Da Abbatto i Muri:
Si parlava di Vota Donna (maddechè, piuttosto vota trans-femminista!) e di quote rosa. Approfondisco.
Vediamo: si dice che bisognerebbe consentire a tutte le classi di cittadin* di poter accedere a ruoli istituzionali (ché di chiedere le quote rosa per andare a spurgare le fogne immagino nessuna abbia voglia). Quali classi di cittadin* intende rappresentare chi propone le quote rosa? Perché la mia certezza è che si tratti di una categoria di donne che non sono io, non sei tu, ma sono quelle che diventano ministre in virtù delle quote salvo poi scoprire che non apportano alcun miglioramento al progetto democratico perché sono identiche a tutti gli altri.
Le quote rosa vengono chieste nei consigli di amministrazione, nei ruoli di rappresentanza, ruoli di prestigio, da donne che dicono che dato che essere donna significherebbe di per se’ essere discriminate, vittime, migliori, loro sapranno prendersi “cura” dell’Italia e dunque bisogna fargliela amministrare perchè svolgerebbero meglio degli uomini gli incarichi assegnati.
A parte che non ho mai visto fare una battaglia per il 50/50 in ruoli un po’ più precari o di fatica appunto, direi che al momento, se si vuole parlare di quote, sarebbe necessario stabilire che servono le quote precarie giacché tutto è diviso per classi e quelle “inferiori”, grazie allo sbarramento del 4%, una volta, e ora anche di più, e grazie al maggioritario, non sono rappresentate istituzionalmente da nessuno. Trovo perciò davvero contraddittorio che chi si serve delle quote rosa per trovare spazio nei luoghi di rappresentanza abbia fatto di tutto per togliere quello stesso spazio a progetti politici di sinistra un minimo più critici rispetto al PD.
Vi racconto in dettaglio, per quanto mi è possibile questa storia, perché io c’ero e ho il brutto vizio di ricordare tutto. Esisteva il proporzionale, poi il centro-sinistra unito trasversalmente a fasce moderate volle imporre il maggioritario, collegi uninominali, sbarramento del 4%, tutti uniti in lotta per massacrare un referendum che io ricordo ancora perché le persone che facevano campagna per il No erano viste come reiette, estremiste, destabilizzatori sociali che si opponevano ai riformisti (parola di merda) che parlavano una lingua un po’ confusa.
Il Pci era diventato Pds, avendo mozzato il fiato a Ingrao e Cossutta, si erano tolti di torno quelli che diventarono rifondaroli e che poi si frammentarono in mille rivoli di falci e martelli. Più che altro il Pci che veniva fuori dalla mozione Occhetto e dalle spinte di D’Alema mirava a fare la socialdemocrazia e poi scorreggiava in faccia all’Internazionale per tentare accordi europei con i popolari. Cose mai viste che se non c’eravate non si possono capire. Ho visto cose che non potete immaginare… sedie delle segreterie politiche volanti incluse.
A parole volevano la stabilità di governo perché non se ne poteva più di pentapartiti (DC – PSI – PSDI – PLI – PRI) che si spentapartizzavano ogni due per tre. In realtà volevano cancellare i piccoli partiti, incluse le fazioni interne, per quell’idea ingenua che in Italia, post fascista, post stragista, con la gente che per questioni politiche ancora si accoltellava per le strade, ci potesse essere la morte del pluralismo e la nascita di un duopolio a cura delle due facce (di merda) della medaglia: moderati di destra e moderati di sinistra.
Quelli del Pds, poi ulivi con la margherita e di albero in albero e di fiore in fiore arrivarono all’oggi col Pd, erano assai convinti del fatto che il pluralismo dovesse sparire e che loro sarebbero stati unici regnanti sulla faccia della terra. Poi venne Calderoli con una legge anche più di merda: a liste bloccate, soglie di sbarramento atroci, 4% per liste non collegate (alla camera) e 10% per coalizioni, 8% al senato se non sei in coalizione, 3% per liste coalizzate, 20% per le coalizioni, roba da perderci il senno a capire chi entra e chi esce, e questa cosa, un po’ eccessiva, non l’ha votata manco il Pd, neppure nelle forme correttive. Lo stesso Pd però nel frattempo proponeva e votava leggi elettorali con sbarramento al 5% in varie regioni (tipo la Sicilia) e oggi ripropone al nazionale i collegi uninominali, sempre con soglie di sbarramento del 4/5%, che a loro piacciono tanto anche se alle elezioni del ’94 in cui si votò in quel modo, per dire, in Sicilia perdettero ovunque. 61 su 61 seggi andarono al centro destra. Amen.
Dico questo perché le quote rosa sono un cavallo di battaglie delle donne del Pd. E in questo senso vorrei davvero sapere come conciliano il fatto di aver favorito la discriminazione di soggettività varie, di qualunque sesso, che non possono ottenere rappresentanza in questa sottospecie di “democrazia” rappresentativa solo di banche, confindustria, vaticano, politici di professione, includendo anche il sedicente “nuovo” che si presenta con le vesti del compagno Renzi, con la richiesta di accesso preferenziale per le “donne”.
