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Sul perché non mi offendo se mi danno della puttana.

In questi giorni in cui tutt* si affannano a fiaccolare, indignarsi, accorgersi di punto in bianco che essendo le prostitute anche un pochino donne, soprattutto quando muoiono (perché quando son vive paiono qualcosa da schifare e nascondere come la polvere sotto al tappeto), forse possono essere utili alla crociata in difesa delle femminee virtù….il collettivo Femminismo a Sud ha avuto un’idea davvero innovativa per gli italici lidi, e si è chiesto… ma se domandassimo ad una sex worker di raccontarci qualcosa di sé, del suo lavoro, della sua personale percezione in merito a tanto vituperata attività? E così, siccome siamo assolutamente contrari* alla vittimizzazione costante a cui sono sottoposti soggetti autodeterminati (a cui viene sistematicamente negata la possibilità di esprimersi), evitiamo di aggiungere inutili supposizioni e vi proponiamo così come ci è stata restituita, un’illuminante intervista realizzata con Sylvie, sex worker italiana in trasferta a Berlino.

Buona lettura!

Sul perché non mi offendo se mi danno della puttana

Intervista a una sex worker autodeterminata

Dicci qualcosa su di te 

Il nome che uso nella casa d’appuntamenti in cui lavoro  è Sylvie,

ho 22 anni e da qualche mese vivo in Germania. Le mie giornate trascorrono spesso senza particolari lampi di illuminazione ed occupo parecchie ore facendo cose del tutto normali e poco interessanti, come ad esempio appassionarmi alla Weltanschauung proposta dalle risposte alle domande di Yahoo Answers, fare la spesa al supermercato cercando il tè verde che al prezzo più basso faccia corrispondere però un maggior numero di filtri nella confezione, pensare a come abbinare i vestiti, camminare, ascoltare musica, leggere più libri diversi senza mai usare segnalibri né fare orecchie in modo da autodisorientarmi,  ecc. La placidità della mia routine è quasi offensiva. Avevo già cominciato in Italia a fare di tanto in tanto la escort, un po’ per arrotondare, molto per curiosità.

Poi in Germania è diventato un vero e proprio mestiere.

Come hai trovato il tuo attuale lavoro?

E’ stato facile: mi sono limitata a digitare su Google in maniera piuttosto ingenua “case chiuse Berlino”. Dopo una rapida ricerca ho contattato i tre nomi più accreditati della rete, che mi hanno risposto in maniera celere ed esauriente. Ho scartato i primi due perché i responsabili con i quali ho avuto contatti mi hanno fatto una pessima impressione, cosa che è accaduta a me e ad altre colleghe purtroppo piuttosto spesso in questo settore quando si è trattato di uomini.

Svolgi il tuo lavoro in casa, in agenzia, in albergo o in vetrina? Svolgo il lavoro in una casa chiusa, con possibilità di servizio escort all’esterno.

Hai obblighi di orari o di altro genere?

Non esistono obblighi.

Gli orari di apertura sono dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 22. Mentre durante il week-end si comincia verso le 12 e si finisce intorno alle 23. Ogni ragazza può però adattare gli orari alle proprie necessità, basta comunicare in anticipo alle responsabili quando si intende arrivare e a che ora si vuole andar via. Non c’è un numero di ore minime o massime obbligatorio e si può disdire anche all’ultimo momento quanto comunicato in precedenza. La libertà è massima ed esercitare questa professione non preclude nessun’altra occupazione, lavorativa o di qualunque natura. Il servizio Escort è inoltre disponibile sempre su appuntamento ad ogni ora e in ogni giornata sulla base delle disponibilità delle singole ragazze.

Puoi prenderti tutti i giorni liberi che vuoi e, detto in parole povere, lavori quando ti pare, come ti pare, con chi ti pare.

Pagherai le tasse/riceverai contributi pensionistici per il reddito percepito?

