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Camminare piano piano verso una fontana (con un bambino nel marsupio)

Janaìna ha letto un articolo (che vi riportiamo in basso perchè come dice lei dopo un pò i link non funzionano più) a proposito delle opinioni della Badinter sulla maternità (delle quali anche noi avevamo abbondantemente ragionato in questo post) e ha scritto di getto questa nota che condividiamo con voi. Buona lettura!

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Camminare piano piano verso una fontana (con un bambino nel marsupio)

Parto dall’idea che dobbiamo essere libere di scegliere se fare o non
fare figli. Questo oggi è possibile, con buona pace dei medici
obiettori. Se c’é una lotta da fare é per far sí che continui a essere
possibile, e perché ci sia meno sofferenza possibile qualsiasi sia la
scelta che facciamo.

Una volta fatti, i figli, non si vede perché
dovremmo accontentarci di essere madri mediocri, e perché mai questo
dovrebbe renderci più felici, e magari rendere felici anche i bambini,
o gli adulti che diventeranno.

Io sono più felice se faccio del mio
meglio nelle cose che ritengo importanti. È in questo che trovo il
“senso di me”.

Perché dovrei mettere il mio impegno nel lavoro o nella
militanza per salvare il minollo marino dall’estinzione e non
nell’essere madre? come si sentirà una persona che cresce pensando di
venire comunque dopo le altre attività in cui i genitori ritengono
valga la pena essere non-mediocri?

“Se non sono importante per mia
madre per chi lo sarò mai?” Una persona che cresce con questa idea non
cresce molto rilassata secondo me. Il “neonaturalismo” di cui si parla
nell’articolo non mi pare proprio il primo problema.

Dove sono queste
madri scimpanzé? Io mi guardo intorno e vedo soprattutto madri che
vorrebbero stare con i loro figli e non possono, perché non hanno
diritto al congedo per maternità essendo prive di contratto, o perché
quando hanno la maternità sono tre mesi. Ma l’avete visto mai un
bambino di tre mesi? Come si fa a mandarlo al nido o lasciarlo con una
sconosciuta? Lí non é che ci si sente in colpa, é che ci si sente
addosso tutta la violenza di questa organizzazione sociale assurda che
ti costringe a strappartelo dalle braccia.

Certo guardandomi intorno
vedo anche i genitori, madri e padri, che mettono i figli in fondo
alla lista delle priorità. Uno una volta mi ha detto, “eh, spesso ci
dimentichiamo che i figli hanno anche bisogno di passare del tempo con
noi ogni tanto”. Ci dimentichiamo? Tu ti dimentichi. Io no. La mia
vita é organizzata intorno a questo. Perché altrimenti mi sentirei in
colpa. Il senso di colpa sarà pure una cosa da preti, ma in realtà é
stato inventato tanto tempo prima dei preti (i quali si prendono il
diritto di fartelo passare con quattro avemarie, ma solo dopo che te
l’hanno fatto venire per cose del tutto innocue o anche piacevoli per
il prossimo).

L’empatia é insita nei nostri neuroni, pare, ed é bene
secondo me che venga rafforzata culturalmente. Cosicché quando
“facciamo agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi”, non ci
sentiamo troppo bene. Senza il senso di colpa potremmo fare le azioni
più orrende in vista del nostro piacere momentaneo.

Ieri sera ho visto
un film tratto dal Ritratto di Dorian Gray. Il film era bruttissimo ma
mi ha fatto ripensare a quella storia che invece é interessante.
Dorian Gray non era felice. Se non ci piace l’idea di colpa, pensiamo
al senso di responsabilità. Una volta in un corso di psicologia la
prof ha fatto una piccola indagine sul significato che aveva per gli
studenti la parola responsabilità. Io ero tra loro e ho risposto che
per me significava pensare alle conseguenze che le proprie azioni
hanno sugli altri. La prof mi ha informato che, stando alle ricerche
in merito, la mia era una risposta tipicamente femminile. Mi ha fatto
ridere perché fino a quel momento avevo pensato che fosse l’unico
senso possibile.

