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#Jesolo: La discriminazione contro le bagnine e la campagna contro l’Islam

Da Abbatto i Muri:

Quando leggo una notizia ho l’abitudine di voler capire di più. Soprattutto perché non mi fido fin da subito, con tutta la buona volontà, di titoli come “Niente bagnine a Jesolo, l’Islam si potrebbe offendere: escluse le donne dal servizio anti-abusivi sulle spiagge per difendere l’onore degli immigrati“, oppure “L’Islam padrone di Jesolo, e io boicotto la spiaggia” o ancora “Prepotenza islamica: a Jesolo niente lavoro per le donne. Non sono gradite ai musulmani.“.

Seguono, sempre su fonti di informazione di destra, area leghista o affini: “Non puoi lavorare sulle spiagge di Jesolo per non offendere i Musulmani“, “Solo uomini sulla spiaggia di Jesolo, i musulmani non vogliono le donne“, “Vietato assumere le donne per non offendere gli immigrati islamici“.

L’affermazione che spiega il motivo di questa decisione è:

«Nel 2012 le ragazze hanno svolto benissimo il loro compito — afferma il presidente Federconsorzi — ma abbiamo rilevato che in vari casi sono state motivo di tensione con gli immigrati e non certo per colpa delle operatrici». Il motivo? La diversa considerazione della donna nella religione musulmana. «Abbiamo riscontrato che il musulmano non tollera di essere rimproverato da una donna— continua — la considera un’offesa, si agita, risponde in malo modo, creando situazioni di tensione. E così abbiamo deciso di impiegare solo maschi».

L’aggiornamento alla faccenda è:

Dopo le dure proteste causate dalla vergognosa decisione di non assumere donne per evitare attriti con gli immigrati islamici che vendono abusivamente merci false sulle spiagge di Jesolo, Federconsorzi ha fatto parziale retromarcia. Le donne saranno assunte ma potranno operare solo accompagnate da uomini, il cui compito sarà sostanzialmente quello di difenderle in caso di aggressione da parte degli abusivi islamici.

Seguono dichiarazioni di rappresentanti politici leghisti e del pdl.

Continued…

Posted in Anticlero/Antifa, Comunicazione, Pensatoio.

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Queer : Storia di una parola

Dal blog di Lia Di Peri:

Per chi è cresciuta come bambina lesbica negli anni immediatamente successivi a Franco è difficile adattarsi al successo dell’esplosivo “queer”e alla sua trasformazione in “culturalmente chic”.

Ci fu un tempo in cui la parola “queer” era solo un insulto. Nella lingua inglese, dalla sua nascita nel XVIII secolo, “queer” fu usato per designare quella o quello, che per il suo inutile stato, sbagliato,falso o eccentrico poneva in discussione il buon funzionamentoi del gioco sociale. Erano “queer” il truffatore, il ladro, l’ubriaco, la pecora nera e la mela marcia, ma anche tutti coloro che per la loro particolarità o stranezza non potevano essere immediatamente riconosciuti come uomo o donna. La parola “queer” non sembrava tanto definire una qualità dell’oggetto a cui si riferiva, quanto  indicare l’incapacità del soggetto che parla di trovare una categoria nel campo della rappresentazione che corrisponda alla complessità di ciò che intendiamo definire. Pertanto,fin dal principio, “queer” è piuttosto il segno di un fallimento nella rappresentazione linguistica, che un semplice aggettivo. Né questo, né quello, né carne né pesce … “queer”. Che in qualche modo equivale a dire: quello che io chiamo “queer” è un problema per il mio sistema di rappresentazione, è un disturbo, una strana vibrazione nel mio campo visivo, che deve essere bollata con l’offesa. Fu necessario sospettare del “queer”, come si sospetta di un corpo che per la sua semplice presenza offusca i confini tra le categorie precedentemente divise dalla razionalità e dal decoro. Nella società vittoriana che difendeva i valori dell’eterosessualità come asse della famiglia borghese e base della  riproduzione della nazione e della specie,  “queer” è servita per nominare anche i corpi che sfuggivano all’istituzione eterosessuale e alle sue regole.

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Posted in Comunicazione, Critica femminista, Fem/Activism, otro mundo.

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Riprodursi? Anche no!

forgot-239x300 Da Intersezioni:

Devo ammetterlo, la questione fino a qualche anno fa non mi interessava proprio… Fino a quando sono stata felicemente immersa in quell’età nella quale la riproduzione è soltanto uno spauracchio (la gravidanza da evitare perché troppo giovane) nonché una questione teorica rimandabile (apparentemente, come tutte le cose spiacevoli – dalla calvizie maschile all’artrite) in un futuro molto più ipotetico che reale. Ma compiuto il giro di boa (non ricordo nemmeno esattamente quando), la questione dell’avere figli è diventato come un mantra. Sia chiaro, non per me: io sono rimasta, da quel punto di vista, quella di un tempo. E tra tante idee del cavolo che mi sono state inculcate dal ‘braccio amorevole del sistema’ (la famiglia), fortunatamente l’inevitabilità del mio destino di ‘fattrice-in-quanto-donna’ non ha mai attecchito particolarmente nei miei genitori, e di conseguenza, in me… Si, ecco, loro erano più il tipo ‘diventerai-un’-avvocatessa-rampante-e-spietata-vivrai-nella-grande-mela-e-il-tuo-guardaroba-sarà-come-quello-di-paperino-ma-pieno-di-costosissimi-tailleur (Acc…papà e mamma, mi spiace… you lose!). Così sono cresciuta in maniera un po’ più ‘selvatica’ dal punto di vista delle mie gonadi, considerando la questione maternità davvero molto lontana dal mio orizzonte esistenziale. Poi il tempo passa, ti laurei, inizi (tristemente) a lavorare, vai via dalla casa dei tuoi, ti trovi un compagno più o meno fisso, e il mondo intorno subisce una rivoluzione copernicana. Tic, toc, tic, toc, scopri di avere un orologio impiantato nell’utero… E da un giorno all’altro ti ritrovi tutti nelle mutande, per dirla chiaramente. Familiari, parenti, vicini di casa, perfino datori di lavoro… tutti a chiederti se hai dei figli, se ne vuoi, perché non ne vuoi, cioè, insomma, alla tua età… sei strana. Strana io? Cioè, pensiamoci un attimo: PERCHE’ DOVREI DESIDERARE UN FIGLIO?

Continued…

Posted in Personale/Politico.

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