Non si può iniziare a lavorare in Germania se non si è registrati come freelance presso il Finanzamt (ovvero l’autorità fiscale locale). Dopo una breve trafila burocratica, si riceve per posta una tessera arancione da portare con sé a testimonianza della propria registrazione nel caso in cui durante il lavoro arrivassero controlli della finanza. Per quanto riguarda la dichiarazione delle entrate e il pagamento delle tasse, la regolamentazione è la stessa rispetto a qualunque altro lavoro da free-lance.

Rispetto al guadagno, lo percepisci in toto o in percentuale? Se in percentuale in cambio di quali agevolazioni?

Per ogni prestazione, alla casa rimane una percentuale minima, dato che per iniziare ho scelto di lavorare in una casa chiusa, utilizzando i loro spazi e godendo di vari vantaggi. Non intrattengo io in maniera diretta i rapporti con i clienti. Al loro arrivo vengono ricevuti dalla “Hausdame”, la quale li fa accomodare nella sala d’aspetto e inoltre prende appuntamenti telefonici, si occupa di controllare che tutto sia in ordine, organizza i turni settimanali ed è sempre disponibile per ogni tipo di domanda. Fino ad ora ho conosciuto 5 Hausdamen che si alternano durante i vari giorni della settimana. Due di loro sono poi responsabili del servizio Escort, organizzano i dettagli degli appuntamenti con il cliente e si assicurano che in ogni momento dell’uscita la ragazza sia consenziente e tutelata: ti chiamano all’inizio della serata, a metà e alla fine per accertarsi che vada tutto bene, e ti ripetono sempre: “Non fare niente che non ti va di fare. E ricordati che il cliente non compra te: compra il tuo tempo”.

Esistono ambulatori medici/controlli sanitari speciali diretti a chi svolge un lavoro sessuale?

Non mi sono mai informata al riguardo. Da quando ho iniziato a lavorare mi sono sempre rivolta a un ginecologo privato.

Secondo te è meglio che questi controlli vengano fatti ai/alle lavorat* oppure anche i/le client* dovrebbero essere sottoposti a controlli?

L’ideale sarebbe che entrambe le parti dello scambio fossero sottoposte a controlli regolari. Al momento però non è obbligatorio né per le ragazze né per i clienti. Io personalmente mi sottopongo in maniera regolare a controlli medici, ma non si può dire lo stesso di ogni lavoratore del settore, men che meno della clientela.

Sei parte di un sindacato o ne conosci?

Non faccio parte di un sindacato e non ne conosco. In effetti non mi sono mai informata al riguardo.

Come ti trovi con i tuoi datori/datrici di lavoro? E con le colleghe/colleghi?

Lavoro da poco tempo, ma il rapporto che si è instaurato con le datrici di lavoro è stato subito di simpatia e fiducia. Sono piuttosto giovane e per questo ho ispirato una sorta di istinto di protezione nelle colleghe più grandi e nelle responsabili. Il posto in cui lavoro è declinato completamente al femminile. Responsabili e lavoratrici sono tutte donne e, nonostante questa totalità femminile, non ci sono mai liti o tensioni. Altre colleghe con più esperienza dicono che non è inusuale che in altre case ci si imbatta in screzi, competizioni insensate, atti di bullismo e mobbing. Penso di avere avuto una fortuna non comune nell’essere capitata come primissima esperienza in un luogo così piacevole e tranquillo. Nella sala di ritrovo dove le ragazze passano il tempo fra un cliente e l’altro si creano spesso situazioni paradossali che trovo molto divertenti e scommetto che nessuno potrebbe immaginare la maggior parte delle conversazioni che mi capita di ascoltare. Provate a immaginare una ragazza biondissima, altissima, truccatissima, in abiti succinti che chiede dall’alto del suo tacco 14: “Hey, ma tu l’hai visto Lo Hobbit?” e l’altra, stravaccata su un divano mentre sfoggia una mise improbabile costituita da un body di pizzo nero a perizoma appena celato dietro un pesante accappatoio di spugna degno di una qualunque delle mie molteplici zie italiche accompagnato da calzettoni che le rendono impossibile rimettere i piedi nelle scarpe da spogliarellista che si è scelta: “Eh sì, ma io preferisco Harry Potter! E’ che mi coinvolge di più dal punto di vista del sentimento… Vedendo Lo Hobbit mi sono emozionata solo durante un minutino, tutto il resto del film era piatto!” e la bionda, infervorandosi: “Ma che dici! Ah, scusa devo andare, c’è il mio slave delle 16.45”.

