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Il vento è cambiato

Vi ricordate due anni fa? Eravamo tutte in piazza a chiedere soluzioni contro la violenza maschile sulle donne. Soluzioni non securitarie. Anzi non le chiedevamo. Proponevamo analisi e prassi alternative.

E’ passato del tempo e dunque è ora di fare un piccolo bilancio. In quel momento c’e’ stata l’energia per riprenderci la piazza e abbiamo continuato anche l’anno a seguire. Poi venne il governo di centro destra e peggiorò la situazione. Noi esistiamo ancora, più arrabbiate che mai.

Il securitarismo e il giustizialismo erano anche del centro sinistra. Le amministrazioni locali a maggioranza Pd si mettevano in pari con i colleghi leghisti e promuovevano le loro ronde.

Non c’era granchè da scegliere. Ora stiamo messe così male che anche quel disegno di legge dell’allora ministra alle pari opportunità sembrerebbe assai più umano.

In ogni caso venne la destra e con la destra venne l’emergenza stupri a cura degli stranieri, con l’emergenza stupri venne la legittimazione delle ronde, la commercializzazione degli spray (dei quali fanno ottimo uso gli scippatori), l’aggravante razziale per i reati e il decreto antistupro.

Il decreto ha una sua particolarità. Nella sua durezza (niente scarcerazione preventiva, niente condizionale, niente riti abbreviati, niente garantismi) ha agevolato la creazione di un doppio canale.

I giudici hanno qualche difficoltà a mandare in galera coloro che sono stati processati per stupro, hanno difficoltà ad infliggere una pena che si scontra con tante prudenze e sembra sproporzionata rispetto alla percezione che la società ha del reato.

Una pena grave viene così inflitta solo per violenze efferate, evidenti, nei quali non c’e’ ombra di dubbio e/o che preferibilmente sono state commesse da stranieri.

Se viene denunciato un rom non esiste la presunzione di innocenza, non esiste la privacy, non esiste nessuna garanzia di diritto. Se viene denunciato un italiano invece vengono prese tutte le cautele del caso, si indaga sulla denunciante, la si descrive come una facile, che ha cattive abitudini, si aspetta il momento di arrestarla mentre si fa uno spinello per poi piazzare la notizia in prima pagina.

L’italiano che viene denunciato per violenza è sempre uno che agiva in preda ai fumi dell’alcool, una specie di scemo che non aveva colto il messaggio (NO, basta così) di finirla dopo che lei aveva  concesso una palpata di natiche e una strofinata di seno (perchè non abbiamo evidentemente la libertà di iniziare un rapporto e di interromperlo), uno colto da "raptus" anche se si presenta all’appuntamento con la ex fidanzata armato di coltello e ha scritto un biglietto in cui chiede perdono ai genitori per quello che sta per fare.

Sono colti da raptus i mariti che decapitano le mogli e sterminano la famiglia. Un atto di violenza viene persino degradato al livello di un "dispetto" anche se costa la vita delle persone che vivevano attorno all’appartamento della fidanzata al quale il biricchino ometto ha dato fuoco.

Lasciare che sia un giudice a decidere se una violenza è stata tale si scontra inevitabilmente con tante delusioni. Basta pensare alle assoluzioni e sentenze motivate con il fatto che lei non vestiva con i jeans, che non era stata penetrata in profondità, che si era "appartata" e dunque non poteva lamentarsi dell’inevitabile. 

La durezza di una legge insomma non funziona e non può sostituire il valore effettivo che una violenza assume all’interno della società.

Se la società non riconosce lo stupro, la violenza, le percosse, le minacce, lo stalking, la molestia come cosa grave, non c’e’ legge che tenga. Il giudice, che è una persona come noi, non attribuirà la pena con "leggerezza" (quasi come se fino ad ora attribuire qualche anno con i benefici previsti dalla legge fosse stata una gentile concessione, giusto per farci stare zitte e buone) e la infliggerà solo se è commisurata – per l’appunto – alla percezione che lui e la società hanno di quella violenza.

Basta leggere tutti i giorni Zeroviolenzadonne.it con la sua rassegna stampa di notizie e sentenze registrate una per una come fosse un bollettino di guerra. Morte, offese, ferite e gli uomini perennemente salvi: agli occhi della legge, per la stampa, per la cultura dominante.

Basta pensare a quello che avevamo scritto qualche giorno fa. Si predilige la opinione di moralizzatrici e persino degli stessi stupratori. Tutti a chiarire che in fondo lo stupro, le violenze, gli omicidi avvengono perchè è la donna a cercarseli.

