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Care grilline, siate libere di diventare come le piddine!

da Abbatto i Muri:

Riesumazioni: lettera (disinteressata) alle grilline!

Tra le tante riesumazioni di questi giorni, mentre c’è chi impone ai cattivissimi grillini, tutti, nessuno escluso, di battersi il petto e prostrarsi a chiedere scusa all’universo mondo, c’è anche la retorica della vecchia Snoq che speravamo defunta. Quella retorica che si lascia ospitare da paternalisti alla Lerner, utilizzando gli uomini per fargli dire quel che queste donne vogliono sentirsi dire, sollecitando un cavalierato che speravamo, anch’esso, estinto, il patriarcato buono, quello che ci tutela, noi fragili fanciulle, e poi ci salva. Dal vittimismo sfruttato ad arte dalle navigate donne del Pd si passa subito a riprendersi lo spazio perso, perché di questo ormai si tratta. Approfittare della posizione di forza che l’essere considerata vittima ti dà, a partire dalla quale puoi chiedere tutto, e dunque ecco la raffica di inversioni semantiche e i revisionismi attraverso i quali il femminismo borghese, neoliberista, carcerario, impone la sua prospettiva che certo in tante non condividiamo.

L’appello è offerto alle donne del Movimento Cinque Stelle, ché se non gliela spiegano le piddine la disobbedienza e la libertà ovviamente quelle sono da considerarsi schiave, prive di una propria mente, pensiero, punto di vista. Da brave colonizzatrici le piddine descrivono le donne del Movimento Cinque Stelle come succubi di uomini cattivissimi e sessisti e dunque sono lì a soccorrerle, perché è chiaro che le donne in ogni caso sono sempre vittime e tali vanno considerate all’infinito.

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Sessismi bipartisan

da InfoAut:

Ci sono poche parole da spendere su modi e contenuti dell’attacco sessista a Boldrini da parte del M5S. I fatti sono noti: l’esplicita evocazione, la provocazione allusiva del sottosuolo di immaginari e pulsioni misogine e discriminatorie che nutre l’universo soggettivo e sociale dell’elettorato grillino (e certo non solo di quello!) scatena una fra le peggiori performance di violenza reazionaria della base del movimento. Come gettare un fiammifero in una polveriera. A nulla vale ritrarre la mano e dar prova di buona fede legalitaria e forcaiola (“Querelateli!”). Il compiacimento con cui ci si continua a rotolare come maiali nel fango di una retorica abusante trapela da ogni tentativo di autodifesa. Da Grillo che, accusando Boldrini di uso strumentale della violenza sulle donne (“a noi si e a Renzi no”, come se si trattasse dell’esercizio di un authority super partes, come se la violenza sessista non interpellasse innanzitutto in quanto soggetti) si permette di parlare a nome di un discorso che non gli appartiene; a Messora che tocca il fondo ultimo del discorso sessista, del diritto all’esercizio della violenza: quello di negarla, “nemmeno vali uno stupro”.

Ma vale la pena andare più a fondo. Guardando alle reazioni suscitate dall’episodio, oltre al miserabilismo delle solite retoriche vittimizzanti (vedi la messe di articoli sul cyberstalking) che – facendo appello al lessico della custodia, della difesa, della delega di potere alle istituzioni come unica strategia di uscita dall’oppressione – ragionano all’interno dello stesso campo discorsivo della violenza, salta all’occhio un dato. Da più parti ricorre una lettura che tende a mettere in rilievo il carattere paradigmatico dell’episodio, il quale, colpendo una donna emancipata, integrata nelle istituzioni, esprimerebbe la violenza di un rancore volto alla preservazione delle disparità fra i generi. Boldrini dunque, scatenerebbe la violenza sessista in virtù del ruolo che incarna e della posizione che è riuscita per se stessa a conquistare a prescindere da come lo utilizza o ne abusa. Tale lettura, se si approssima a focalizzare come raramente capita a politici e giornalisti i tratti sistemici di un episodio di violenza – ma c’è da chiedersi quanto ciò dipenda dalla posizione di ceto della donna in questione – non lo fa senza contropartita. Se è infatti innegabile che tali attacchi mirano a colpire Boldrini in quanto donna e non in quanto specifica parlamentare, perché parlano la grammatica misogina di una violenza, quella di genere, che si attacca al corpo, alla vita bruta per spogliarla di autonomia, dequalificarla dei suoi attributi soggettivi e sociali (e connotarla di nuovo), è d’altro canto evidente come l’obiettivo implicito dei commentatori sia quello di rilegittimare di converso l’operato politico di Boldrini e il suo ruolo di cane da guardia delle politiche del governo. La strategia di difesa della “vittima” è da sempre terreno di una lotta fra due istanze d’autorità, in questo caso, fra maggioranza e opposizione.

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Il favoloso mondo di Boldrinì. Democrazia e fascismo su Rieducational Channel

Da QuieteOTempesta:

“Già alcuni decenni or sono ci fu chi offese e bloccò i lavori del parlamento. Già alcuni decenni or sono ci fu chi andò in giro a bloccare i consigli comunali e le istituzioni con questi metodi, distruggendo la democrazia”. A chi si riferisce, parlando del M5S, Laura Boldrini, ospite ieri sera di Fabio Fazio? Ai barbudos di Ernesto Che Guevara all’atto di conquistare il municipio di una nuova cittadina cubana, nella marcia vittoriosa verso l’Avana? O ai rivoluzionari cinesi di appena dieci anni prima, che scioglievano le amministrazioni sul loro cammino, nella ben più lunga marcia che li avrebbe portati a Pechino? O forse ai minatori russi che, negli anni Novanta occuparono la Duma di Boris Eltsin? No, forse si riferisce proprio ai carri armati di Eltsin, che egli mandò a bombardare la stessa Duma… O forse ai bolscevichi che assaltarono il palazzo d’Inverno, o ai franchisti che decretarono la nullità dei municipi eletti dalla giovane e incerta repubblica spagnola, pochi anni dopo, risalendo la penisola? Potrebbe riferirsi ai comunisti cecoslovacchi durante la defenestrazione di Praga, ai gruppi rivoluzionari africani, quando in questo o quello stato hanno occupato e sgomberato gli uffici in nome di un fronte patriottico, ai militari di Pinochet durante l’assalto alla Moneda, ai soldati statunitensi che hanno fatto irruzione nei palazzi di Saigon, di Kabul, di Baghdad, o a quelli italiani e francesi che hanno bombardato quelli di Tripoli, due anni fa.

Non è dato saperlo. Però, quanti esempi di violenza contro le istituzioni, ci rammentano le parole della presidente Boldrini; violenza contro i parlamenti, contro le costituzioni vigenti, contro gli organi locali o nazionali del governo di uno stato. Gli esseri umani perennemente in conflitto, concezioni della politica e interessi che sono un sempiterno campo di battaglia, non di rado nel vero senso della parola: istituzioni attaccate e “umiliate” in nome della rivoluzione o della reazione, del comunismo o del capitalismo, della democrazia o della dittatura, della laicità o della religione, dell’indipendenza o di una forma di colonialismo, del fascismo o dell’antifascismo. La presidente della camera non specifica: forse teme di perdersi in questo profluvio di episodi anti-istituzionali, di ogni provenienza ideologica, sociale o storica; oppure teme di dimenticarne qualcuno.

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