Le ragazze che lavorano da più tempo hanno diritto a uno degli armadietti che occupano per intero la parete adiacente all’entrata del personale, tappezzata di adesivi che recitano “Kein Sex mit Nazis!” (“Non si fa sesso con i nazisti!”), oppure scritte che inneggiano all’autodeterminazione delle donne e dei popoli. Non tutte le ragazze hanno una coscienza sociale così spiccata, ovviamente, e non tutte le ragazze hanno interesse in ideologie di stampo anche solo vagamente femminista. C’è anche chi ad esempio lavora per mantenere il ragazzo approfittatore, ma l’ambiente è abbastanza stimolante.

Qual è la tua tipologia di cliente?

Una delle responsabili è venuta a parlarmi durante l’orario di apertura in uno dei miei primissimi giorni di attività per chiedermi come stessero andando le cose e in quella occasione, fra gli altri, è saltato fuori proprio questo argomento. Lei mi ha spiegato che ogni ragazza attira clientela secondo le proprie caratteristiche specifiche e che, normalmente, se ci si pone in una determinata maniera si ottiene un riscontro affine alle proprie modalità. Io mi presento al cliente con cortesia e tranquillità e fino ad ora ho avuto esperienze con tipologie umane abbastanza varie: il giovane facoltoso, la coppia di amici curiosi, l’uomo più avanti con l’età, gli amanti del sadomaso, coppie, donne (anche se in rari casi), turisti, uomini d’affari, feticisti ecc. Non c’è un vero e proprio cliente tipo, il che è una cosa che apprezzo. Tutti però si sono rapportati a me in maniera gentile, sono stati corretti nel rispettare i limiti e le condizioni che avevo posto e si sono rivelati spesso persone piacevoli. Per molti dei clienti è inoltre fondamentale che il rapporto sia piacevole e coinvolgente anche per la ragazza e si sforzano di compiacere la partner. Si parla parecchio e, prima di prendere nuovamente appuntamento con me, tutti si assicurano che io abbia interesse nel rivederli e che ciò che è avvenuto nel nostro tempo insieme non mi abbia disturbato in alcuna maniera. Uno degli ultimi clienti con i quali sono stata mi ha detto proprio pochi giorni fa: “Ecco, ti dico il mio nome, così quando chiamerò e chiederò di te potrai capire subito chi sono e decidere se accettare o no. Non vorrei mai che tu pensassi –Oh no! Non di nuovo lui!-“.

Come si svolge la contrattazione per la prestazione e il suo compenso?

Al loro arrivo, i clienti vengono fatti accomodare dalla Hausdame nella sala d’aspetto o, in caso fosse occupata, in una delle altre stanze disponibili. Tutte le ragazze si presentano una dopo l’altra incontrando i clienti a porta chiusa, in modo da poter già dare in privato un feedback positivo o negativo sulla base della loro disponibilità a lavorare. Nessuna è obbligata a fare nulla che non voglia. Dopo aver visto tutte le ragazze presenti, il cliente ne sceglie una e, se lei è d’accordo, torna nella sala d’aspetto, prende il denaro corrispondente alla prestazione prestabilita e poi va nella sala riservata alle ragazze, consegnando il denaro in cassaforte e annotando su uno schema per quanto tempo verrà occupata la stanza prescelta per l’incontro in modo che le altre sappiano che non potranno utilizzarla. Ai clienti viene poi chiesto se vogliono usare il bagno per fare la doccia o se vogliono qualcosa da bere prima di essere condotti in camera. Alla fine del tempo pattuito i clienti possono utilizzare nuovamente il bagno e vengono riaccompagnati dalla ragazza in camera per rivestirsi.  Dopo un breve congedo è la Hausdame che riaccompagna il cliente alla porta. E’ importante che i clienti non si incrocino mai per i corridoi in modo da garantire la privacy. Per questo è presente un sistema di campanelli elettrici posizionati in ogni stanza in modo da poter avvertire prima degli spostamenti, durante i quali comunque il cliente non è mai lasciato solo. Ulteriori campanelli di emergenza sono presenti anche in luoghi meno visibili delle stanze per garantire l’incolumità delle ragazze.

