Skip to content


Chi vuole fare la velina?

L’hanno rifatto. Nel senso che lo hanno rimandato in onda. Il servizio in cui una dell’orgoglio velinaro ha investito Lorella Zanardo di gaie bugie sul lavoro che Lorella compie tutti i giorni per sensibilizzare tante persone sull’uso dei corpi delle donne.

E non voglio dire nulla che non sia stato già detto, a parte riconfermare la solidarietà a Lorella.

Dall’altro lato ci sono quelli di Striscia la Notizia, con i sorrisi ammiccanti dei presentatori, che per il momento sono Ficarra e Picone, due personaggi che pure mi piacevano e che io avevo conosciuto quando facevano cabaret da cantina in piccoli locali del palermitano.

E io vorrei chiederlo innanzitutto a loro, questi bei palermitani dalla parlata spigliata, che hanno lavorato tantissimo per emergere e ce l’hanno fatta, sono Ficarra e Picone, non due veline qualunque.

Sono comici con una dignità propria, con una identità precisa e ben individuabile. E come tutti gli “artisti” che aspirano al successo immagino che avrebbero avuto qualche difficoltà a esistere solo in funzione dell’ultimo flirt, in virtù di qualche pagina di un settimanale di gossip, magari ritratti a pomiciare con un calciatore, o in pose sensuali accompagnate da una intervista in cui svelavano che avrebbero voluto arrivare vergini al matrimonio e avere tanti bambini.

Perché è questo che i miei concittadini Ficarra e Picone stanno avallando. Esattamente qualcosa del quale potrebbero ridere all’infinito perché sono perfettamente in grado di coglierne i paradossi e il basso livello culturale. Non sono certo due comici che ammiccano all’intellighenzia, il due palermitano, ma sono quelli che piacciono al popolo senza fronzoli e in questi giorni mi è sembrato accompagnassero il monologo della velina parlante con chiari segni a tutela dell’azienda per cui lavorano.

Cosa comprensibile come è comprensibile che quelli di Striscia si difendano usando la crepa che noi spesso avevamo segnalato. Non certo nel lavoro di Lorella che è chiarissimo su questo punto ma nelle speculazioni moraliste di tante politicanti, direttore dell’unità e 13febbraine che, quelle si, facevano campagna elettorale descrivendo i tratti dell’italiana patriottica, perbene, moglie, madre, figlia, contro le altre, tutte quelle che facevano le ballerine di fila o le escort, non riconoscendo a queste ultime una dignità propria. Senza ascoltare le rivendicazioni di tutte le donne permale, quelle che in giro per il mondo fanno gli slutwalking e che sono stufe e arcistufe di commenti fatti da donne che supportano quelle campagne sessiste che finiscono per dire alle donne permale che qualunque cosa succeda è colpa loro.

E’ comprensibile che in questo tempo di linciaggi complessivi, quelli stimolati dagli interventi di fascismi di ogni genere, le donne che combattono una battaglia sacrosanta, contro il fascismo più bieco, quello dello sfruttamento del corpo delle donne per fare passare messaggi promozionali, elettorali, propagandistici di regime, finiscano per essere relegate tra quelle che applicano censura.

Così, con il solito sistema di sempre, fatto di totale mancanza di rispetto per il diritto di critica, ecco che arrivano le veline parlanti, a rafforzare una filosofia che tiene in vita un castello fatto da quantità enormi di tette e culi tutti in fila, senza identità, dei quali è sicuro che in pochi ricordano i nomi e le storie professionali.

Perché le donne pensano, parlano, firmano contratti e di sicuro noi non siamo mai state d’accordo quando qualcuno ha detto che queste giovani donne sono costrette a fare quello che fanno.

Scelgono un lavoro, nella precarietà assoluta scelgono quello che le fa guadagnare di più, e di sicuro hanno una opinione, di sicuro sono fedeli all’azienda per la quale lavorano ma nessuno le costringe a firmare un contratto e a prendere gli stipendi che guadagnano.

Qualunque donna parli di uso dei corpi delle donne come se in giro ci fossero donne da “salvare” sbaglia mille volte. Le donne fanno scelte e le rivendicano. E tra una scelta e l’altra c’è il diritto di ciascuna di crescere, salvarsi da sola se è il caso o dire che non vuole essere salvata da nessuno perché quello che fa lo ha scelto.

