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#ViolenzaSulleDonneE’: la campagna virale che diventa performance artistica!

https://www.youtube.com/watch?v=tWnZyKtBPPM

Francesca Seu: a lei non piace parlare ma lei le cose preferisce scriverle sui muri. Ci ha scritto un bel giorno per dirci che intendeva far diventare la nostra campagna “Violenza sulle donne è…“, quella in cui proponevamo di completare la frase con micro definizioni e micro storie che evidenziassero la molteplice dimensione della violenza, una performance artistica. Ben felici che ciò avvenisse da quel momento Francesca ha portato in giro per varie città della Sardegna, a cominciare da Sassari, questi cartelli da attaccare per le strade invitando le donne a completare quella frase.

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#VogliamoStudiDiGenere: il Corso presso l’Università della Calabria riapre o no?

vogliamostudi

Il corso di Studi Di Genere condotto da Laura Corradi presso l’Università della Calabria è stato cancellato. L’appello fatto affinché fosse ripristinato ha ottenuto quasi 800 firme provenienti da tutto il mondo accademico internazionale, da tanti studenti e studentesse e tantissime persone che si occupano di questioni di genere oltre che da cittadini e cittadine preoccupati del fatto che in Italia le questioni di genere appaiano sempre superflue al netto della spesa quando c’è da tagliare costi presso gli atenei. Il sapere e il pensiero critico delle donne viene considerato marginale, se ne può fare a meno, decenni di riflessione politica, filosofica, economica, storica, e di ogni altro tipo a cura delle donne in tutta Italia subisce più o meno lo stesso trattamento: viene archiviata, congelata, bistrattata, esclusa, razionalizzata, accorpata, e per questo abbiamo sollecitato un censimento per capire quanti e quali corsi esistono, pochissimi, e quanti e quali sono stati tagliati. [Se vuoi approfondire leggi QUI, QUI]

Dalla stessa Calabria arrivano voci abbastanza contraddittorie. Da un lato si denuncia esattamente quanto noi affermiamo dall’altro si minimizza e c’è chi comunica che dopotutto un Women’s Studies esiste già e il fatto che venga cancellato un corso di Studi di Genere non comporterebbe poi nulla di così grave.

Infine l’Università si esprime con un comunicato in cui si afferma che la cancellazione del corso in realtà sarebbe “presunta”, che di questa decisione la Dottoressa Corradi sarebbe stata informata e che basterebbe richiedere la ridefinizione dell’offerta didattica perché tutto torni a posto. Così almeno ci pare di capire.

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L’orribile abitudine di condividere le foto dei fascisti a testa in giù

Da Abbatto i Muri:

Ma anche basta festeggiare questa giornata condividendo le foto di cadaveri di fascisti a testa in giù. Sarebbe un monito? Un segno di R-Esistenza? Io lo trovo lugubre e tremendo. Sono passati tantissimi anni e ogni azione va collocata storicamente nel tempo e nel luogo in cui è stata compiuta. Non c’é processo né paragone rispetto alle brutalità commesse dal fascismo nei confronti di tantissime, troppe, persone inermi. La guerra è guerra e fa schifo di per se’. So anche questo. Ma oggi?

Oggi che quelle immagini diventano feticcio misero a dimostrazione di una memoria che riduce la Resistenza e la Liberazione a quell’unico atto, quel linciaggio, frutto di rabbia, di comprensibile reazione da parte di persone cui era stato tolto tutto, affetti, vita, certezze, futuro, quanto banalizza la memoria di tante speranze, tanta umanità, tanta lotta in difesa di una idea la condivisione di immagini sotto cui i commenti sono “a morte il fascio” o “questa è la fine che farete tutti“?

Oggi è la festa di Liberazione e non la Festa in cui si può dare sfogo ai linciaggi virtuali. Abbiamo amici che sono stati uccisi a coltellate in una aggressione fascista. Abbiamo donne che sono state vilipese e stuprate per insegnare loro ad essere “femmine” quando erano e sono lesbiche e femministe. Abbiamo le nostre storie, i nostri rancori, nessuna voglia di pacificazione sociale. Questo io lo so. Ma i revisionismi si combattono senza riaffermare il valore di una azione collocandola nel nostro tempo e luogo.

Allora io non c’ero. Ci fossi stata non ho idea di cosa avrei fatto. Ho un nonno che fu arrestato perché portava un pugno di grano ai parenti tenuti alla fame da nazisti che chiudevano l’accesso a certi luoghi. Un altro parente incarcerato per le lotte per l’acqua bene pubblico, contro mafie e democrazie cristiane varie, nell’immediato dopoguerra, ho partigianerie familiari che mi raccontano dei liberatori, gli americani, e pure dei partigiani, ché tanto, diceva la mia nonna, venivano tutti a rubare dalla dispensa e ci lasciavano affamati, per quanto lei capisse che le questioni fossero diverse e che il sostegno del popolo alla resistenza fosse necessario ed era di fatto una scelta. Nessuno di loro ha mai gioito di un fascista ucciso.

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