Se non abbiamo voglia di prenderci responsabilità
verso altre persone, perché mai dovremmo scegliere di fare dei figli?
Ci sono persone che vedono la libertà come assenza di legami.
Perfetto, ognuno la vede a modo suo, niente da dire. Ma non si può
pensare di creare un legame (in cui una persona é biologicamente
dipendente da noi, per di più) per sfruttarlo solo quando ci va. Il
risultato é un legame brutto che non rende felice nessuno.

Un’altra cosa che mi viene in mente é il piccolo principe, che sarà
pure un po’ stucchevole, ma su certe cose aveva ragione. “Hanno
inventato tante pillole per risparmiare il tempo di andare a mangiare
e a bere”-gli dice la volpe o non ricordo chi- “pensa a tutte le cose
che potresti fare con il tempo guadagnato”. “Io camminerei piano piano
verso una fontana”, risponde il piccolo principe.

Inventiamo congegni
(costosi) che ci liberano delle cose essenziali e allo stesso tempo
più belle. Questo in che senso ci libera? In genere, libera la nostra
forza lavoro in modo che possa essere sfruttata da un padrone. Grazie,
ma preferisco allattare o frullare verdure. A volte, nel caso delle
donne madri, l’idea che debbano liberarsi di figli piccoli ed esigenti
è messa in campo da uomini adulti e in grado di badare a se stessi – in
teoria – che richiedono maggiore “attenzione e disponibilità” alle
mogli. Da ottenersi non aiutandole e condividendo la fatica (e il
divertimento), ma sostenendo che il bambino si vizia se lo tieni in
braccio, e che bisogna lasciarlo piangere fino all’ora che hanno
stabilito essere giusta (loro, o il medico).

A parte la filosofia di
fondo, nell’articolo gli argomenti concreti mi sembrano davvero poco
sensati. In realtà, allattare é molto meno faticoso che non preparare
biberon. Nel mezzo della notte quando si é piene di sonno, in treno, a
un concerto sulla spiaggia, mentre si legge o si scrive un saggio, o
nelle situazioni più complicate allattare consente libertà alla madre
e tranquillità al bambino. Per di più si viaggia leggeri, si
risparmiano un sacco di soldi e non si é dipendenti dalle
multinazionali (non é che l’autrice del libro prende la mazzetta dalla
nestlé o dalla plasmon?). Inoltre l’allattamento come si sa rende i
bambini più sani, dunque risparmiamo notti insonni e giorni chiuse in
casa con loro febbricitanti.

Un bambino sano va all’asilo e ci lascia
più tempo per noi, o per il lavoro. Non so se allattare sia un dovere,
ma scegliere di non allattare quando si potrebbe farlo mi sembra una
grande scemenza e anche piuttosto masochistico. Se poi una non vuole
fatti suoi e nessuno la obbliga, ma non si capisce perché la filosofa
in questione ritenga che lo stato britannico dovrebbe farsi carico
delle scempiaggini dei propri sudditi.

Chiaro che il latte in polvere
andrebbe rimborsato se una donna é povera e per reali motivi di salute
non può allattare. Andrebbe rimborsato come si rimborsa un medicinale.
Ma i casi in cui non si può allattare sono davvero pochi in realtà,
per lo più sono indotti da una assistenza errata da parte del
personale sanitario.

La questione del frullamento delle verdure mi
pare anche ridicola: non é che ci voglia poi tutto ‘sto tempo, non é
che dobbiamo tritarle a mano. In compenso quando ci troviamo a fare
“un cucchiaio a me uno a te” con nostro figlio ci mangiamo pappe più
che appetibili e non quelle schifezze di omogeneizzati. Inoltre ci
risparmiamo crisi di nervi successive perché il bambino abituato
all’omogeneizzato fatica ad abituarsi ai cibi solidi. Basta saper
guardare un poco poco più in là del proprio naso, e pensare a che cosa
a lungo o anche medio termine aiuterà di più non solo i bambini ma
anche noi.