Basta immaginare che si assolve il sessismo dei piani alti del nostro governo e quello delle corporation che attraverso i creativi pubblicitari sfruttano i corpi delle donne per "divertire" e invogliare "all’acquisto" di un prodotto mentre usano la persuasione per modificare pensieri, stili di vita, abitudini e per trasformare le stesse donne in merce di consumo o in semplici consumatrici. Non siamo mai considerate persone. Mai.

E’ il vento che cambia, con un governo che dice di occuparsi di noi e in realtà regala impunità agli italiani e criminalizza tutti gli stranieri.

E’ il vento che cambia e chiude spiragli nella direzione che ci interessa di più: quella culturale. 

Le donne diventano più colpevoli che mai. Più prudenti che mai, meno intenzionate a denunciare dato che una denuncia non porta a nulla che non sia la sua stessa delegittimazione personale e morale.

Alle donne viene persino rivolto il ricatto di pensarci bene prima di mandare in galera, senza sconti e senza garantismi, un figlio di mamma.

E’ un ricatto bello e buono. E’ un decreto (quello antistupro) costruito per acuire il senso di colpa, per ricattare le donne e farle considerare persino "cattive", "ingiuste", "esagerate".

Gli uomini in fondo, vogliono concludere solo quello che hanno iniziato, vogliono un po’ d’amore, vogliono non essere mai lasciati, soffrono disperatamente al punto da sentirsi legittimati a violentare e uccidere.

Ed è questa la descrizione che degli uomini viene fatta in ogni paragrafo di quello che giustamente viene chiamato "giornalismo creativo". Le donne di conseguenza vengono viste come impietose, insensibili, non mostrerebbero comprensione e la domanda chiave è: "cosa ti costa?"

Già. Cosa ti costa trattenere le lacrime e fare qualcosa che non vuoi fare. Che ti costa non avere libertà di gestione della tua sessualità. Che ti costa agevolare una idea dell’amore egoistico e possessivo che non è mai condiviso, mai responsabile, mai cosciente del rispetto dell’altr@. Che ti costa rinunciare ad una denuncia. Che ti costa dover fare tutto quello che tuo marito chiede. Che ti costa smettere di lottare, di auspicare la libertà di agire e autodeterminare la tua vita. Che ti costa essere infelice per tutta la vita. Che diritto hai tu in fondo per chiedere di essere felice?

La nostra missione è la famiglia, i figli, i fidanzati, gli amici, persino i conoscenti, i nostri uomini, qualunque cosa siamo o vogliamo, abbiamo certamente un uomo di cui prenderci cura. La nostra missione è prenderci cura di lui e del suo pene. Violenze e morte sono rischi del mestiere. Bisogna accontentarsi. Non si può mica avere tutto no? 

Vi rimandiamo all’attuale decalogo per donne stuprate. Buona ri-lettura e buona lotta (è un augurio di cui tutte abbiamo bisogno).

—>>>Immagine da Hardcore Judas

Posted in Corpi, Omicidi sociali, Pensatoio.


2 Responses

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  1. Emanuela says

    http://www.lastampa.it/…articoli/43773girata.asp
    La Stampa ribadisce che si tratta di un “dispetto” ed aggiunge “tra amanti”. Un amore litigarello è l’unica cosa che viene in mente ai giornalisti quando un pazzo omicida si scatena. All’origine delle tragedie nostrane non ci sarebbe dunque il desiderio di annientare la volontà delle donne (ti sei permessa di non essere d’accordo con me? Fa niente, ti brucio la casa), ma sempre e solo l’ammmore…

  2. wonderely says

    Già, cosa costa a noi? Siamo nate per questo!
    Per essere oggetti sessuali, infermierine, serve e schiave..per starcene zitte e fare tutto quello che ci ordinano di fare..
    Che ci costa essere stuprate, in fondo lo vogliamo no? Che ci costa fare questo e quello, senza lamentarci…che ci costa?
    Per di più ci chiedono pure di pensare se vogliamo sporgere denuncia, perché poveretto quello lì di sicuro non avrà capito che non volevamo…e ho pure sentito storie di donne che volevano sporgere denuncia ma non gliel’hanno fatta sporgere…della serie “non rompete i coglioni che abbiamo altro da fare!”…

    Altro che lotta, qui serve una bella rivoluzione.
    Grazie per aver riproposto il famoso decalogo, gira che ti rigira non smette mai di essere attuale.
    Ciao