Le donne parlano e spesso in qualunque sistema di potere si verifica che quelle donne vengano usate per ripulire l’immagine di qualcosa o per legittimare situazioni di vario tipo. Decidono di farlo. E bisogna convincersi che sono semplicemente diverse da noi e che le sorellanze si fermano dove si manifestano le irrisolvibili differenze di opinione.

Perciò, per quanto colga una stortura enorme in questa iniziativa di Striscia, mi sembra che apra ad una nuova fase del confronto.

Fino a poco tempo fa le donne che parlavano dell’uso dei corpi si confrontavano con i vari Lerner, giornalisti e filosofi di sesso maschile.

Io ho visto donne di partito usare quell’argomento per attaccare Berlusconi. Ho letto articoli terribili di donne che venivano “usate” ora dalla cordata di Repubblica, ora dalla squadra de Il Fatto Quotidiano o dell’Unità. Ho visto interviste di donne usate da Santoro.

Parlo di luoghi dei quali abbiamo analizzato i diversi gradi di sessismo e la misoginia di certi atteggiamenti. Quotidiani incoerenti, presentatori tivù che relegano la bella ragazza nell’angolo del micro intervento.

Si tratta sempre di maschi prime donne, talmente pieni di se’ che non cederebbero un millimetro di visibilità ad una presentatrice, o giornalista. A parte Lerner, al quale riconosco un certo stile, parliamo di piacioni televisivi e della carta stampata che fanno perennemente la gara a chi prende più viagra prima di un intervento.

E questa è solo l’ennesima contraddizione che Ricci sfrutta per togliere visibilità al video “Il corpo delle donne” il cui effetto sembra preoccuparlo più di tutto il resto.

Perciò, dicevo, mi sembra positivo che il dibattito si evolva, che non abbia paura a includere un ragionamento sulle contraddizioni e che il confronto si realizzi anche tra donne, riconoscendo a tutte, qualunque cosa pensino, uguale dignità.

E siccome io voglio parlare alle donne, senza maternalismi, dico semplicemente quello che mi riguarda e che mi rende differente.
La costruzione della cultura berlusconiana mi ha beccato in un momento della mia adolescenza in cui già avevo gli strumenti per capirne le storture. Non è stato semplice, ma vivere in Sicilia, luogo pieno di contraddizioni, dove tutti i trucchi e gli inganni ci vengono insegnati fin da piccole, ha reso possibile che io riuscissi a farmi piacere la novità di una televisione che mi considerava un prodotto, apparentemente gratis ma strapiena di pubblicità, come fanno i social network, senza farmi assimilare da quell’immaginario.

Lo stesso non posso dire di quelle che sono arrivate dopo. Se io giocavo a esibirmi cantando con in mano il manico di una scopa, divaricando le gambe davanti allo specchio, esercitandomi per ore dopo la lezione di danza, sognando comunque di diventare una prima donna e mai una ballerina di fila, per quelle che sono arrivate dopo è stato un po’ diverso.

La mia generazione odiava l’omologazione. Giocava a chi si distingueva di più. Si aspirava alla ricchezza delle mille diversità. C’era Flashdance, c’era Madonna, c’erano i gruppi punk rock, c’erano modelli trasgressivi di donne che rompevano gli schemi e in un modo o nell’altro ribaltavano gli stereotipi.

La generazione successiva era sconfitta dall’omologazione, pettinatura unica, mossette uniche, parlate uniche, sorrisi unici, poppe uniche, glutei unici. Corpi identici, levigati dal chirurgo plastico e dal centro estetico.

I sogni sono cambiati e se io desideravo essere o almeno tentare di diventare una persona diversa, con idee mie e una mia dimensione spazio temporale, quelle che sono seguite le ho viste aspirare in tantissime alla medesima e unica cosa.

Per me, senza pregiudizi o giudizi di nessun genere, il lavoro di velina è semplicemente anonimo, non gratificante, frustrante. Non ti regala una visibilità se non quella ritagliata su pochi passi di danza e qualche ammiccamento qui e là. Non ricordo i nomi di nessuna delle veline anche se immagino che ci saranno funclub che le ricorderanno tutte come si ricordano i giocatori di una squadra di calcio.