I/le clienti hanno sempre rispettato le tue condizioni o ti sei trovata a fronteggiare delle difficoltà?

Finora non mi è mai capitato alcun tipo di difficoltà.

Hai mai rifiutato un/a cliente? Perché? Quale è stata la sua reazione?

Ho rifiutato in tutto due clienti. Il primo perché veramente troppo anziano e con richieste che mi mettevano a disagio, e il secondo perché non soddisfaceva i miei requisiti minimi per l’igiene personale. Devo dire che entrambi hanno reagito con disappunto ma tranquillità.

Ecco: non è detto che un cliente che arriva nella casa faccia sesso di sicuro. Non esiste questa garanzia. Può capitare infatti che venga rifiutato da tutte le ragazze. E qualche volta è successo.

Come è cambiata la tua percezione del lavoro sessuale dopo averlo praticato?

Mi sono avvicinata al sex-working con una spensieratezza forse anche troppo incosciente. Non ho mai visto questo genere di attività come qualcosa di negativo o dannoso, ovviamente se praticata con consapevolezza e secondo determinate norme di autoconservazione. Da quando lavoro le mie convinzioni si sono rafforzate in positivo. Credo però che il posto in cui sono capitata sia un’oasi piuttosto rara di tranquillità e vorrei provare a esercitare anche in altri luoghi e in altre modalità per avere una visione di insieme più obiettiva.

Pensi che il tuo lavoro sia diverso in maniera peculiare rispetto ad un altro lavoro? Esistono caratteristiche specifiche utili a chi volesse intraprendere questo lavoro?

Il meccanismo di base è lo stesso di qualunque altro lavoro. Il corpo è uno strumento con potenzialità incanalabili in attività varie ma comunque finalizzate al conseguimento di una retribuzione. Chiunque utilizza il proprio corpo per lavorare, chiunque utilizza il corpo come strumento per avere esperienza del reale in varie forme. Mi sembra assurdo  pensare che solo la prostituzione sia un modo di sfruttare il corpo e ancora più assurdo penso sia credere che sfruttare il proprio corpo sia un qualcosa con valenza esclusivamente e inesorabilmente negativa. Per fare questo lavoro non penso ci sia un profilo specifico, basta avere interesse al riguardo.

Oltre alla legislazione che crea differenti opportunità lavorative quali sono le altre motivazioni che ti hanno spinta a preferire la Germania all’Italia?

Il tedesco è una delle lingue straniere che conosco meglio e la Germania è sempre stata fra i paesi europei che ritengo più interessanti. Non mi sono trasferita con l’intento preciso di diventare una sex-worker, e, anche se sono soddisfatta delle modalità nelle quali si è realizzata questa possibilità inaspettata, non ho ancora fatto progetti sicuri a lungo termine. Ancora non so dire quanto a lungo rimarrò, se mi stabilirò qui oppure se andrò presto in un altro paese.

A chi ti dice “piuttosto un call center che sex-worker!” cosa risponderesti?

La posizione di sex-worker non era e non è ancora oggi l’unica possibilità di guadagno che mi si prospetta. Ho frequentato l’università in Italia, sto pensando di proseguire gli studi qui in Germania e ho scelto consapevolmente la strada della prostituzione per svariati motivi. Ho avuto diverse esperienze lavorative prima di approdare in questa realtà: ho fatto la commessa, la promoter, pulito scale, fatto l’animatrice per l’infanzia, lavorato in hotel come receptionist e inoltre sono attiva da un paio d’anni come traduttrice e interprete, professione che esercito tuttora qui in Germania. Ognuno di questi lavori mi ha fatto sentire in modalità diverse che ero, volente o nolente, parte di un sistema strutturato sulla base dello sfruttamento delle mie capacità corporee e mentali. L’occupazione come sex-worker ha invece ribaltato la questione. Percepisco guadagni impensabili per un qualunque altro tipo di lavoro e non mi sono mai sentita così libera e indipendente dal contesto di oppressione emotiva e materiale che costituisce il fulcro schiavistico di ogni attività lavorativa riconosciuta come “moralmente accettabile”.

