C’è un tale della Lega che avrebbe scritto che le meridionali devono restare a casa a lavare mutande, devono unirsi all’africa e accennando al fatto che dalle nostre parti saremmo inclini a relazioni con i picciotti concludeva che devono smettere di fare le parassite della brava gente del nord che le mantiene.
Personalmente, da terrona e con orgoglio, non ho alcun problema a unirmi all’Africa perché noi siamo già Africa e se non fosse stato per l’annessione al Piemonte violentemente perseguita da eserciti mandati dal “nord” per fotterci risorse, oro, terre, grano (tanto per dire), controllo delle miniere e tante altre belle cose, col cavolo che il meridione sarebbe stato il tacco/punta dello stivale. Noi siamo stati colonizzati, derubati, i contadini che si opposero furono torturati, incarcerati, rinchiusi in lager degni del terzo reich, le donne che facevano parte della resistenza rifugiatasi nelle montagne furono prese, malmenate, spogliate, i loro corpi martoriati fotografati ed esposti nudi nelle piazze come monito per la popolazione che avrebbe dovuto sottomettersi al re. Chi si ribellò fu etichettato da brigante e come accade quando il ricco nord deruba il povero sud sottomettendo la sua popolazione infine quella popolazione fu lasciata senza risorse, senza niente, sconfitta anche nelle lotte contadine che si conclusero nel sangue (il nostro) giacché i nordici teoricamente accorsi a “liberarci” dai borboni si allearono comunque con i baroni nella repressione delle persone povere. Dalle nostre parti non per nulla si parla di Gattopardo, quando tutto cambia per non cambiare niente, perché per ogni colonizzatore che arrivava i potenti erano sempre pronti ad accoglierli traendone grande profitto mentre la povera gente era costretta infine a perire, digiunare, emigrare.
Tutte le persone emigrate, come tanti altri migranti che arrivano oggi da altre parti del mondo, sono andate ad arricchire, con un costo del lavoro bassissimo e orari di fatica disumani, le belle fabbriche del nord e di altri paesi del mondo. Tante famiglie della gente del sud sono straordinariamente aperte rispetto alle grettezza e ottusità di tante persone incontrate in centri dai quali nessuno ha avuto bisogno di allontanarsi mai. Perché viaggiare significa cultura, perché anche accogliere infine significa arricchirsi in senso culturale e aprirsi alla comprensione di altri pensieri senza che si coltivi l’inclinazione a fare la guerra tra poveri.
Che triste cosa è comunque quella di andare avanti per stereotipi offensivi. Come è possibile che per quanto i tempi delle coppole e lupare siano finiti da un pezzo, con buona pace di chi a questi stereotipi si riferisce per coltivar folklore, c’è ancora chi ritenga che la mafia risieda in alcune precise terre e non negli affari di grandi imprese che da nord a sud del mondo devastano tutto senza ritegno. Com’è possibile che dopo anni e anni di lotta antimafia fatta da tante persone ancora siamo qui a ragionare del nulla, dove viene data voce a pregiudizi che io davvero non sono in grado di giustificare.
E banalmente non poteva mancare di certo la componente sessista giacché essendo la questione rivolta ad una giornalista calabrese è chiaro che il nostro principale impegno dovrebbe essere quello di restare a casa a lavare le mutande, in special modo quelle altrui. Per quel che mi riguarda posso dire che la sindrome del lavaggio della mutanda mi è passata moltissimi anni fa, quando non avevamo neppure la lavatrice e quella mutanda si lavava con l’acqua fredda nella pila esterna in terrazza, io piccolina, e mia madre con le mani tutte rosse e gonfie per l’assideramento. Ed era una cosa che bisognava fare quando c’era acqua corrente perché le imprese (incluso quelle nordiche) che hanno devastato il nostro territorio, a parte fingere di fare tante belle dighe – con i finanziamenti della cassa per il mezzogiorno – per salvare noi poveri indigeni incivili e risolvere il problema della siccità, poi invece sono state lì a fregare soldi pubblici e a spartirsi torte mentre noi rimanevamo comunque sempre a secco.
Quando arrivò un po’ più d’acqua arrivò pure la lavatrice e perfino mia madre, che le mutande non solo le lavava ma le stirava pure, guarì da quella particolare sindrome. Oggi ciascun@ pensa a lavare la mutanda propria e nel caso servisse, giacché è dimostrato che qui a sud abbiamo le mutande più pulite del mondo, dato che passiamo tanto tempo a risciacquarle, possiamo certamente offrire al signore che ci considera specialiste nel settore un workshop che lo aiuti a vincere la fobia di quella particolare attività. Perché vede, altri uomini delle nostre vite hanno imparato a familiarizzare con le proprie mutande. In fondo basta poco. Tenere a mollo con un po’ di detersivo in acqua tiepida, a meno che con quelle mutande non abbia fatto la terza guerra mondiale e dunque bisogna ripassarle a 90 gradi e la candeggina, e poi sciacquarle, una volta, due volte e se crede l’ultima con un minimo di ammorbidente. Per interesse ecologico suggerisco l’uso di detersivi biocompatibili, talvolta è semplice farli anche in casa e non mi riferisco ai saponi ottenuti in maniere un po’ ostili al prossimo.
Dimenticavo: dalle nostre parti abbiamo imparato un sacco di cose, incluso leggere e scrivere e tante sono le artiste, giornaliste, intellettuali, professioniste, insegnanti del sud che arrivano nel nord, da emigrate, per istruire gli abitanti del luogo. Così come tante sono evidentemente le brave persone del nord che ci arricchiscono, in uno scambio reciproco, con le loro storie e i loro saperi. Il punto è che a noi, terron*, hanno insegnato che tutto quel che arriva da nord è really beautiful (guardate quanti voti all’ex presidente del consiglio…) al punto che da noi, a scuola, per esempio, imparammo a disegnare case che erano quelle delle vostre montagne, ché qui da noi tutto attorno è tufo e costruzioni arabe e di case col comignolo tra i monti innevati in stile Haidi ne vedi una ogni milione di chilometri. Ma consapevolezza della colonizzazione culturale, pratica ed economica subita, a parte, stereotipi razzisti inclusi, con tanto di scienziati di lombrosiana memoria che immaginavano la nostra intelligenza inferiore a quella di chi viveva nel settentrione, quel che mi chiedo davvero è: possibile che ancora oggi se incontri una persona siciliana, calabrese, campana, lucana, pugliese a Milano, ci discuti e quella ti fa una osservazione critica, a te viene in mente solo di dirle che deve andarsene a casa a lavare le mutande?
[da Abbatto i Muri]