Ma le veline non sono una squadra di calcio. Non sono una squadra in senso assoluto. Non c’è la difesa, l’attaccante, e tutte quelle figure chiave che valorizzano le diversità e che compongono una squadra per raggiungere un obiettivo. Sono i due riflessi di uno specchio in cui due persone si muovono allo stesso modo.

L’ammissione delle due veline è preceduta semplicemente da una selezione in cui il lavoro di squadra non esiste. In cui essere la “prima” significa ambire a poche pose quotidiane in uno studio televisivo in cui le inquadrature sono spesso inguinali.

E ancora non sto disprezzando perché anzi ne sottolineo l’ipocrisia. Quella via di mezzo nazional popolare che si dichiara progressista e poi detta una sua morale. Perché a voler liberare queste donne costrette nei loro abiti televisivi bisognerebbe metterle interamente a nudo e farle brindare al libero amore.

Io non farei mai la velina perché aspiro ad un ruolo di primo piano, perché voglio avere i riflettori tutti per me, perchè vorrei avere la libertà di pronunciare battute che non stanno scritte in un copione realizzato da altri. Perchè voglio essere protagonista tra le protagoniste e non comparsa tra le comparse. Perchè voglio confrontarmi con altre prime donne e mi annoia terribilmente trovarmi di fronte persone che non sanno trovare una propria autonoma dimensione. Perchè non mi piacerebbe fare balletti/marcette in sincrono. Perché io ho molto di più da dire di quei tizi che si succedono uno dopo l’altro a presentare gabibbi e tapiri d’oro.

Fare la velina per essere una tra le tante semplicemente mi annoierebbe. Sarebbe avvilente e se per emergere dovrei esporre una opinione allineata a quella dei miei datori di lavoro lo sarebbe ancora di più.

Da bambina sognavo di poter essere applaudita per ciò che sono, che penso e che rappresento e per quello che mi riguarda continua ad essere così.

Queste ragazze che si esibiscono, in un avvicendamento che le rimette sul mercato per misurarsi con ospitate in talkshow tamarri o programmi glamour, si sentono applaudite per ciò che sono? Realizzano pianamente quello che volevano? Sono pagate per essere se stesse? Hanno raggiunto quella tenue visibilità che le premia per ciò che sono?

Se si sentono soddisfatte è giusto che nessuno le contesti e anche se immaginano di sostituire quello stipendio con l’altro da commessa va comunque bene perché di questi tempi chi rifiuterebbe uno stipendio a vari zeri?

Mi piacerebbe ce lo raccontassero, che si facesse un giro di interviste a tutte loro, incluso quelle che veline sono state e che poi non si sa dove siano finite.

Io me ne ricordo solo una che mi pare adesso sia la fidanzata di George Clooney. E mia madre, che alla sua età può permettersi di appassionarsi a queste cose, si chiede perchè mai George Clooney si sia messo con questa bella ragazza.

Sono felici? Soddisfatte? Hanno preso i soldi guadagnati durante quell’anno di Striscia e hanno aperto un ristorante? Hanno aperto la scuola per veline? Si sono messe a studiare recitazione? Hanno usato i soldi per girare il mondo e viaggiare?

Insomma: scivolare su quell’inginocchiatoio televisivo è meglio che permanere nell’inginocchiatoio clericale? Quel lavoro vale la pena o no? Se per quelle ragazze è valsa la pena hanno ragione loro. Se invece no allora discutiamone.

D’altronde, chi tra voi non ha fatto lavori non gratificanti per molto meno e per pagare l’affitto?

Vuoi mettere la differenza che c’è tra zompettare su un tavolo per qualche ora e lavorare dieci ore a fare su e giù a servire ai tavoli per pagarsi l’università?

Posted in Fem/Activism, Pensatoio.


2 Responses

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. noemi says

    io vivo in spagna e non vedo striscia la notizia (e la televisione in generale) da molto tempo.
    però ho visto “il corpo delle donne”, e continua a sembrarmi triste l’inconsapevolezza con cui la maggior parte delle donne usa e lascia usare il suo corpo, inconsapevolezza o incoscienza, o tutte e due le cose.
    grazie per il post, lo condividerò, spero che aiuti a riflettere.

Continuing the Discussion

  1. Kataweb.it - Blog - Lipperatura di Loredana Lipperini » Blog Archive » ADESSO BASTA linked to this post on Maggio 14, 2011

    […] Femminismo a Sud […]