A pochi giorni dalla notizia della condanna subita da Sallusti in qualità di editore per un articolo scritto da un altro che inventava sciocchezze addebitando decisioni coatte a chi invece applicava la legge ratificando decisioni assunte in totale libertà da una ragazza che intendeva abortire, a pochi giorni anche dalla fine del FemBlogCamp dove tra le altre cose si è tenuto un incontro molto ricco di interventi e contenuti sulla 194 con partecipanti provenienti da tutta Italia a raccontare in quanti modi i gruppi no-choice tentano di introdursi o si sono già introdotti, anche con l’aiuto del Pd, dentro i consultori, ora veniamo a conoscenza grazie alla segnalazione di Monica di una notizia che ci lascia davvero esterrefatte.
Una donna si reca in ospedale, Policlinico secondo di Napoli, per un aborto e viene insultata e percossa da un anestesista. Violenza nella violenza. Non solo le donne devono subire pressioni e giudizi e limitazioni della propria libertà di scelta ma addirittura devono essere giudicate, apostrofate, insultate e picchiate dentro le sale operatorie? Direi che mo’ basta.
“Dopo aver sedato la paziente senza attendere l’arrivo dell’anestesista, il medico 69enne, V. I., non si rende conto di aver sbagliato farmaco e dosi. La donna, invece che addormentarsi, ha cominciato ad agitarsi e urlare. Il medico, dal canto suo, ha pensato bene di prendere a schiaffi la paziente, afferrarla, stringerle i polsi, metterle le mani al collo e minacciandola, dicendole che se non si calma suo figlio resterà orfano. Dopodiché la insulta, chiamandola “stronza” e “tossicodipendente”. In conseguenza di tutto ciò la donna riporta la rottura della vena brachiale destra, che era stata incannulata in precedenza. La vicenda termina solo quando un collega dell’ospedale, accorso per le grida della donna, ferma il medico apostrofandolo: «hai rotto! Che modi sono questi?». Questa la ricostruzione effettuata sulla base degli elementi raccolti dagli inquirenti. Il gip (…) ha quindi sospeso il medico dalla professione per due mesi.
In sede processuale il medico si è difeso asserendo che, non avendo la paziente reagito all’anestetico oppiaceo somministratole, ha pensato che ne fosse assuefatta, e quindi tossicodipendente. Un motivo valido, secondo l’indagato, per aggredire verbalmente e fisicamente una donna. Le considerazioni svolte dal pm sono in linea con la pericolosità sociale di tale individuo: «In relazione alla sua attività di medico radiologo appare evidente e concreto il pericolo di reiterazione di sue condotte illecite analoghe a quelle per cui si procede». Come a dire: state attenti, potrebbe rifarlo. «Per scongiurare che commetta altri reati della stessa specie appare quindi proporzionato alla gravità del fatto e alla sua personalità applicare nei suoi confronti la misura interdittiva della sospensione dell’attività di medico».“