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Economia del sesso non riproduttivo (reddito per la libertà di scelta)

beatieDa Abbatto i Muri:

L’aborto è un fatto di liquidi, forse, ieri c’erano e oggi non ci sono più. Ciclicamente sanguini e poi non lo fai più, infine ti si svuotano le vene per raccontare che non hai più niente da temere. E’ un fatto di contatto con il corpo, lo sai, lo senti che qualcosa sta cambiando, la piscia è più voluminosa, vomiti anche quello che non hai mangiato, sudi la precarietà che maledici perché non hai neppure i soldi per pagare un ticket.

Allora l’aborto è un fatto di denaro. Ci sono quell* che raccontano che la vita innanzitutto e poi votano per la privatizzazione di qualunque cosa. La sanità pubblica non esiste quasi più. Se hai un lavoro paghi le tasse ma quando si parla di assisterti in qualcosa che farai comunque allora il “pubblico” diventa privato e gli ospedali hanno soltanto mille reparti in cui o sforni figli o te ne vai ‘affanculo.

E’ un fatto di denaro perché se metti fine all’opera che hai nella pancia non fai Pil. L’economia capitalista si nutre dei tuoi figli e più ne fai più spendi. Pannolini, e ancora liquidi, solidi, vestiti, mobili, libri, futuro, forza lavoro, spese sanitarie, tutto. Così si impegnerà a fare tuo figlio. Giammai potrà sottrarsi a questa corsa perché sebbene il pianeta sia sovrappopolato, sfinito, martoriato, comunque tu hai da superare la tua quota di partecipazione all’aumento del capitale.

E’ un fatto di denaro perché una precaria, migrante, povera, che non ha tempo, modo, possibilità, ancora di più se in clandestinità, di accedere ai servizi normali che sono diventati una enorme corsa ad ostacoli, non può fare altro che prendere un ferro da calza e infilzarsi, ingurgitare un chilo di prezzemolo e provocarsi una mortale emorraggia.

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#Aborto: abolizionist* del sex working sul carro della lotta pro-choice?

Da Abbatto i Muri:
La battaglia per la libertà di scelta in fatto di sessualità, contraccezione e aborto, rischia di essere l’ulteriore treno unificante che anestetizza le precarie, omettendo la questione fondamentale dell’assenza di reddito, deresponsabilizzando razzismi, da parte di quelle che poco o nulla dicono sulla vergognosa esistenza dei Cie e del reato di immigrazione clandestina, e sdoganando sovradeterminazione da parte delle abolizioniste della prostituzione che subito hanno abbracciato la causa per riaffermare la propria impostazione autoritaria.

Lo dico a ragion veduta perché così si muove la WomenLobby europea e così si muovono le prepotenti neocolonialiste e abolizioniste francesi. Lo stesso, a quanto pare, si avviano a fare anche in Italia nicchie paternaliste e neofondamentaliste che insistono nel disconoscimento dei soggetti quando si parla di sex workers e usano pretesti per accreditarsi in contesti femministi.

Questo è invece il tempo in cui le cause vanno raccontate in senso intersezionale e con la consapevolezza di quel che può avvenire dopo se non ci preoccupiamo delle conseguenze. E’ già avvenuto quando si è parlato di violenza sulle donne omettendo mille concause e tante osservazioni e letture fondamentali che sarebbero state utili per  realizzare soluzioni concrete. Invece siamo lì con una legge che non serve a molto e siamo al punto in cui la parola #femminicidio è diventata un brand buono perfino per vendere calendari in cui la modella photoshoppata con bellezza unica imposta dal target pubblicitario vende mutande contro la violenza sulle donne.

Ragionare di libertà di scelta senza un minimo di consapevolezza è una cosa molto complessa e per quanto io consideri molto coraggiose e stimi per davvero le donne fiorentine che lanciano iniziative collettive sulla questione dell’aborto, ché certo è un passo enorme quello di prendere distanza, dichiarare una rottura, disancorarsi dalle donne antiviolenza che poi incoerentemente sostengono proposte di privatizzazione dei consultori ad opera dei movimento no-choice, direi che serve uno sforzo in più.

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Io zoccola dunque valgo

1173845_637278386291099_1286171987_nda Abbatto i Muri:

Con l’avvenenza o il sesso ho pagato mille cose. Mi sono guadagnata la libertà da un mondo opprimente che non mi piaceva. Ho usato cazzi, uno dietro l’altro, per farne ponti che mi conducessero altrove. Mi sono data delle possibilità. C’era un pedaggio che mi fu dato da piccola al prezzo di due baci. Da lì capii che era semplice ottenere quello che volevo e le uniche a giudicarmi erano altre timorate di Dio ed educate a tenere salde le cosce e stretto l’imene.

Tieni certe capacità buone per il matrimonio, adopera i servizi sessuali come corredo per l’unico uomo che ti avrà come puttana in esclusiva, e regala moniti, bestemmie, ingiurie e stigmi a quelle che non seguono questo criterio, perché i loro corpi appartengono, giammai decidono di attribuirsi un valore e farne un tramite per raccontare e realizzare un’altra storia.

Lo sfruttamento è sfruttamento se non c’è consensualità. Se c’è consensualità non c’è violenza. A quelle che raccontano che poi mi perderò pezzi di figa o tette o culo bisogna dire che se così è allora hanno dovuto rinunciarvi pure loro ché di servizi sessuali, non pezzi di corpo, ne avranno venduti per ottenere qualcosa. Che sia un contributo materiale, la messa in mora della solitudine, una illusione romantica, due figli, onorabilità, la cazzo di rispettabilità degna di status sociali ambiti e riconosciuti, qualcosa certo l’hanno guadagnata. Ci sono quelle che stanno a raccontarmi che cos’è il piacere e dunque io ve lo racconto in larga parte:

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