Aggiornamento: Il titolare ha inviato ad una associazione di donne una lettera di scuse.
Ci scrive Simona. Noi la ringraziamo moltissimo per questa segnalazione (A questo proposito condividiamo la info che ci arriva dalle amiche di facebook: è già partita la mail bombing). Si tratta dell’ennesima pubblicità che offende le donne. Ci fa specie vedere che anche per vendere le cosiddette energie rinnovabili si impiega il mai rinnovato sessismo adatto a vendere qualunque cosa. La mail di Simona comunque, meglio di noi, ci spiega quello che significa questo manifesto per lei e per la mentalità che agevola, istiga, incoraggia.
Eccovi la sua mail e la foto che ci ha inviato in allegato:
Salve,
il mio nome è Simona XXXXX, mi permetto di chiedere cinque minuti del vostro
tempo per raccontarvi com’è iniziata la mia giornata l’altra mattina perchè
sono
sicura di poter condividere con voi la mia esperienza.
Come tutti i giorni, sono partita da casa alle 7:45 per recarmi alla fermata
del bus. Uscendo dalla macchina appena parcheggiata, sono rimasta a fissare,
non ricordo per quanto tempo, un cartellone pubblicitario dove, per l’
ennesima volta, il corpo della donna viene umiliato.
E’ stato per me uno
shock
tale che ho avuto difficoltà ad osservarlo con attenzione, per un attimo
avrei preferito non averlo visto per evitare a me stessa quella orrenda
sensazione che mi capita sempre quando accendo la tv.
Ma questa volta non ho potuto cambiare canale perché era là, davanti a me e
non potevo far altro che continuare a guardare con la consapevolezza e
la delusione che avanzavano inesorabilmente.
Questa volta però non ho voluto
chiudere gli occhi ed ingoiare la rabbia.
Ho scattato delle foto, che allego, perchè vorrei che questo manifesto non
passasse inosservato, soprattutto in una zona come la mia, dove il
maschilismo
regna sovrano sia negli uomini che, purtroppo, nelle donne. Non voglio che
questo messaggio e la donna fotografata abbiano la meglio su di me ed il mio
modo di vivere e su tutte le donne che si sentono, come me, offese.
Vi ringrazio per l’attenzione
Cordiali saluti
hai fatto una serie di esempi orripilanti. e poi quel “voi donne tendete ad esagerare” che cos’è? la frase che hai trovato stamattina nei cioccolattini?
noi donne siamo svariati milioni nella terra e l’esagerazione non ha sesso. diciamo che tanti maschi tendono a sfrittare il corpo delle donne per vendere anche uno sturacessi.
Secondo me state un pò esagerando, care donne. Facciamo l’ipotesi opposta, ammettiamo che pubblicizzino un pennarello di durata notevole con un uomo di ripreso nudo di spalle con la faccia visibile, triste, che dice “pennarello XY, è brutto sapere che dura più di me”….io (uomo) mi farei una grassa risata. Magari mi farebbe schifo guardare il sedere nudo di un altro uomo ma alla fine chissene! E poi quanto abuso di parole come “maschiocratica”…ma cosa???? Ma dove??? Per una pubblicità allusiva? Ammettiamo che pubblicizzino il film di Sex&TheCity (la più grande cagata mai trasmessa) con Carrie e compagne che camminano con delle forbici in mano, e tutti uomini intorno che si proteggono il “pacco”, focalizzando l’attenzione su “donne: se non sei in nostro potere, ti tagliamo le palle”…secondo voi ci sarebbero proteste? Ok, magari la pubblicità dell’impianto non era proprio “di buon gusto”…ma voi donne tendete sempre ad esagerare
grazie care 🙂
riportiamo le scuse in home con un altro post.
nella speranza che il titolare dell’azienda non ritenga il diritto di critica un insulto.
il presidente della cauldron, federico calderone ha mandatol le sue scuse e la promessa di togliere i cartelli. speriamo e monitoriamo.