Perché ad essere malapensante potrei dire che tale richiesta è formulata da donne di partito frustrate dal fatto che alla fine, anche dopo tanto portare in piazza donne su donne, all’urlo rivoluzionario di “noi e la Fornero vi rappresentiamo tutte e chi non è d’accordo è terrorista“, siano un po’ avvilite e vogliono poter dimostrare che anche loro, come i rappresentanti uomini, sanno essere parecchio stronze. E lì per lì direi che bisogna dargliela questa possibilità, almeno lì sfatiamo un mito, ché essere donna è meglio, diamo spazio a questa categoria d’insieme che sposa politiche sul lavoro fatte da una ministra che ha detto che il lavoro non è un diritto o da un presidente del consiglio che ha detto che gli operai e certi sindacati sono un minimo da scoraggiare (nei modi e nelle forme che in piazza conosciamo bene).
Voglio dire: il mio è un ragionamento laico ed è politico, extraistituzionale. Oggi io vedo barriere che sono di classe e identità politica. Sono le classi superiori e certe culture politiche che fanno barriera alle categorie precarie e non gli uomini in quanto branco cattivissimo. La soglia elettorale stabilita per consentire l’ingresso nelle istituzioni mette fuori gioco compagne e compagni e non sulla base del sesso. Che poi ci si faccia la guerra tra poveri e nelle liste i patriarchi dei partiti (e sceme quelle che ci stanno dentro) piazzino se stessi nelle posizioni eleggibili e le donne da contorno (e dato che non superano la soglia di voti restano tutti a spasso) è un altro paio di maniche, ma è una cosa che non mi riguarda e della quale, con tutta l’empatia possibile per le sofferenze di queste donne che scelgono il partito come strumento di azione politica, non mi voglio occupare.
Diversamente penso che se non si creano le condizioni effettive per cui le persone, donne incluse, possano recuperare autonomia e spazio anche – ma non prioritariamente, ché qui ci serve reddito e lavoro e non posizioni di prestigio – nella gestione della cosa pubblica, c’è poco da servirsi delle quote. Non è possibile che chi parla di quote poi mi massacra la possibilità di accedere a qualunque cosa, istruzione, sanità, lavoro. Bisogna che si creino prima, a monte, le condizioni affinchè io, in quanto categoria “svantaggiata”, e non necessariamente per questioni di genere, possa essere compresa, se vogliamo parlare di donne, anche se trovo il discorso riduttivo se espresso in questo senso.
Se non crei quelle condizioni, se tu Fornero fai una riforma che mi massacra in ogni senso, e poi evochi il 50/50 per gratificarmi dicendomi che il motivo per cui non posso fare cose che mi piacciono sono gli uomini cattivi, c’è di sicuro qualcosa che non va. Perché sarà lei o quelle come lei a fruire di quelle quote “rosa” (e il rosa, stereotipato, uffa, puzza!). Dunque in definitiva, e perdonatemi ma è così, io me ne resto tra i miei compagni precari di qualunque sesso a lottare per prendermi – senza pietire – quello che mi spetta.
Una compagna, poi, mi dice che non è certa che altre rappresentanze siano sensibili a questioni tipo la maternità e la cura familiare.
Rispondo che chiunque dovrebbe essere sensibile a diritti tipo la genitorialità. Bisognerebbe farla rientrare in un discorso pubblico a meno che non pensiamo che sia una nostra roba esclusiva avere a cuore le “questioni femminili” alle quali il vecchio Pci ti rimandava come competenza per non farti occupare di cose da maschi (economia, finanze, industria, difesa, giustizia).
Io sono una persona e non una madre addetta alla cura. Il problema della cura è politico e riguarda tutti/e. Le donne che vogliono il 50/50 lo risolvono con la conciliazione (aberrante, ché riguarda me in quanto donna e non me in quanto genitore qualunque sesso io abbia) perchè secondo la loro teoria io sarei per “natura” destinata a quei ruoli. Non fosse così avrebbero un altro approccio, più positivo, anche rispetto alla genitorialità condivisa, per dire.
Vorrei dunque superare in questo ragionamento la dimensione di genere per cui devo essere solo io a occuparmi di genitorialità immaginando io abbia lo scettro della competenza autoinsignita. E quello è uno dei modi attraverso i quali rimetti in discussione tutto e crei le condizioni affinché poi “naturalmente”, grazie ad una evoluzione culturale della società, io, se voglio, avrò accesso anche alla carica di Presidente del Consiglio (per chi aspira a tali ruoli).
Se butti via lo scettro del materno e dici che il tuo ruolo non può essere solo di cura allora la società culturalmente cambia e non saranno più le donne a pensare alla casa, la famiglia, la cura mentre gli uomini amministrano la cosa pubblica.
Le quote rosa sono alibi sociali, per me, che mi consegnano il bollino della vittima e svolgono una funzione tutoriale sgravando di responsabilità le Fornero e i ministri vari che in generale fanno di tutto per azzopparmi e farmi restare a fare l’ammortizzatore sociale di un welfare inesistente.
E io non voglio essere soccorsa. Non voglio regali. Non voglio assistenzialismo quando c’è da affermare la mia capacità. Io voglio, esigo, strumenti e diritti. E me li prendo, incluso quello di dire come la penso e ribadire che le quote rosa non solo non mi piacciono ma mi offendono.
Grazie per aver letto fin qui.