Com’era ovvio attendersi, il recente dibattito francese sulla prostituzione e, in particolare, intorno al disegno di legge che di fatto vieta lo scambio sessuale punendo i clienti delle sex-worker, ha infiammato il tono delle polemiche in Francia così come in Italia e in altri paesi.
Come avviene da anni, e sintetizzando brutalmente, il conflitto in corso è quello che divide “proibizionisti” e “non-proibizionisti” (schieramenti in realtà articolati, divisi e auto-etichettatisi in vario modo). In Francia, dunque, sembra che a trionfare siano al momento le posizioni che per comodità possiamo chiamare “proibizioniste”, con somma soddisfazione di certe aree politiche e d’opinione (femministe e non solo), che stanno cogliendo l’occasione per estendere il dibattito al di fuori dei confini francesi.
Com’è ormai consuetudine, tra i bersagli preferiti degli abolizionisti di ogni lingua e nazionalità, si ritrova la studiosa argentina Laura María Agustín, autrice di un ottimo libro di sociologia/antropologia delle migrazioni (Sex at the Margins. Migrations, Labour Markets and the Rescue Industry, Zed Books, 2007), giudicato da molti provocatorio e che, a partire dalla sua pubblicazione, ha suscitato un’infinita serie di reazioni negative (accanto a molti elogi, tra cui quelli di chi scrive).
In sostanza numerosi articoli, di tipo per lo più giornalistico, apparsi negli anni anche in Italia, accusano l’autrice argentina di essere una “negazionista” di quel nuovo “olocausto” rappresentato dalla tratta di esseri umani, una sostenitrice della prostituzione minorile e una “collaborazionista” di quegli abusi che si compiono quotidianamente sul corpo di donne che necessitano invece di essere protette.