la lettera che ci ha invato potete leggerla qui
http://lnx.donneinquota.org/?p=946
Cara Luisa, hai perfettamente ragione, i simboli, cioè le immagini, ed anche le parole, sono soltanto i sintomi della cultura maschiocratica e misogina, tuttavia, io penso che in campo culturale, o se vogliamo antropologico culturale, al contrario che in medicina, agire sui sintomi possa portare a incidere su ciò che li produce: del resto, se è vero che il cartellone vomitevole dà sanzione positiva e crea assuefazione nei confronti della cultura che lo produce, l’abitudine alla sua rimozione da parte “delle autorità competenti” creerà assuefazione all’idea che si tratta di qualcosa sanzionabile negativamente. Quindi, ben vengano le iniziative dell’UDI. A proposito, apprendo adesso da “Un altro genere di comunicazione” che il cartellone è stato rimosso.
Scusate ma il problema della pubblicità all’azienda mi ha fatto sorridere con amarezza, perchè penso che nella nostra epoca di comunicazione frenetica sia una goccia nel mare, un post con un numero di telefono, mentre il sistema di lotta a suon di denuncie private alle “autorità competenti” mi ha fatto proprio sbellicare! A parte che ci sono già dei comuni, delle università, oltre che quasi tutte le aziende che conosco e che arrivano a una certa visibilità a fare una pubblicità sessista, e che qui comunque parliamo solo di quelle che ti fanno vomitare per strada anche se sei digiuna, credo che il messaggio che tutte stiamo trasmettendo sia: perchè il mondo intero si ostina a fare queste pubblicità? Forse la risposta è uguale a quella che si da alla domanda: Perchè c’è un racket di prostitute bambine dell’est sulle nostre strade? Semplice: perchè a parte 3 collettivi di 4 uomini (stabili) ciascuno nell’intero paese, che qualcosina fanno e pensano, anche se spesso attaccati alle nostre gonne, a parte qualche uomo sensibile e intelligente che rileviamo qua e la, nel corso di una vita o per lo più attraverso narrazioni, tutti gli altri costruiscono le loro identità sulla diversità/superiorità dalle donne , che prevede anche un tasso altissimo di maialaggine incorporata al senso di potere: non importa stuprare ragazze a due per volta per rientrare in questa categoria, basta anche bearsi a ciao darwin o a striscia la notizia. Il problema non è far ritirare i cartelloni (anche perchè quando andiamo dal gommista o dal meccanico qual è la procedura giusta per far levare il calendari?!?!), è avere un’altra metà del cielo alternativa e credo che sia quello che questo blog crca di fare, anche se per quanto mi riguarda penso che dovremmo smettere di commistionarci con questa
baci
Luisa
Ah, dimenticavo: ora salteranno fuori le accuse di bigottismo, e diranno che non sappiamo stare al gioco: un po’ di ironia, un po’ di humor, perdindirindina!
Intanto merda come questa continua ad inquinare lo spazio e la vista pubblica.
Ma l’importante è prenderla con ironia.
ma buona domenica anche a te! 🙂
🙂 è vero, hai ragione, è che ad un certo punto, dopo la presa di coscienza, vorresti vedere il cambiamento, e se non c’è ti senti un po’ stanca.
Ma buona domenica 😉
cara, dunque non bisognerebbe parlarne affatto.
invece assieme a tutto quello che dici tu passa anche una presa di coscienza delle donne altrimenti questa ragazza non ci avrebbe scritto, non si sarebbe scomodata a fare una foto e non avrebbe provato l’indignazione che ha provato. a noi interessa che le donne siano consapevoli di quello che succede. la strada si percorre piano. la sensibilizzazione generale è difficile da raggiungere in un giorno.
nessuno mai certo si sarebbe sognato di dire a lorella zanardo di nascondere nel video i loghi delle televisioni da cui ha tratto le immagini sessiste.
vogliamo sapere il peccato e anche il peccatore. le contraddizioni si insinuano poco a poco. a partire da chi vive nella città di quella ditta che è andato a lamentarsi con un assessore 🙂
il problema è giusto il numero telefonico o dovevamo censurare tutto?
