Da Abbatto i Muri:
Per esempio: Si capirà mai che per parlare di un argomento la prima cosa che devi fare è relazionarti con il soggetto politico che rappresenta quell’argomento? Cioè: se vuoi parlare di sex worker e non riconosci, non ti relazioni, con un gruppo preciso che le rappresenta e porta avanti precise e ineludibili rivendicazioni, come fai a parlare di autodeterminazione? Non è me, che a loro do voce, che sul piano dialettico devi sconfiggere. Non è una battaglia ideologica. Non è la mia morale imposta su altre. E’ con loro che devi parlare senza evangelizzarle. E già immagino il piglio: “sai, credo tu ti stia sbagliando, convinciti che sei un oggetto vittima del patriarcato e se non ti convinci e continui a rivendicare la regolarizzazione del tuo mestiere allora sei complice del patriarcato, dei magnaccia, sei colpevole.” Elucubrazioni dicotomiche paternaliste, infine…
E su questa premessa si fonda il dibattito esistente (ma è un dibattito?) sul sex working dove le sex workers non se le fila nessuno ma c’è una mole infinita di opinioni da parte di chi già al femblogcamp aveva tentato di imporre una morale unica e immagino lo stesso farà a Paestum di quest’anno, appuntamento che si prospetta, per quel che mi riguarda, problematico fin dal principio.
L’osservazione fu fatta già lo scorso anno e so che è stata letta, digerita da chi ci ha anche invitato a parlarne insieme. A proposito delle critiche, una tra tutte, quest’anno mi pare ci siano tutte le migliori intenzioni per fare fronte alla differenza economica tra chi può permettersi di andare e chi no.
Sulla necessità di partire da se’ leggo un interessante intervento che io spero sia tenuto in considerazione. Però ho veramente la brutta sensazione, pronta a ricredermi, che di riconoscimento delle differenti soggettività e necessità di valorizzare l’autorappresentanza, di relazione tra femminismi, non ci sia molta voglia.
Lo dico da colpevole perché non ho avuto tempo, soldi, possibilità per partecipare a confronti e alle assemblee preparatorie e quindi io per prima chiedo scusa se ragiono di questo dando l’impressione di non riconoscere il lavoro di compagne che conosco, apprezzo (parlo delle compagne di Bologna soprattutto) e che in quanto ad inclusione non hanno da imparare nulla da nessuno. Perciò, non avendo certezza di poter partecipare, la questione che sollevo non riguarda loro quanto un umore diffuso tra anime femministe. Un umore che tutte conosciamo, percepiamo, perché ne siamo state in qualche modo oggetto/soggetto/vittime nell’anno trascorso.
Continued…