante la relazione psicofisica col genitore gravido che partorisce, chiediamo che PER PROSSIMITÀ NEONATALE il cognome di quel genitore sia il primo dei cognomi del figlio, senza che tale posizione possa incidere sulla futura libertà del figlio di scegliere quale dei suoi cognomi attribuire alla propria discendenza.

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Sono una #switch: stigma e giudizio morale violano la mia libertà di scelta!

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Da Abbatto i Muri:

Questa non è una semplice intervista. Non è neppure una confessione a luci rosse buona per saldare stereotipi e morbose fantasie. E’ una boccata d’ossigeno, una chiacchierata in libertà tra me e Red Hannah, che non si presta a stigmi di alcun genere e giudizi, ovviamente, non ne attende. E’ Red Hannah che mi racconta il suo punto di vista su un frammento, intimo, riservato, su un aspetto della sua vita, ché certamente non si esaurisce in questo. Io la ringrazio di questo regalo e spero lo gradirete anche voi. Buona lettura!

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1] Raccontami qual è la tua identità immaginaria, quella nella quale ti riconosci. Chi sei, quali sono le parole che ti appartengono e cosa pressappoco ti fa smettere di respirare per piacere o panico sociale. 

Come essere umano ho un’identità legale, un’identità virtuale, qualche giorno a settimana un’identità attoriale e ne ho una diversa per ogni persona con cui mi relaziono. Ho anche un’identità BDSM, che probabilmente è quella che si avvicina di più all’idea che ho di me stessa: la completezza dell’esperienza fisica e mentale, l’assenza di contraddizione nel volere essere prima brutalizzata e poi dominare completamente. L’indipendenza che sta nella libertà di chiedere una sessione di cane a una mistress, di implorare in ginocchio una fellatio al mio master o di farmi pregare da uno slave perchè possa adorare i miei stivali tacco 16.

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