Quanto ai pannolini di stoffa: questo non ha nulla a che
fare con l’essere madri migliori, al bambino in genere non frega
niente del tipo di pannolino (a meno che non abbia allergie). Io ho
cominciato a usarli perché stando a Napoli ci si accorge molto bene di
che cosa significhi società dei consumi, nel senso che tutti i nostri
scarti lì rimangono, a formare montagne sotto casa, non possiamo far
finta di dimenticarli. Insomma non mi andava proprio di contribuire
con tonnellate di pannolini impossibili da bio-degradare nei secoli
dei secoli. Comunque i pannolini di stoffa di concezione moderna si
lavano molto facilmente in lavatrice insieme alle altre cose e il
tempo che fanno perdere é davvero poco. Inoltre, di nuovo, si
risparmiano un sacco di soldi. Se le lavatrici inquinano, allora
inquina anche lavare i piatti, e allora usiamo ogni giorno piatti e
bicchieri di plastica che dite? I pannolini di plastica potrebbero
tranquillamente essere ridotti alle occasioni in cui si é in viaggio o
in situazioni molto scomode (fra l’altro esistono quelli usa-e-getta
biodegradabili, per il momento ancora un po’ cari e difficili da
procurare in Italia).

Ma tutte queste sono questioni abbastanza
accessorie se stiamo parlando di realizzazione e felicità delle donne.
Sono fermamente convinta che nessuna dovrebbe dedicarsi esclusivamente
ai figli e smettere di perseguire i propri sogni e la propria
realizzazione come individuo. Una madre che pensa solo ai figli, fra
l’altro, diventa una madre opprimente che non può permettersi di
lasciarli crescere, per non perdere il senso della propria vita.

Però
il legame con i nostri figli non può essere trattato come una cosa
secondaria, va curato e dobbiamo chiederci quali siano i tempi e i
modi giusti, che facciano stare bene loro e noi. Questo può anche
significare che una serie di cose devono essere rimandate di un po’.
Per il primo anno di vita un bambino può anche arrivare ad assorbire
quasi tutte le nostre energie. Ma, come mi ha detto una volta una
madre di tre figli, una persona piena di interessi oltre che impegnata
nel lavoro: il tempo in cui ti devi dedicare interamente a loro è così
poco alla fin fine, nella prospettiva di una vita intera!

Però quel
tempo, che ogni mamma e ogni bambino misura in modo diverso, é troppo
prezioso e deve essere dedicato, soprattutto se vogliamo che crescano
e diventino davvero autonomi quando sono in grado di camminare sulle
proprie gambe. Se la società ci rende impossibili questi tempi e modi
dovremmo lottare per ottenerli, cercare di fare di tutto per
ritagliarceli nel frattempo, cercare di avvicinarci il più possibile a
quanto ci sembra giusto, non rinunciare in partenza.

>>>^^^<<<

Ecco l’articolo del corriere preceduto dalla breve di Janaìna:

"Ho ricevuto un articolo che mi ha fatto innervosire, così mi é venuta
la necessità di scrivere una nota di risposta. Riporto l’articolo, dal
Corriere, perché poi i link dopo un po’ non funzionano piú:


Famiglia –

«Basta con la concezione del corpo femminile sempre
disponibile»

«Schiavizzate dai figli scimpanzé»

La filosofa che libera le mamme

Il libro della Badinter è un caso in
Francia: obbligate ad allattare dai «neonaturalisti»
Quest’articolo è dedicato alle mamme mediocri. A quelle che per
stanchezza comprano omogeneizzati e sono colpevolizzate da cognate che
frullano nonstop verdure per le pappine. A quelle che, nel primo
giorno di lavoro dopo la maternità, salutano l’erede straziate da
rimorsi; poi escono in strada e mentalmente urlano «evvai! ». A quelle
criticate dai figli perché sono pasticcione, spesso assenti e incapaci
di fare torte. A quelle che non ce l’hanno fatta ad allattare; e poi,
quando magari la piccina ha trentasei anni e dirige un laboratorio di
nanotecnologie, continuano a giustificarsi, «sa, proprio non ne
avevo».

Allattare è un diritto, non un dovere; fare le mamme è una
cosa meravigliosa (a volte); ma non c’è un solo modo per farlo. E
mentre si sta (a volte) finendo di uscire dalla tirannia maschile, si
rischia di rimanere vittime della tirannia della perfetta maternità.
Lo sostiene la filosofa francese Elisabeth Badinter nel suo Le
Conflit, la Femme et la Mère. Il libro ha scatenato dibattiti in
Francia e nel mondo anglosassone. Molti/e lo hanno attaccato; molte lo
devono avere comprato, perché è in cima alle classifiche della
saggistica. Già trent’anni fa Badinter, con il suo L’Amour en Plus,
aveva smontato il concetto di istinto materno. Ora se la prende con
quelli che pretendono di trasformare le donne che fanno figli in
«mamme scimpanzé», sempre attaccate alla prole; il più naturali
possibile, talmente naturali da perdere ogni senso di sé.
Colpa, dice Badinter, anche delle istituzioni.

