Da Abbatto i Muri:
L’aborto è un fatto di liquidi, forse, ieri c’erano e oggi non ci sono più. Ciclicamente sanguini e poi non lo fai più, infine ti si svuotano le vene per raccontare che non hai più niente da temere. E’ un fatto di contatto con il corpo, lo sai, lo senti che qualcosa sta cambiando, la piscia è più voluminosa, vomiti anche quello che non hai mangiato, sudi la precarietà che maledici perché non hai neppure i soldi per pagare un ticket.
Allora l’aborto è un fatto di denaro. Ci sono quell* che raccontano che la vita innanzitutto e poi votano per la privatizzazione di qualunque cosa. La sanità pubblica non esiste quasi più. Se hai un lavoro paghi le tasse ma quando si parla di assisterti in qualcosa che farai comunque allora il “pubblico” diventa privato e gli ospedali hanno soltanto mille reparti in cui o sforni figli o te ne vai ‘affanculo.
E’ un fatto di denaro perché se metti fine all’opera che hai nella pancia non fai Pil. L’economia capitalista si nutre dei tuoi figli e più ne fai più spendi. Pannolini, e ancora liquidi, solidi, vestiti, mobili, libri, futuro, forza lavoro, spese sanitarie, tutto. Così si impegnerà a fare tuo figlio. Giammai potrà sottrarsi a questa corsa perché sebbene il pianeta sia sovrappopolato, sfinito, martoriato, comunque tu hai da superare la tua quota di partecipazione all’aumento del capitale.
E’ un fatto di denaro perché una precaria, migrante, povera, che non ha tempo, modo, possibilità, ancora di più se in clandestinità, di accedere ai servizi normali che sono diventati una enorme corsa ad ostacoli, non può fare altro che prendere un ferro da calza e infilzarsi, ingurgitare un chilo di prezzemolo e provocarsi una mortale emorraggia.