 

Posted in Corpi/Poteri, R-esistenze, Sex work.

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12 Responses

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  1. lafra says

    ciao Silvia. il tema è ampio e articolato. il singolo post in quanto intervista ad una persona relativamente alla sua esperienza non aveva come obiettivo approfondire il dibattito sul sex work in tutte le sue sfumature. proprio per cercare di lavorare meglio su questo frangente abbiamo da pochi giorni attivato una categoria specifica per farlo recuperando anche i nostri vecchi post sul tema.
    la categoria è questa http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/category/sex-work-2/

  2. Silvia says

    Forse non mi sono spiegata. O forse sono stata fraintesa. Il mio primo commento al post sicuramente è stato troppo telegrafico, però non era neanche sprezzante visto che avevo anche sottolineato che avevo trovato il post interessante (“Post interessante però… ora non facciamolo apparire come il più bel lavoro del mondo, eh… e soprattutto senza quasi complicanze o pericoli…”). Sicuramente avrebbe dovuto essere più articolato, però sinceramente non pensavo avrebbe scatenato un botta e risposta così. e soprattutto una risposta lunghissima e che, francamente, andava fuori tema col discorso delle cagne ecc, perchè non mi sembrava di aver detto di non credere nella possibilità dell’autodeterminazione delle sex workers. Detto questo l’ho ribadito dopo dicendo:”Non credo sia da demonizzare né il lavoro in sé né chi lo pratica, però non mi convince neanche la generalizzazione in positivo. Come per tutti i lavori. Questo intendevo. Certo che ci può essere anche chi adora farlo. Ci mancherebbe. Però non dimentichiamoci che non per tutte le persone che lo praticano lo è. E i rischi ci sono eccome.” PEnsavo di aver chiarito quello che volevo dire. Lo rispiego. SONO D’ACCORDO con la storia dell’autodeterminazione e che può piacere come lavoro. L’ho ribadito più di una volta. Si parla sempre di persone sfruttate e mai di persone autodeterminate. Voi lo avete fatto con il post però, dal mio punto di vista, sarebbe più corretto fare vedere tutta la realtà sulla prostituzione, per darne una visione completa. Se dici: “Questo è un blog femminista, che guarda al fenomeno nella sua totalità e nel suo intento cerca perciò di riequilibrare la rappresentazione falsata dei media per cui le sex workers rappresentate sono unicamente le vittime di tratta o quelle ammazzate” secondo me non è vero che lo hai fatto con questo post (cioè di guardare al fenomeno nella sua totalità), perchè in realtà fai vedere solo un lato della questione (quello positivo) esattamente come gli altri media fanno vedere solo quello negativo. secondo me, in entrambi i casi, non è una visione completa. Lo trovo riduttivo in entrambi i casi. Avrei preferito un discorso su entrambi i lati della questione. Ma, ripeto, questo è un punto di vista, come il vostro è un punto di vista.