«L’idea del libro», ha
raccontato, «mi è venuta nel 1998. Il ministro della Sanità Bernard
Kouchner aveva firmato un decreto che proibiva di rimborsare il latte
in polvere alle puerpere. Mi è sembrato un cambio di linea sulla
maternità. Volevano a ogni costo incoraggiare, forzare moralmente le
donne ad allattare… E a causa di questa politica di pressioni e
colpevolizzazioni, ho constatato un rovesciamento dei valori, che
minacciava la libertà delle donne». Non più individui, ma madri-terra
con ogni genere di compito e responsabilità verso la prole. Anche se,
ricorda Badinter, non a tutte interessa: «Ci sono due tipi di donne,
quelle che amano ritrovarsi tra femmine mammifere e quelle che non
vogliono neanche sentirne parlare» (Badinter, mammifera con tre figli,
spiega: «non nego la maternità, nego l’istinto materno universale »).

Poi ci sono le donne anti-ecologiche, pare. Come Badinter,
stigmatizzata da molti in quanto dubbiosa sull’uso dei pannolini di
stoffa. Lei risponde stigmatizzando la giovane mamma Cécile Duflot,
segretaria dei Verdi; convinta che «li laveranno gli uomini»: «Mi
chiedo dove viva. In Francia, a ogni figlio in più, la donna lavora di
più in casa, e si assume l’80-90 per cento dei compiti. Che
incoscienza, convincere le donne a fare nuove fatiche. E poi anche le
lavatrici inquinano». E poi c’è chi difende Badinter contro quello che
chiama il «neo-naturalismo».

Come la docente di filosofia Catherine
Malabou, che su Le Monde insiste: «I discorsi sulla “buona madre” sono
fondati su una concezione del corpo naturalmente femminile e sempre
disponibile. Senza storia, senza conflitti. Offerto. Un corpo così,
diciamolo, non esiste». Come non esistono le mamme perfette. Tanto che
Badinter si chiede se non sia il caso di tornare a fare le mamme
riprendendo certe pessime abitudini francesi: «Qui siamo sempre state
madri mediocri, ma eravamo più felici». Se ciascuno/ a riconosce i
propri limiti sono più felici tutti, a pensarci (e una mamma non
colpevolizzata né colpevolizzante, si sa, fa bene ai piccini).

Maria Laura Rodotà
09 aprile2010
"

Posted in Pensatoio, Personale/Politico.


9 Responses

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  1. Rita says

    Credo che le affermazioni della Badinter vadano prese con elasticità… non penso che stia appoggiando le multinazionali come la pampers e neanche che sostenga l’inquinamento con l’uso dei pannolini usa e getta.
    Mi sembra che semplicemente si opponga alle pressioni che noi stesse ci facciamo, di cui noi stesse siamo vittime, perché ci imponiamo un modello rigido della mamma “perfetta”.
    Lo vivo in prima persona in questo momento, perché aspetto un bambino e sto vivendo la gravidanza in modo meraviglioso… ma devo dire anche che sento una pressione continua sulle mie scelte di maternità che mi disturba.
    Ho le idee piuttosto chiare e seguo una linea contro l’eccessiva medicalizzazione, voglio comprare i pannolini lavabili per tante ragioni e voglio assolutamente allattare al seno mio figlio.
    In ogni caso mi sento donna prima di essere mamma e mi piace fare quello che sento pensando anche a me, con la mia consapevolezza; rifiuto di ascoltare un senso di colpa che considero solo fonte di grande frustrazione che emergerà successivamente sotto tante forme.
    Mi succede che appena valuto un’opzione che non si inserisce nella categoria del “naturale” mi sento giudicata dalle donne che seguono il mio stesso percorso…
    Per esempio sto facendo tante cose per prepararmi al parto e per riuscire a viverlo con le mie risorse, ma voglio usufruire anche del mio diritto a non soffrire se dovessi sentirne la forte necessità. Quando espongo la mia apertura all’epidurale, mi sento dire che devo pensare prima a mio figlio, ai rischi, al dolore che serve… non credo di amarlo meno perché non sono disposta a sopportare tutto, ma sento che lui prende le energie di una mamma soddisfatta e sento che la mia soddisfazione come donna e come madre dipenda da quanto mi comporto in base a ciò che sento dentro, senza annullarmi e vivere solo in funzione di mio figlio.
    Conosco qualche mamma che vive la maternità con grande elasticità e serenità mantenendo i propri interessi, pur essendo sempre presente col figlio/a.
    Ma sono circondata da mamme che non si realizzano in nessun altro modo, che non parlano d’altro, che hanno fatto la scelta di vivere la maternità a 360 gradi e di dedicarsi totalmente a questo.
    Una scelta bellissima, ma che una donna oggi deve avere il diritto di non sentire dentro di sé e non per questo essere considerata una madre superficiale.

