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Di #Bertolucci, #sodomie non autorizzate e giustizialismi retroattivi

da Abbatto i Muri:

E’ veramente atroce vedere come chi ha una avversione paternalista per il porno approfitti della questione del film di Bertolucci per raccontare che chissà che cosa fanno di male alle attrici hard. Le attrici hard sono informate, da quel che so, di quel che dovranno fare nelle scene e che piaccia o meno a censori, bacchettoni, moralisti e paternalisti vari lo fanno per scelta. E’ mai possibile che si tenti a tutti i costi di usare un metro proibizionista sostituendosi alle donne affinché si dica che tutte sono da salvare anche se non vogliono essere salvate? E oltretutto: è mai possibile che l’unico modo che si ha per discutere di questo sia quello che verte immediatamente in direzione di securitarismo, punizioni, galere e quant’altro?

Dispiace che all’attrice abbiano fatto questo. Dispiace per come si è sentita, che c’è chi ha deciso sulla sua pelle senza averla consultata. Dispiace perché se per raccontare le emozioni di una persona bisogna indurgliele al naturale per fedeltà al copione artistico serve comunque che vi sia consenso (informato). La scelta autodeterminata deve essere fondamentale. Ho già visto in vari film scene di stupro. Spesso sono stati proprio film girati da registe donne o con le stesse attrici protagoniste che facevano da registe. Raccontare lo stupro è una cosa complessa, come raccontare la violenza in generale, perché devi mimarla, sentirla, riflettertici, identificarti nella mente di una persona violentata o di quella del violentatore. Però in narrativa io decido quel che faranno i miei personaggi e non obbligo nessuno ad interpretarne la sorte. Se poi quella cosa scritta dovesse diventare terreno di recitazione chi recita deve sapere quello che succede. E detto ciò un biasimo, arrabbiato, perché nonostante siamo ancora qui a contorcerci perché il governo vuole convertire in legge un decreto che parla di violenza di genere in termini repressivi e securitaristi, la critica intellettuale, femminista (mi riferisco a cose varie lette), paternalista, non cambia toni, non capisce che insistere nella pretesa di risolvere un problema culturale augurando perfino la galera retroattiva a regista e attore significa essersi giocato anche l’ultimo neurone forcaiolo che v’è rimasto.

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Posted in AntiAutoritarismi, Comunicazione, Critica femminista, Omicidi sociali, Pensatoio, R-esistenze.


Il diritto di fare jogging

66058_418378958229270_734755525_nda Abbatto i Muri:

Faccio sport praticamente da sempre. Da piccola le arrampicate sulla casa in costruzione, ‘u cchiappareddu, la palla matta, e poi ginnastica, la corsa, la bicicletta, il nuoto, la danza. Ricordo le volte che sfidavo la sorte perché da femmine fare un percorso in bicicletta, pare fosse sconsigliato. Eppure io volavo e non c’era nessuno che potesse fermarmi. Arrivavo in bici al bosco e poi facevo chilometri di corsa, non sempre in compagnia. Ci fu la volta che sbagliai la scelta della scarpa e andarono in frantumi i capillari delle caviglie. Danni collaterali. Chi fa sport sa di cosa parlo. Poi c’erano le avventurose passeggiate in spiaggia, per chilometri, perché tra rocce e insenature, riuscivi a superare paesi e paesini a partire dal mare e questo dava una sensazione di grande libertà. E poi la corsa, cadenzata, per arrivare in fondo, cercando la battigia che risulta meno problematica da attraversare, ché quella inclinata che scivola verso il mare è veramente pessima. Ho sempre familiarizzato con posti sconosciuti, scoperto angoli di mondo che sicuramente non erano nuovi per nessuno, ma l’esperienza di “scoprire”, respirare aria buona, osservare la natura, non dovrebbe essere qualcosa di precluso alle persone, perché lo è, precluso, quanto meno per le donne.

Le mie uscite erano sempre accompagnate da tante raccomandazioni. I miei vicini dicevano, ovviamente, che ero matta. Invece che cucirmi il corredo partivo, bevanda e nutrimento, libro in borsa, e bici per andare chissà dove. Donna perduta che pretendeva di fare quello che faceva suo fratello.

La “pazza” usciva dal centro abitato, potevi incontrarla per una stradina provinciale, poi vedevi quella bici ferma da qualche parte e andavo a correre. Chissà perché lo fa, era la domanda. Già. Chissà.

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Io figlia e complice. Mia madre, vittima di violenza!

da Abbatto i Muri:

Mi chiamo Patrizia e sono cresciuta con mia madre. Mia madre fu vittima di violenza e quando ero piccola rimasi con lei nei confronti della quale avevo un atteggiamento molto protettivo. Mio padre, colui che la picchiava, per me era un nemico. Con mia madre si sviluppò un atteggiamento di grande complicità. Eravamo io e lei contro il mondo intero. In parte mi sentivo in colpa perché pensavo che se non fosse stato per me forse non si sarebbero neppure sposati e mia madre non avrebbe vissuto quello che poi ha vissuto. Non so perché ma mi sentivo davvero responsabile e comunque non avrei voluto mai tradire la complicità che c’era tra me e lei. Perciò quando mio padre mi cercò che io ero già grande non sapevo cosa fare, mi sembrò quasi di tradirla. Decisi di incontrarlo, di nascosto, e vidi un uomo assai diverso da come me lo avevano descritto. Le cose non sono mai così nette e dai racconti pensavo di trovarmi di fronte un mostro, una persona cattiva e senza scrupoli. Avrei voluto dirgli quanto male ci avesse fatto, quanto mi sentissi distante da lui per avermi fatto sentire responsabile delle sue azioni, quanto fosse vigliacco. Infine riuscii a dirgli solo come mai non mi avesse cercata prima, scoprii di sentire l’urgenza di saldare un altro conto, perché mi aveva abbandonata? Perché non mi aveva permesso di rendermi conto, di dirgli quello che pensavo? Perché di lui ricordo le risate e non ricordo mai le botte che dava a mia madre?

La psicologa mi disse che non mi era stato permesso di elaborare la cosa. Erano passati degli anni. Mio padre era una persona apparentemente serena. Aveva un’altra famiglia della quale mi scoprii gelosa. E lì furono altre domande. Perché con mia madre e con me non è durata e con quell’altra e l’altra figlia invece si? Le persone non sono sempre compatibili. A volte due persone non sono fatte per stare insieme e quando sono vicine tirano fuori il peggio l’un dell’altro. Oppure anche l’altra prendeva le botte e se ne stava zitta. Doveva essere per forza così. Perché altrimenti mi sarebbe troppo difficile accettare il fatto che non è dipeso solo da lui. Mi disse che ho una sorella e non sapevo come fare a gestire tutta quella enorme mole di segreti che non avrei potuto dire a mia madre. Non potevo farle male.

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Posted in Pensatoio, Personale/Politico, Storie violente.