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Metodo Massimo Lizzi (il maschilista) e Il Ricciocorno (la santa)

Se Massimo Lizzi scrive 10 post, uno dietro l’altro, sulla persona o il gruppo che ha deciso di crocifiggere politicamente, nessuno deve rispondere o criticare, perché se osi criticare quello che fa, in termini politici, mi viene il sospetto che lui usi un metodo preciso. Non è lui a rispondere alle critiche. Non si rimette in discussione. Quello che fa è cogliere l’occasione per mettere una donna contro l’altra, anzi, per usare un conflitto politico tra una donna e l’altra per piazzarsi ovviamente a fianco di quella che gli consente di poter meglio accusare la sua nemica (quella che lui ritiene tale).

Se sono io che ho criticato Lizzi (qui, qui, qui, qui) e poi rispondo a Il Ricciocorno che mi aveva dedicato un pallosissimo post, lui non mi risponde nel merito delle critiche che ho rivolto a lui, ma condivide sulla pagina di Maschile Plurale il mio post che parla di Ricciocorno. Poi posta sulla sua bacheca l’ulteriore risposta (indignata, naturalmente) che Ricciocorno dà a me.

E’ tipico di un maschilista fare in modo che la donna che lo critica, quella che lui non può diversamente affrontare, alla quale non può dare una lezione con toni rancorosi e risentiti, sia in qualche modo “punita” da altre donne.

E’ uno schema vecchissimo, praticato da secoli, ed è retaggio della cultura patriarcale. Lui è troppo “cavaliere”, o troppo furbo, per esporsi in prima persona e per dire qualcosa che potrebbe farlo apparire meno controllato e virile di quel che appare e dunque innesca un meccanismo per cui si pone a fianco di una donna che lui classifica in quanto vittima della sua oppositrice politica e, ovviamente, a quel punto non può che arrivare l’esercito di fan che attua un pestaggio morale, virtuale o quel che è. Qualche volta sul suo blog pubblica post a nome di donne che lo difendono, pensa te il livello, come dire che lui è troppo superiore (con una donna no, giammai!) per intraprendere una querelle di persona senza nascondersi dietro le “vittime” o più in generale dietro le donne.

Nel compiere comunque questa azione, uno come Lizzi, ha necessariamente bisogno di fare apparire la donna che gli sta sulle palle come una nemica delle donne, quindi non una che ha semplicemente opinioni diverse ma una che sarebbe addirittura “pericolosa“. Così si interrompe la possibilità dialettica tra differenze e tra donne e si innesca un meccanismo per cui lui presta soccorso a queste altre per salvarle dalla terribile nemica. Si chiama separazione strategica, dividi et impera, agita da sempre dal patriarcato contro le donne. Continued…

Posted in AntiAutoritarismi, Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio, Satira.


#Vicenza: due militari Usa stuprano una donna e ai media importa che è “incinta”

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Da Abbatto i Muri:

Lei è una sex worker, romena. Questo è quello che riporta brevemente la stampa. Il dettaglio in primo piano è però un altro: è incinta e rischia di perdere il bambino. Il titolo a caratteri cubitali, dunque, è dedicato specificamente a questo. Se lei non fosse stata incinta avremmo trovato, come al solito, un trafiletto anonimo e senza alcun riguardo verso la vittima di stupro. Invece è incinta e perciò questo le regala un’aura di santità. O anche no. Può essere semplicemente che da ora in poi i commenti, sessisti, si concentreranno sul fatto che siccome lei è incinta può essere giudicata un’incosciente. Prima l’embrione e poi le donne, questo è il motto di persone fascio/moraliste che di sicuro non hanno in simpatia né le sex workers e neppure le romene.

Continued…

Posted in AntiAutoritarismi, Corpi/Poteri, Critica femminista, Omicidi sociali, R-esistenze.


Santa Il Ricciocorno e la “donna vittima in quanto donna”!

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Update: Ricciocorno mi ha risposto e io ora ho ri-risposto a lei. Trovate tutto quanto QUI. Buon divertimento!

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Ad accompagnarsi – politicamente – all’indefesso (finché non perisci sotto la sua scure virtuale) Massimo Lizzi (10 articoli, uno di seguito all’altro, tutti contro Maschile Plurale e sono sicura che non abbia finito) c’è la santa Il Ricciocorno che ci illumina, a noi donne tutte, il cammino.

E’ una di quelle blogger che soffrono di empatia e miopia selettiva. Non vede e non critica il sessismo quando ce l’ha alla sua corte, non vede l’omofobia dei gruppi pro/mamme ai quali si accompagna, non vede neppure la violenza che praticano, abitualmente sul web, alcune sue fanatiche supporters, anzi, diciamo che accoglie sul suo blog e sulla sua pagina facebook (e se lo fai notare lei casca dal pero) commenti ingiuriosi di persone che hanno la diffamazione sulla punta dei polpastrelli, commenti livorosi di chi ha rosicamenti di culo per varie ed eventuali problematiche inerenti la psichiatria (lo dico senza stigmatizzazione ma, temo, che in certi casi la psichiatria c’entri). Diciamo che nel gruppo di cui Il Ricciocorno fa parte le rosicanti e squadriste sono, sicuramente malgrado lei, l’arma di punta che sfronda la psiche delle “nemiche” di modo che poi arriva la voce composta della santa. E’ anche possibile che le squadriste, immagino, becchino fior di denunce, per ingiuria, per diffamazione, e le sante ovviamente no. Le sante hanno ampio e legittimo diritto di critica (figuriamoci!) e comunque sono sante e basta.

Santa Ricciocorno è conosciuta perché il suo blog gronda sangue, martirio e sacrificio (materno). E’ la dea dell’indignazione e, soprattutto, è quella che evangelizza il prossimo su come debba essere considerata la “vittima”. A lei piace la vittima, donna, senza se e senza ma. Ed è talmente concentrata nella definizione, puramente scolastica, del concetto di vittima che dimentica come attorno alla vittima si possano realizzare molteplici forme di sciacallaggio. Primo tra tutti quello di chi aumenta l’audience con l’impostazione melodrammatica dei propri articoli. Più scopri le viscere ed esponi lividi e più click avrai. Così funziona il web. Poi c’è la totale incapacità di pensare le vittime al di là della dimensione puramente narcisista e personale, perché se Il Ricciocorno spostasse davvero lo sguardo altrove, invece che cercare continuamente, forse, il riflesso irrisolto di se’, vedrebbe che le vittime non sono solo quelle di cui parla lei o, talvolta, non sono proprio quelle di cui parla lei.

Poi c’è la sua maniera di presentare le donne al mondo. Quello che lei fa è apparecchiare una buona tavola e piazzarci sopra il corpo derelitto di una donna così da solleticare l’ego di maschilisti che aspirano a diventare controllori e protettori di quel corpo. Grazie a quel corpo massacrato lei trae strumentalmente quei vantaggi di chi si pone dietro o a fianco della “vittima”: è vittima lei stessa per effetto translato, è inattaccabile, non può essere soggetta a critiche e, come ha scritto una sua supporter (giuro!), è una santa (cit: che noi non saremmo neanche degne di nominare – LoL), con tutto quel che ne consegue. Continued…

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