  3. Claudio says

    Oddio, allora mi sa che proprio non leggi le cose che scrivo, altrimenti non si spiega come possono venire attribuiti a me pensieri partoriti solo da te.
    E grazie al cazzo che chi è stata costretta a prostituirsi e a fare porno e a scopare con chiunque contro la propria volontà avrà vissuto esperienze terribili!
    Qui si sta parlando di sex worker AUTODETERMINATE in ambienti protetti che hanno la possibilità di scegliere clientela e condizioni di lavoro (e che possono rifiutare “chi capita e magari fa schifo”)!
    Atteniamoci alle sue parole, alla sua esperienza INDIVIDUALE senza supposizioni.
    Il resto poi lo hai inventato di sana pianta, perché non se ne trova traccia in nessuno dei miei commenti. E d’altronde hai detto “secondo me tu hai l’idea ecc.”. A meno che tu non sia in grado di leggere la mente, i “secondo me tu pensi che” andrebbero evitati per concentrarsi sulle parole espresse dall’interlocutore.
    Tipo che per me la prostituzione sia il modo migliore per una donna di avere orgasmi su orgasmi.
    Semmai ho detto che la prostituzione è il mestiere migliore se ti piace prostituirti 😀
    E non ho detto nemmeno che “non ti interessa abbastanza il sesso”. Per ben due volte ho ribadito: non ti interessa quel tipo di sessualità che si vive col sex working.
    Guarda che c’è una bella differenza, eh!
    E Sasha Grey li ha spiegati diffusamente i motivi per cui ha lasciato il porno, e non c’entrano niente con quello che pensi tu. È chiaro che il sesso le interessi ancora. Semplicemente non le interessa più il porno.
    Ovidie e Annie Sprinkle invece nel porno continuano a trovarcisi un gran bene, quindi che significa, che loro sono immuni da malattie o inconvenienti? No, semplicemente che a loro piace e hanno interesse nel settore.
    Qui nessuno ha idealizzato niente, né io né Sylvie né Feminoska né penso nessun’altra di FaS: ci si è attenuti all’esperienza di una sex worker autodeterminata (ripeto: AUTODETERMINATA, non costretta, obbligata, schiavizzata, sfruttata) che fa un lavoro che le piace, con cui guadagna tantissimo e in cui si trova bene.

  4. feminoska says

    Ciao Silvia, l’intervista però è a Sylvie non a Claudio… e se per lei il sex work è stato fino ad ora una esperienza idilliaca, come puoi tu negarlo? Tu dici “non idealizzare”, io dico “non generalizzare” e ascolta… quello che è la tua esperienza o quella delle tue amiche è un fatto. Ma è un fatto anche quella di Sylvie e di altre sex workers con cui, come FaS, siamo venute in contatto negli anni. Donne che, più di tutto, chiedevano diritti e non si autocommiseravano. Queste donne esistono, e noi oggi (neanche le prime peraltro a farlo) abbiamo solo voluto dare voce ad una di loro. Questo è un blog femminista, che guarda al fenomeno nella sua totalità e nel suo intento cerca perciò di riequilibrare la rappresentazione falsata dei media per cui le sex workers rappresentate sono unicamente le vittime di tratta o quelle ammazzate… non ci sono solo loro, ci sono anche loro. Ma è un mondo complesso, e l’esistenza di sex workers autodeterminate e soddisfatte della propria attività va registrato, e ci deve aiutare ad orientare la nostra azione politica. Ad avere l’ultima parola devono essere loro, e noi dobbiamo imparare ad ascoltare.

  5. Silvia says

    Claudio, in effetti hai ragione, non è Sylvie a dare una visione idilliaca del mondo delle sex workers e del porno, sei tu quello che ce l’ha… sarebbe interessante far leggere la tua risposta a tutte le persone che sono state costrette a prostituirsi o a lavorare nel porno… non stiamo parlando nè di American Gigolò nè di Pretty Woman… non mi interessa abbastanza il sesso quindi non li scelgo come mestieri? ma fammi il piacere… non li scelgo perchè non mi va di trombare con chi mi capita (e che magari mi fa schifo solo a guardarlo, figuriamoci trombarci), preferisco andare con chi mi attrae sessualmente. E poi, nel mondo del porno si contraggono un sacco di malattie veneree, per dirne una (e anche prostituendosi, visto che purtroppo i preservativi si possono rompere…). Secondo me, tu hai l’idea che per una donna interessata al sesso sia il modo migliore per avere orgasmi su orgasmi. Mi fa un po’ sorridere. la stessa Sasha Grey ha detto più volte di aver finto nel 99% dei suoi film e di aver contratto più volte la gonorrea (e c’e’ chi si è presa/o di molto peggio della gonorrea)… E poi non appena diventata celebre ha lasciato il mondo del porno per perseguire altre ambizioni. che vuol dire secondo te? che il sesso non le interessa più? non penso proprio…
    Ripeto, certo che c’è a chi possono piacere questi lavori, nonostante i pericoli e i clienti… però niente idealizzazioni. Tutto qui.