  2. valeria palazzolo says

    invece io amo la badinter, e trovo che il differenzialismo si sia impastato con il peggio del cattolicesimo, con il new age, con la crisi economica che riporta le donne a casa, con i libretti beceri delle donne che vengono da venere gli uomini da marte, con la cattiva scienza e la cattiva medicina, che, se ieri ti strappavano il bambino dal petto in nome dell'”igienicissimo” latte artificiale (era l’epoca in cui le donne cominciavano massicciamente a lavorare fuori casa) oggi negli ospedali ti impongono l’attaccamento al seno del neonato anche se hai le ragadi o ti fa schifo (può succedere, una volta ottime madri non volevano allattare e lo consideravano normale) minacciandoti, se non lo fai, un figlio malato, psicopatico, depresso.E noi ci siamo cascate.
    cos’è la natura è difficile dirlo. chi ha esperienza di montagna sa che le mucche al primo parto spesso abbandonano i vitelli per lo spavento, il dolore e la fatica, e tocca all’allevatore rimetterli insieme. cento anni fa una donna che lavorava era contronatura. e l’omosessualità allora? il discorso naturale è sempre vischioso.
    la verità è che le madri di oggi,non nascondiamoci dietro un dito, sono una pessima pubblicità per il prodotto-bambino. oh, certo, non metto in dubbio che siano felicissime del figlio. ma la loro vita, molto spesso, non sorride. vedo dappertutto madri infelici, nevrotiche, angosciate.perché? questo non succedeva trenta anni fa, quando le donne ritenevano che il futuro sarebbe stato segnato dal loro riprendersi in mano il mondo. il mondo, intendo, quello di fuori. Io uso gli assorbenti di stoffa e se avessi un figlio di sicuro userei i pannolini di stoffa, ma non cambia la faccenda. le argomentazioni della badinter possono essere contestabili se prese una per volta, ma certo è vero che attraverso questo postulare il ritorno delle donne alla loro “naturalità” di madri si sta decidendo la loro schiavitù. io di donne scimpanzé ne vedo, e molte. solo che gli scimpanzé mi sembrano complessivamente più soddisfatti della loro vita.
    io non voglio dare risposte specificamente femminili: non mi interessa. prima di essere donna voglio essere persona. prima di essere madre vorrei essere genitore.
    ma siccome non è più possibile, la società ci riporta a strattoni in direzione della più elementare, presunta, “naturalità” di essere madre e le donne, un po’ per convinzione, un po’ per suggestione, un po’per vessazione, dicono di esserne addirittura contente, pazienza.non lo sarò.

  3. francesca says

    io penso che il dibattito sulla maternità bisognerebbe riportarlo alle questioni economiche che la governano.
    essere madri è un obbligo ma essere produttive anche. se si vuole che le donne continuino a fare le operaie sottopagate (a salario inferiore rispetto agli uomini) o le lavoratrici precarie a servizio di imprese e industrie che si arricchiscono sulla nostra pelle l’unica soluzione che ci propongono è la “conciliazione” e ha ragione ste quando dice che questa sembra più la dittatura della perfetta mamma/lavoratrice (precaria) che non la stagione della libertà di sceltà.
    il mito dell’istinto materno (per dirla con galimberti) non esiste. non è certo stata la badinter a dircelo. prima di lei l’hanno detto in tante. sulla colpevolizzazione alle madri se ne può parlare moltissimo ma il punto vero non è salvare dalla colpevolizzazione le mamme. il punto vero è offrire una soluzione alla loro precarietà e alla dipendenza economica.
    e non è di certo facendo da sponsor alla plasmon e alla nestlè che si autano le donne precarie.
    quando si leggerà un j’accuse contro la società consumistica che sfrutta le donne per avere altri figli da mettere sulla catena di montaggio e che le sfrutta anche per farle lavorare sotto la pressione costante della precarietà allora potremo dire che si tratta di un’opera coraggiosa.

