Skip to content


Consenso informato per affermare le proprie scelte sessuali e relazionali?

sonomiaDa Abbatto i Muri:

Riporto qui un ragionamento cominciato su fb e che secondo me vale la pena di riproporre. Un articolo parla di una ricerca che avrebbe concluso come il libro “Cinquanta sfumature di grigio” inciterebbe agli abusi e alle violenze sessuali.

La discussione che ne è seguita, e sintetizzo, è relativa le opinioni di alcune, non di tutte, ed evidentemente reagisce alla moralizzazione del sentire delle “donne” imponendo una visione unica ammantata di una qualche forma di scientificità. Esattamente come quando qualcuno evoca sindromi assegnando ad esse un qualunque valore normativo.

Prima di tutto mi viene in mente la campagna di FaS sui corpi liberati contro la violenza sulle donne. QUI una delle foto (in coda al post trovate i link ad altre) e QUI trovate il senso dell’iniziativa. Poi: personalmente credo che la moralizzazione della narrazione equivalga sempre ad una caccia alle streghe. Prima bruceranno i manifesti (sessisti), poi i blog, tra una evangelizzazione e l’altra vorranno poi bruciare anche i libri. Riferendoci a questi libri in particolare, semplicemente non li leggo, non li considero peggiori di tanta letteratura e fotoromanzi e fiction e canzoni che narrano l’amore ai tempi del far west in cui lui prende la sua bella e la addomestica. Non li compro. Non li leggo. Non li considero “pericolosi” e non ho alcuna intenzione di censurarli. Quello che serve, semmai, chiarendo che quel che non piace a me di quei libri non è certamente quello che non piace a quei ricercatori, è fare contro cultura, produzione di alternative che sovvertono i modelli dominanti. Perché moralizzazione e censura sono scelte autoritarie, in special modo da parte di chi pretende di sostituirsi al sentire di tutte come fossimo uguali.

Continued…

Posted in AntiAutoritarismi, Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio, R-esistenze.

Tagged with .


Sulle macerie dei Cie

Foto1585da AnarCalabra:

La ragion di stato non coincide mai con quella dell’umana società. Sono queste le parole che vengono in mente ascoltando la ministra Kyenge all’uscita del CIE di Sant’Anna di Crotone. Nelle dichiarazioni della ministra si sente dire: «Io sono per la non violenza, qualsiasi soluzione può essere attraverso dialoghi e sistemi d’ascolto, e ovunque applicate». E ancora, prima: «Bisogna capire i motivi della protesta, non si conoscono le cause. Sono per la non violenza, qualsiasi soluzione può essere attraverso dialoghi e sistemi d’ascolto, e ovunque applicate. Capire le ragioni della protesta, che vanno cercate all’interno del CIE, insieme alle persone che lavorano qua dentro, e quindi non si può dire ha ragione o torto, ma privilegio la via del dialogo».

Anche noi preferiremmo parlare tranquillamente e trovare le migliori soluzioni per i problemi dell’umanità ragionando sulle contraddizioni della società tutta. Ne parleremmo volentieri, ma sulle macerie dei CIE, dei confini, degli stati. A cominciare dalla legge Bossi Fini. Non va riformata, va abrogata. Si può trovare la soluzione solo all’interno del lager, dice la ministra, anche se giorni fa si era espressa criticamente sulla legge che regola l’immigrazione, la Bossi Fini. Ma solo grazie alla giusta rivolta dei migranti, un altro Centro di Identificazione ed Espulsione chiude.

«Temporaneamente, ma a tempo indeterminato«, come scrive con linguaggio logico il prefetto, e i motivi della protesta, sono la giusta e conseguente indignazione per la morte nella notte del 10 agosto di un recluso di 31 anni, Moustapha Anaki, marocchino. Per un malore dicono. L’uomo era recluso nel Cie da circa un mese perché immigrato irregolare in attesa del rimpatrio ed era stato trasferito nel centro calabrese dopo avere scontato una pena nel carcere di Salerno.

Continued…

Posted in AntiAutoritarismi, Omicidi sociali, R-esistenze.

Tagged with , .


Sovradeterminazione e colonizzazione come pratiche “femministe”?

1175466_522869304446901_898889733_n

Da Abbatto i Muri:

La vicenda di #AminaTyler con le #Femen è la lampante dimostrazione di come la parola delle donne viene tenuta in considerazione solo se coincide con quella di chi dice di “salvarti”. Diversamente diventi ingrata, pessima, irriconoscente, perfino funzionale a patriarcati vari. Una voce autonoma, di chi decide come affrontare la propria battaglia, dove dirigerla, in quale senso orientare le proprie opinioni, non piace a nessun@, men che meno a chi immagina le donne debbano essere tutte unite da un pensiero unico, un unico sentire, unico obiettivo. La sovradeterminazione come “pratica” femminista è una cosa che ci piace? A me no. Però esiste e parlarne non può fare male.

Continued…

Posted in AntiAutoritarismi, Critica femminista, Personale/Politico, R-esistenze, Scritti critici.