  6. Claudio says

    Ma no, non generalizzo. Intendo: evidentemente non ti piacciono al punto tale da volerli fare come lavori.
    Per esempio a me piace cucinare, ma non vorrei mai fare il cuoco di professione.
    E probabilmente non farei nemmeno il gigolò, per quanto mi piaccia scopare, perché avrei troppa ansia da prestazione e lo vivrei male.
    Nell’intervista non c’è alcuna idealizzazione idilliaca del sex working, nessuna generalizzazione in positivo: si dice più volte che quella è un’oasi, che altrove non sono rare dinamiche di merda comuni ad altri posti di lavoro, che cose spiacevoli possono capitare.
    Praticamente Sylvie ha detto solo che questo lavoro le piace più di altri e che si trova bene in quell’ambiente, sicuramente molto meglio che in altri da lei sperimentati. Solo questo.
    E alla domanda: “Esistono caratteristiche specifiche utili a chi volesse intraprendere questo lavoro?”, ha risposto: “Per fare questo lavoro non penso ci sia un profilo specifico, basta avere interesse al riguardo”. Il che mi pare molto esplicativo: devi avere interesse nel farlo, perché sei fai qualcosa che non ti piace, qualsiasi cosa sia, la vivrai male per forza, come è capitato alla tua amica.

  7. Silvia says

    Sono d’accordissimo nel dire che, solitamente, quando si parla di sex workers o di chi lavora nella pornografia, le persone in questione vengono dipinte o come povere vittime oppure come persone senza principi, morale o scrupoli, e sempre, in entrambi i casi, come “incapaci di intendere o volere”. Quello che intendevo è che dal mio punto di vista, l’unico intento del post mi era sembrato quello di NON farlo apparire come di solito viene dipinto,cioè aberrante eccetera. ma leggendo il post mi è venuto in mente il termine “idilliaco”. E mi ha dato fastidio e non tanto per dire, ma perché ho 2 amiche che lo fanno per mestiere, una come call girl, l’altra come dominatrix. E i loro racconti sono un po’ diversi da quelli della ragazza del post. E si sono ritrovate entrambe in situazioni di merda, nonostante la prima fosse coperta dalla sua agenzia di clienti “selezionati” , e l’altra lo faccia in un “ambiente protetto”. Una lo adora come lavoro, l’altra si è trovata a doverlo fare fare, ma da qui ad adorarlo ce ne passa. Ci si è abituata e tanto schifo non le fa.
    Non credo sia da demonizzare né il lavoro in sé né chi lo pratica, però non mi convince neanche la generalizzazione in positivo. Come per tutti i lavori. Questo intendevo. Certo che ci può essere anche chi adora farlo. Ci mancherebbe. Però non dimentichiamoci che non per tutte le persone che lo praticano lo è. E i rischi ci sono eccome. Tutto qui.
    Ps: Claudio, anche a me piace scopare e giocare a pallavolo ma non li farei mai come lavori. Sei tu quello che generalizza …

  8. Claudio says

    Se ti piace scopare, la sex worker è il lavoro più bello del mondo.
    Se ti piace scrivere, la scrittrice è il lavoro più bello del mondo.
    Se ti piace giocare a pallavolo, la pallavolista è il lavoro più bello del mondo.
    A mio nonno piaceva costruire case, e per lui il muratore era il lavoro più bello del mondo.
    Il mio meccanico è appassionato di motori, e per lui il meccanico è il lavoro più bello del mondo.
    Parlare di “lavoro più bello del mondo” in modo univoco non ha alcun senso.
    E penso sia il caso di farsene una ragione: sì, ci possono essere donne a cui piace tantissimo scopare liberamente con sconosciuti e per le quali il proprio lavoro di sex worker è il più bello del mondo (esattamente come Annie Sprinkle, Stoya, Kayden Kross ripetono che l’attrice porno è il mestiere più bello del mondo).
    Immagino che se l’intervista fosse stata fatta a un uomo, a un gigolò, nessuno avrebbe avuto da obiettare sul suo amore per la professione e sui vantaggi del mestiere.
    E di sicuro mio nonno al cantiere aveva più rischi, complicanze e pericoli di una sex worker autodeterminata in una casa d’appuntamenti d’impostazione antisessista.