  4. ste says

    copio e incolla dal gruppo fb femminismo:

    “io leggo un giudizio pesante, che personalmente condivido, sui sistemi produttivo/riproduttivo e non sulle madri che lavorano.
    janaìna punta alla luna e fermarsi al dito è un pochino riduttivo.
    vuoi dire che tutte le madri che lasciano il figlio al nido per andare a fare un lavoro co.pro o interinale pagato una miseria nell’attuale sistema lavorativo, siano donne felici?
    non è la carfagna che parla di “conciliazione” del lavoro e della maternità per mantenere produttive le donne a servizio di confindustria e della patria?”

    io aggiungo che la stessa cosa che dice la carfagna la dicono le donne di casapound.

  5. Walai says

    Concordo sull’allattamento al seno e non mi sembra una donna stupida o codarda, ha semplicemente una sua opinione ed è una mamma sincera!
    Secondo me l’essere madre ti cambia dalla testa ai piedi e non perchè diventi un golem o uno zombie ma solo e semplicemente perchè acquisisci delle nuove responsabilità che, se sei una persona priva di pregiudizi, potrai portare avanti in maniera serena, rispettando i propri valori e crescendo i figli con naturalezza, senza forzature o leggi precise.
    Essere una madre distrutta, stanca, è cosa comune, non è sano secondo me invece snaturarsi e abdicando alla propria figura di madre, solo per un desiderio malsano di tornare ad essere quelle che si era. Si cresce, si cambia, le priorità cambiano al 100%, le persone si evolvono, l’essenza rimane ma quando hai un figlio da crescere non hai molto tempo (almeno per i primi anni) di pensare a te stessa, ecco perchè una madre ha bisogno di sostegno, forza e aiuto da parte di un compagno, marito, amico, parente! Poi è indubbio che un po’ di tempo per se stesse è assolutamente e totalmente dovuto ma tutto il resto .. CAMBIA!

  6. lidia says

    wow!
    addirittura rimproverarci di aver trasgredito ad un dogma 😀
    ma vi è mai sembrato che noi fossimo fedeli ad una linea precisa su queste cose a parte che per la libertà di scelta?
    se è così, sorelle, bisogna riunirsi e parlare perchè forse abbiamo comunicato male quello che volevamo dire…
    la maternità che abbiamo voluto chiamare “responsabile” è un fatto soggettivo.
    dal personale al politico, ricordate?

    ps: quella fotografia è straordinaria!

  7. sara says

    si ma poi che vuol dire “non è da voi”? 😀
    per parlare di autodeterminazione in questo blog che si dovrebbe dire?

    non so chi tra noi l’ha pubblicato ma io approvo in pieno. anzi mi sembra molto meglio di quelle ipocrisie sulla “conciliazione” tra lavoro (come schiave del padrone, come giustamente dice janaìna) e ruoli di cura.

    e la binetti non scriverebbe mai che ciascuna deve poter scegliere se essere madre oppure no…

    personalmente pretendo che ci sia un asilo nido che mi permetta di lavorare, per me e per la mia indipendenza economica e non per un X padrone. pretendo strutture e tutto il resto e non mi sono mai sentita in colpa per aver lasciato mio figlio in un nido quando ne ho avuto bisogno.

    ma è il mio modo di pensare e non lo impongo a janaìna come janaìna non mi impone il suo.

  8. fikasicula says

    no anna, è una donna libertaria e autodeterminata che non impone niente a nessuno, che è per la massima libertà di scelta e che non vuole farsi dire da nessuno come fare la madre.
    mi sembra espressione di autonomia anche questa, no?

  9. Anna says

    Scusate, ma questo post non è da voi! E’ allucinante! Ma chi è questa, la figlia della Binetti?