Me lo chiedo sempre anch’io, non “censurare tutto”, ma ogni volta che faccio girare immagini di questo genere, o ne leggo o ne scrivo mi chiedo: come fare? non so, però è vero che lo fanno con l’intento di provocare una reazione che andrà comunque a loro favore, l’innocenza in pubblicità non esiste, perchè se una parte di persone si indigna, ce n’è un’altra che pensa sia esagerato, che grida alla censura, etcc. insomma discorsi soliti, e l’immagine intanto è pasata, e assieme alla polemica il nome della ditta è arrivato, la polemica viene dimenticata, il resto resta, anzi il resto si construisce una reputazione da vittima delle femministe.
Prendi quella famosa azienda di trasporti via mare, è passata dai seni alle poppe ai cannoli&babà, una presa in giro continua, però le sue pubblicità stanno ovunque.
non so cosa volesse dire luciano. mi chiede di fare una denuncia presso luoghi istituzionali ma non di fare una denuncia pubblica che mostra l’offesa delle donne. non so. dobbiamo lasciare che se ne occupi solo l’assessore (già avvisato che se ne sta occupando) senza sostanziare politicamente la questione?
in quanto al numero non capisco dove sta il problema. rendere un manifesto anonimo quando anonimo non è a cosa serve? c’è comunque il nome della ditta a caratteri cubitali, c’è il sito. il problema è giusto il numero telefonico o dovevamo censurare tutto?
Mara, penso che Luciano volesse intendere che denunciando denunciando, molto spesso si dà risalto nazionale ad aziende sconosciutissime della provincia che altrimenti nessuno le conoscerebbe, da qui la proposta di coprire almeno il numero (credo suppongo). Perchè è chiaro che una gran parte di queste persone viaggia sul binario: mò faccio na porcata, vediamo quanto s’incazzano e quanta pubblicità gratis acchiappo.
Il suggerimento non è di smettere ma di farlo senza fare il loro gioco.
Nella provincia napoletana ci sono dei cartelli in cui si pubblicizza lo spazio libero per la pubblicità, con un sedere. C’è proprio scritto così: questo spazio è libero, contattaci, numero di telefono, in primo piano grande un sedere di donna dentro pantaloncini striminziti. Purtroppo mi è impossibile fermarmi per fotografarlo, è assurdo. E’ assurdo.
@luciano
ci mancano anche le minacce di denuncia per diffamazione per aver mostrato una pubblicità pubblica, che sta su una strada pubblica, e che sceglie un modo pubblico per dare delle donne un quadro così offensivo.
il sessismo non è un fatto privato. i panni sporchi non si lavano in famiglia. gli facciamo pubblicità? meglio, no!
Se la donna ‘si fa furba’ tra politica e criminalità
Repubblica — 12 luglio 2010 pagina 3 sezione: NAPOLI
NON sembri irriverente l’ accostamento, ma ci sono due episodi della vita napoletana delle ultime ore che secondo me sono la giusta narrazione di una società dai valori ormai diluiti. Uno è la nomina da parte del presidente della Provincia Luigi Cesaro di una certa signorina Del Giudice, ex meteorina di Emilio Fede, ad assessore. L’ altro è la presenza, nella gang arrestata giorni fa ad Ercolano, di donne giovanissime, addirittura minori, che partecipavano a pieno titolo alle attività di racket, estorsione e droga dei clan vesuviani. Ovviamente nessun collegamento diretto esiste tra le due cose, ed è bene sottolinearlo. Ma c’ è un filo rosso, un nesso logico, una sorta di traccia sotterranea. Una società senza cultura e senza meriti produce modelli evanescenti: ad un pezzo di società, si indica il modello femminile delle curve, del sorriso smagliante, della femminilità che spalanca le porte, prima dello show business, e poi quelle del potere; ad un altro pezzo di società, più popolare, si indica il modello del crimine organizzato, quello dell’ arroganza, della violenza, della sopraffazione. In entrambi i casi culto