  9. feminoska says

    Ciao Silvia. Un tempo una cara persona mi disse “quando qualcuno parlando usa un ‘ma’ od un ‘però’, non stare attenta a quello che ha detto prima, bensì a ciò che viene dopo”. Dunque dopo il tuo però tu dici: “non facciamolo apparire come il più bel lavoro del mondo eh… e soprattutto senza quasi complicanze o pericoli…”
    Allora, a prescindere che per me il lavoro non rappresenta un’amena attività ma piuttosto una schiavitù, a prescindere dal fatto che vorrei sapere QUANTI, attualmente, possono dire di dedicarsi al ‘più bel lavoro del mondo’ e di poter determinare in maniera univoca quale sia per ciascuna persona ‘il lavoro più bello del mondo’, a prescindere dal fatto che vorrei anche sapere quante persone quotidianamente, sex worker a parte, possono dire di dedicarsi ad attività lavorative del tutto scevre di complicanze o pericoli…. e quante pur consapevoli di tali complicanze e pericoli vi si dedicano comunque per campare… ecco, tutto questo considerato, la cosa che più mi è evidente è che non accetti che una persona – non io, ma colei che si è prestata all’intervista – viva la propria attività in maniera differente da quella che tu ti figuri nella tua mente. Sulla prevenzione delle complicanze e pericoli insiti in qualsiasi mestiere, o sul fatto che forse in un mondo ideale le persone non dovrebbero lavorare per vivere, potremmo disquisire per ore (ore nelle quali diverrebbe ovvio, se già non lo è, che questi sono problemi eminentemente politici)… ma su di una cosa sono in totale disaccordo con te: sul fatto che tu dica che il sex work non può essere per qualcun* “il lavoro più bello del mondo”… se anche fosse solo un lavoro soddisfacente sarebbe abbastanza di questi tempi, e non vedo in base a quale ‘presunzione superiore’ si possa negare ad altre persone il diritto a pensarla diversamente. Questo davvero è per me una prevaricazione e un appiattimento del pensiero intollerabile. Ogni soggetto, umano e non, ha il proprio diritto ad autodeterminarsi e a scegliere in quale modalità esprimere sé stess* e il proprio percorso esistenziale… fintantoché ciò non nuoce ad altri viventi, non vedo dove stia il problema se non in false certezze che trasudano visioni moralistiche e bigotte che avvelenano la ns. esistenza da tempo immemore. Le sex workers chiedono e meritano diritti, non pietà o disgusto. E’ ora di finirla di usare le sex workers da capro espiatorio, e questo lo auspico soprattutto da parte delle altre donne, poiché lo trovo davvero vergognoso. Come dice Joreen nel Manifesto ‘Cagna’ che abbiamo pubblicato e spero leggerai, ‘Le Cagne devono imparare ad accettarsi come Cagne e dare alle proprie sorelle il supporto di cui hanno bisogno per essere Cagne creative. Le Cagne devono imparare ad essere orgogliose della propria forza e orgogliose di sé stesse. Devono abbandonare l’isolamento che le ha protette e aiutare le loro sorelle più giovani ad evitarne i pericoli. Devono capire che le donne sono spesso meno tolleranti delle altre donne rispetto agli uomini, perché gli è stato insegnato a vedere tutte le donne come nemiche. E le Cagne deve formare un movimento per affrontare i problemi in maniera politica. Devono organizzare la propria liberazione così come tutte le donne devono organizzare la loro. Dobbiamo essere forti, dobbiamo essere militanti, dobbiamo essere pericolose. Dobbiamo renderci conto che ‘Cagna è bella’ e che non abbiamo nulla da perdere. Niente di niente.’

  10. Silvia says

    Post interessante però… ora non facciamolo apparire come il più bel lavoro del mondo, eh… e soprattutto senza quasi complicanze o pericoli…

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