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A Lampedusa è di scena l’umanità

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La gente di buon senso non ci sta. Non accetta i ricatti. Così cambia l’antifona. Quando intervistano i lampedusani sono spariti quelli che invocavano l’intervento dell’esercito, quelli che ricacciavano indietro gli stranieri, i simil-leghisti, e hanno preso spazio le persone consapevoli, quelle che non si fanno strumentalizzare e che non strumentalizzano le disgrazie altrui. Quelle che hanno capito che l’emergenza è creata ad arte da chi lascia gli immigrati tutti lì perchè sull’onda dell’emozione, con lo stimolo della paura per qualcosa di grave che potrà avvenire, si ricatta l’Europa per acquisire più potere di contrattazione, si sollecitano finanziamenti e appalti anche per la costruzione di nuovi Cie. “Quelli che già esistono non bastano”, ha dichiarato il ministro La Russa ieri sera ad annozero, ed ecco uno degli obiettivi, come già l’emergenza fu motivo per dare appalti e realizzare il termovalorizzatore napoletano. Soldi, solo soldi, per costruire altri lager, come dichiara anche Mantovano oggi su Repubblica. La gente non conta niente. Non contano gli stranieri e non contano i lampedusani.

E’ iniziata una gara di umanità, per dare una mano a entrambi. Perciò ecco il racconto degli attivisti per la campagna “Welcome a Lampedusa”. Vi segnaliamo anche il video in basso (guardatelo) dove si può vedere la vera anima di Lampedusa, la gente di sicilia, la generosità delle donne e degli uomini. Subito dopo segnaliamo il testo degli attivisti di Welcome a Lampedusa (QUI potete seguire la diretta aggiornata dal presidio) che raccontano il momento del loro arrivo.

Prima però vi giriamo un appello urgente:

‎*****APPELLO AI PALERMITANI:*****
A LAMPEDUSA mancano: COPERTE, CALZE, SCARPE, MUTANDE, PRODOTTI PER L’IGIENE (SHAMPOO – BAGNO SCHIUMA – SAPONE) centro raccolta a Palermo presso: Associazione Malaussene (piazzetta resuttano 4), da ven. a lun. ore 19.00 – 21:00 – Laboratorio Zeta (via boito 7) il martedì ore 18:00 – 23:00
URGENTISSIMO: entro mercoledì 30 marzo!!!(da Radio 100passi)

Lampedusa: l’accoglienza parte dal basso

di Progetto Melting Pot Europa (via Global Project)
25 / 3 / 2011

Chiara tutti i pomeriggi insegna italiano ai gruppi di tunisini che si alternano giorno dopo giorno nella sede dell’Askawusa, nella piazzetta dell’ufficio postale di Lampedusa. Insegna italiano e dà informazioni utili nelle giornate di permanenza nell’isola. Una quarantina di pasti a mezzogiorno e altrettanti alla sera, certo insufficienti per le 5000 persone arrivate in questi giorni. Ma intanto il passaparola funziona. E anche la rete di autorganizzazione dei lampedusani.

Un negozio di abbigliamento chiuso diventa centro di distibuzione di abiti per garantire il cambio alle persone in arrivo. Allo stesso modo viene allestito il piazzale davanti alla chiesa. La parola d’ordine in questi giorni è autogestione.

Lo è per l’acqua e per le docce, per il cibo e per le informazoni. Per l’arrivo dei soldi all’ufficio postale. La banca di Lampedusa non garantisce più il cambio della valuta, i soldi vengono spediti dalla Tunisia. Qualcuno deve ritirarli. Lo è per l’abbigliamento, per le coperte, per le pulizie. La popolazione dell’isola è raddoppiata. Così anche i rifiuti. Tutto è lasciato alla iniziativa spontanea e collettiva. Così la signora Maria scende con piatti di uova strapazzate per chi è impegnato nella pulizia della piazzetta. In pochi minuti arrivano altre scope e palette, sacchi dell’immondizia e altri volontari.

Annalisa dice che comincia a scarseggiare l’acqua potabile. Riempire una cisterna costa 30 euro. Garantire l’acqua per tutti è complicato e dispendioso. Organizzarsi di fronte alla totale assenza delle istituzioni nazionali e locali è l’unica via d’uscita, ma certo non è nè sufficiente nè può durare all’infinito.

Traduzioni dall’arabo all’italiano e viceversa. Per capire cosa sta succedendo. Dove dormire. La notte fa freddo. Accampamenti di fortuna tra i molti e la montagna attorno a fuochi improvvisati. E’ emergenza umanitaria. Il monitoraggio permanente giorno dopo giorno e notte dopo notte. Mancano le risposte. Gli interrogativi, invece, in italiano, arabo e francese restano numerosi e pesano come macigni. Anche per noi.

Attivist* Campagna Welcome a Lampedusa

Welcome sbarca a Lampedusa

Report della prima notte trascorsa sull’isola dagli attivisti* della Campagna

di Progetto Melting Pot Europa
25 / 3 / 2011

Dei cinquemila migranti nell’isola, appena arrivati ne abbiamo avuto subito l’immagine. La fotografia della situazione che ci narravano prima di atterrare era di un contesto assurdo, sregolato e disorganizzato. Ed è proprio così.

I migranti circolano disorientati nell’isola completamente spaesati senza aver alcun punto di riferimento, se non i cittadini e alcuni operatori di ong , sotto lo sguardo delle forze dell’ordine in preda al panico dopo l’ultimo sbarco.