dell’ immagine, culto del potere, culto del denaro. In nessun caso, si parla di conoscenze, cultura, merito. Eccolo il filo rosso: se vuoi crescere, se hai ambizione, se vuoi raggiungere traguardi importanti hai solo la strada della furbizia. «Fatti furba, figlia mia», sembra di sentire. Fatti furba tu che sei bella e giovane e puoi diventare meteorina, o velina, e sposare un calciatore, oppure fare irretire un potente, diventare così qualcuno, fare i soldi. Fatti furba tu figlia del popolo, usa l’ astuzia, fatti strada nel crimine, sii spregiudicata, diventi una boss con la gonna, e puoi fare i soldi. “In mezzo c’ è tutto il resto”, recitava una bella canzone di Niccolò Fabi. In mezzo c’ è un mondo di ragazze giovani che non usano la loro freschezza per avere scorciatoie, che non scelgono strade facili e facilitate; una marea di ragazze che studiano, che si laureano e poi vanno a lavorare nei call center a 800 euro al mese, magari lontano da casa, condividendo un’ abitazione con tre colleghe perché l’ affitto è proibitivo. Intelligenti, laureate, carine. Ma poiché non sono “furbe”, sono sfruttate, non trovano spazi, restano nell’ angolo. Mi chiedo – e chiedo al presidente Cesaro – possibile che non ci fosse nel Pdl e nel centrodestra una donna preparata, che ha fatto la gavetta negli enti locali, facendosi eleggere prima consigliere di quartiere con i suoi voti, poi consigliere comunale, che avesse alle spalle una professione, una laurea, un percorso riconoscibile, da valorizzare in un incarico di giunta? Possibile che dopo quindici anni di opposizione, tutto quello che può offrire il centrodestra alla Provincia di Napoli, in termini di valorizzazione del ruolo della donna,è una ragazza che si è candidata alle regionali arrivando penultima, che a 26 anni sarebbe vicina alla laurea, che non risulta avere chissà quale curriculum eccetto la presenza da Fede ed essere tra le preferite del sultano Silvio? Io dico che la nomina di questa ragazza in giunta, benché di per sé non produrrà alcun danno (anzi, magari si rivelerà anche brava), diventa devastante per quello che significa simbolicamente. Il segnale che si dà alle giovani donne non è quello di studiare, fare esperienze (lavorative, si intende), accumulare meriti (professionali, ovviamente), ma quello di «farsi furbe». Tirate fuori la femminilità e fatevi aprire la porte. Un modello effimero e pericoloso, che poi, negli ambienti più popolari, porta dritto dritto alle minorenni arruolate nelle baby gang. Se non ho il fisico, e vengo dal popolo, la mia maniera di farmi furba è il crimine. Eccolo, il filo rosso. Questi non sono episodi di colore, ma segnali chiari di decadimento morale e culturale. L’ autrice è deputato del Pd © RIPRODUZIONE RISERVATA – LUISA BOSSA
Mi domando da che parte stiate voi. State facendo una pubblicità nazionale se non mondiale a quell’azienda. Non vi degnate nemmeno di coprire il numero di telefono e di ribadirne l’ubicazione (Milazzo Messina). Se volevate intervenire c’erano altri modi. Bastava rivolgersi alle autorità competenti che avrebbero valutato se il “montatemi a costo zero” sia un’allusione troppo pesante e non permessa. Così, invece ottenete l’effetto opposto potendo incorrere nel reato di diffamazione. Sono un uomo che è schifato da certe prevaricazioni che le donne devono subire, ma credetemi, il vostro non è il modo adatto di agire. Meditate.
Senza parole… sono schifata ed allibita!!! O_O
Per fortuna facendo qualche ricerca in rete ho trovato questo post: http://www.tempostretto.it/…mp;id_articolo=41976
A quanto pare a Milazzo hanno gia’ protestato!
Questo mi fa sentire un po’ meglio, spero solo che ascoltino l’assessore e rimuovano presto quell’immonda schifezza.
Complimenti per lo splendido blog, vi seguo tutti i giorni e siete mitiche! 🙂