Gli sbarchi non possono essere definiti tali, nessuno arriva diretto nella costa e nessuno raggiunge direttamente il suolo senza essere stato prima ancorato dalla guardia costiera e trainato verso riva: a 50 miglia dalla costa infatti le imbarcazioni di fortuna vengono intercettate e condotte nel porto lampedusano. E’ la dimostrazione del fatto che proprio quest’isola e non altre coste, è stata scelta come unico luogo dell’emergenza, valvola regolabile a comando in base alle necessità della politica, che sulla spettacolarizzazione di questo luogo contratta con l’Unione Europea fondi e poteri.
Il centro di accoglienza i primi giorni dopo l’apertura è esploso per l’eccedenza dei migranti che hanno di gran lunga superato il numero della popolazione.

Inizialmente una zona dello stesso centro era stata adibita all’accoglienza delle donne e dei minori non accompagnati. Ma l’aumento degli migranti ha reso necessario l’individuazione di un nuovo luogo per l’accoglienza dei più vulnerabili, il Museo del mare che il Comune ha concesso per l’esigenza. Un’altra soluzione che dopo poco si è dimostrata insufficiente ed ingestibile, come capiamo dai tanti minorenni dall’aria un po’ smarrita che a noi chiedono dove andare, a chi rivolgersi, come fare.

Appena arriviamo nel porto da dove seguiamo in diretta il collegamento con Annozero, decine e decine di migranti ci circondano con mille domande, ci chiedono consigli, ci chiedono che ne sarà di loro, quale soluzione è prevista, ma soprattutto che tutti hanno le famiglie in Francia ad aspettarli. Il timore più serio è quella di essere rimpatriati in Tunisia. Rispondiamo che il Governo lo farebbe immediatamente se potesse e che il trasferimento da Lampedusa verso la terraferma non significa libertà ma detenzione in campi, che Lampedusa è una pedina in uno scacchiere politico in cui l’Italia sta cercando di collocarsi. Cerchiamo di spiegare che ancora nulla è stato deciso, e che insieme dobbiamo capovolgere definizioni ed etichette, come quella di clandestini appiccicata a loro. Nella spiaggia di fronte al porto si ergono numerose tende montate su barconi capovolti. Elemento sconvolgente della prima serata passata nell’isola è di sicuro l’assenza dello Stato, anche in termini di aiuti e servizi basilari: una città militarizzata, i migranti abbandonati a se stessi, l’acqua in esaurimento, le condizioni igieniche preoccupanti. L’unica ancora di salvezza è l’intervento della cittadinanza, che nonostante sia preoccupata dell’avvicinarsi della stagione turistica (il turismo è la principale fonte del guadagno), non smette di offrire tutto il suo sostegno ai migranti. Ne è un esempio l’associazione Askavusa che insieme ai migranti organizza gruppi di pulizia delle strade dell’isola, che rischiano di essere invase dai rifiuti. Dopo queste prime ore, capiamo che innanzitutto qui serve acqua, cibo, coperte, bagni, luoghi dignitosi dove dormire.

E poi il veloce svuotamento di questa isola-prigione, attraverso il riconoscimento della forma di protezione umanitaria.
Diritto di soggiorno europeo, questo è il primo passo necessario per la costruzione di una accoglienza

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà, R-esistenze.


3 Responses

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  1. antonella policastrese says

    Va detto innanzi tutto che il volto di questa nuova emigrazione è quello di tanti giovani che tentano di trovare fortuna nel ricco occidente. La questione non si risolve ammassandoli come bestie in un canile. Dovrebbe essere l’Europa tutta, ad avere un piano per affrontare l’emergenza. E’ ovvio che se ci fossero questioni di vita decente questi ragazzi vivrebbero all’occidentale nei loro rispettivi paesi. Ma in tutto questo tempo cosa si è fatto. Tutti indistintamente hanno trattato con i dittatori pur di salvaguardare gli interessi nazionali,non curandosi minimamente di una marea di giovani che avrebbero tentato di cambiare i loro destini. In modo speculativo hanno messo in conto di trattare l’emigrazione stabilendo un quorum di gente che avrebbe potuto entrare nei vari paesi, magari per sfruttarli in lavori a nero sottopagati e stiparne una parte nei centri di prima accoglienza. Inutile dire che chi gestisce quei centri come a volte associazioni di volontariato non lo fanno senza ritorno. Se si avesse la forza di spiegare come stanno realmente le cose ci si accorgerebbe che questo tipo d’emergenza ha creato ricchezza per i soliti speculatori. Ed Oggi ancora non paghi, secondo il ministro Larussa teniamo come bestie quelli che sbarcano a Lampedusa perchè il messaggio si amplifichi e gli altri si scoraggino a partire. Se questo è un piano per affrontare la questione, vuol dire che Pulcinella sarebbe pronto a fare il ministro.

  2. claudia says

    I lampedusani danno a tutta l”Italia una lezione di civiltà, sono solo esasperati da uno Stato che non c’è, che si fa vedere solo per reprimere, noi tutti dovremmo imparare dai lampedusani e dagli abitanti di Mazara del Vallo ch evivono in una società veramente integrata da sempre.
    Una domanda perchè i Kossovari erano “rifugiati o profughi e i tunisini e i libici sono “immigrati”?Non scappano anche loro da una guerra?

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  1. Kronstadt » Blog Archive » A Coltano, Pisa si attende l’arrivo dei migranti. No alla strategia della paura! linked to this post on Marzo 31, 2011

    […] abbandonata a se stessa, e la gestione e la sopravvivenza delle persone sbarcate è stata lasciata al buon senso e al cuore dei lampedusani e dei volontari accorsi a dare una mano. Ci hanno bombardato di messaggi violenti, esasperanti, […]