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L’otto marzo ridotto a festa degli uteri patriottici!

Già ne avevamo parlato qui. Il primo appello per l’otto marzo del comitato SNOQ era una chiamata alla riproduzione di massa, un decidere di lottare non per conquistare più diritti, magari rivendicare la propria libertà di scelta, ma una giornata in cui ricordare alle donne che la loro prima ed unica preoccupazione deve essere servire la patria facendo figli.

Quest’appello non fa niente di più che essere confermato da un altro (accompagnato dall’invito a indossare un brutto fiocco rosa) dall’eloquente titolo Rimettiamo al mondo l’Italia. Se l’altro appello mi aveva fatto preoccupare, devo dire che questo mi inquieta, invece.
Sotto, l’appello, e un commento.

RIMETTIAMO AL MONDO L’ITALIA
il titolo già parla da solo. Perché di nuovo il richiamo alla maternità?

L’Italia non è un paese per donne e noi vogliamo che lo sia. Nell’anno in cui si celebra il 150esimo dell’Unità d’Italia, diamo ancora più valore all’8 marzo, giornata nata più di un secolo fa per onorare le lavoratrici di tutto il mondo, diventata nel tempo festa delle donne e oggi occasione di rinascita per il nostro Paese.
Se nell’altro appello il richiamo al patriottismo si faceva attendere da un incipit, questa volta l’ha proprio sostituito.

Vogliamo un’Italia capace di stare nel mondo, in modo aperto e solidale con tutti i popoli, soprattutto con quelli che lottano per la libertà come ora quelli del Nord Africa. Vogliamo che l’8 marzo sia, come il 13 febbraio, il giorno di tutte.
Ecco, prima correzione (mai fare l’errore di considerare definitivo un appello di SNOQ). Ora è diventato il giorno di tutte, senza nazionalità, il che non può che far piacere.

Delle donne che lavorano stabilmente fuori e dentro casa, di quelle che cercano lavoro e non lo trovano, delle lavoratrici costrette al lavoro nero, delle licenziate, delle precarie, delle tante che hanno lasciato lontano le loro famiglie per occuparsi delle nostre, e delle donne ridotte in schiavitù. In Italia è diffusa una precarietà che non è solo di lavoro ma di vita. Coinvolge un numero crescente di donne e uomini.
Seconda correzione: specifica sugli uomini che prima non c’era, il che, di nuovo non può che far piacere.

Per tutti è un’ipoteca pesante sul futuro, ma la precarietà che pesa sulle giovani donne condiziona l’intera comunità nazionale e le sue prospettive. In Italia avere figli, una famiglia, è da tempo diventato un lusso. Noi vogliamo che per tutte e tutti esista la libertà di scegliere se e quando diventare genitori.
Richiamo alla patria, di nuovo, e alla possibilità di farsi una famiglia (quando si usa l’espressione “giovani donne” sento sempre puzza di marcio). Faccio notare da brava maestrina, l’aggiunta del “se..diventare genitori”. Un contentino.

Perché si possa scegliere è necessario: Congedo di maternità obbligatorio e indennità di maternità. Congedo obbligatorio di paternità. Norme che impediscano il licenziamento “preventivo”: niente più dimissioni in bianco.
Ma che davvero pensavate che con quel “se” potevate esentarvi dal divenire bravi madri di famiglia? Eh no! L’otto marzo va letto come giornata in cui riprendersi il diritto ad un’esistenza più economicamente stabile solo se disposte a donare il proprio utero per la causa.

Con il 13 febbraio abbiamo detto che la libertà, la dignità e la vita delle donne sono il presente e il futuro del paese, e il modo in cui vengono o non vengono raccontate nell’informazione e nei media è una grande questione nazionale. Vogliamo perciò che questo 8 marzo sia anche la giornata in cui si discute di come i media rappresentano la realtà e del mestiere di giornalista. Pensiamo che l’immagine dominante delle donne non possa ridursi al riflesso di un desiderio maschile stereotipato. Vogliamo un’informazione rispettosa e veritiera che dia conto di come le donne contribuiscono a costruire l’Italia.
E per gran finale… Il minestrone! Ma sì! E’ l’otto marzo, e anche se sappiamo che non c’entra niente, parliamo pure di giornalisti, media, libertà d’informazione, così possiamo portare i cartelli contro ruby, berlusconi, e qualche cartello sul bunga bunga! Ma sì! Chi se ne frega se quasi ogni giorno muore una donna per violenza domestica, se avvengono stupri nel più totale silenzio, dando un po’ sempre la colpa a lei che alla fine ci stava! Chi se ne frega se vogliono firmare una legge che dice che io figl* abusat* devo stare con mio padre che ha abusato di me, perché mia madre ha cercato di proteggermi da lui, di tenermici lontano, ed è diventata così “madre malevola”. Chi se ne frega se chiudono i consultori, se ogni giorno un prete è libero di dire quello che gli pare sulle donne che abortiscono, chi se ne frega se i preti dicono qualsiasi cosa su tutto, pure sulla morte di una bambina, pure sulla scuola pubblica. Chi se ne frega, no?

Ecco perché dobbiamo costruirci un nostro otto marzo.
Per parlare di queste cose, per dissociarci da chi non sa parlare di nient’altro che di maternità come unica scelta, di otto marzo come giorno in cui celebrare la donna/cittadina (ma de che?), e non forse per poter parlare di affido condiviso, PAS, non forse per poter ricordare a tutt*, a noi stesse in primis, che sul nostro utero e sulle nostre vite, il clero, i partiti, i movimenti e chi più ne ha più ne metta, devono smettere di parlare.

Buon otto marzo di lotta (ché ce n’è bisogno)

Posted in Anticlero/Antifa, Pensatoio, Personale/Politico, R-esistenze.


2 Responses

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  1. ollyclito says

    @cosmic, se l’appello ruotasse intorno al fatto che manca un welfare in Italia, sarebbe un altro discorso. Mi sa che non hai compreso bene dove l’appello vuole arrivare. Dire che l’unica urgenza che c’è è quella della donna che non può diventare madre (e le altre, che non vogliono diventare madri? hanno comunque diritto ad una stabilità economica, spero!!), mi sembra un insulto nei confronti delle tantissime donne che vivono una vita senza figli.
    “I minestroni non vi piacciono”, eh no! Parlare di tanti argomenti non vuol dire fare un minestrone. Vuol dire aprire gli occhi su temi dei quali neanche i giornali più liberi ne parlano (chissà perchè). Dall’appello traspare di proporre i temi affrontate come abbiamo già scritto da altre piazze, per es il popolo viola, la libertà d’informazione. L’appello non parla di libertà di scelta, al contrario! Parla di una generica libertà, ma vista la piazza del 13 febbraio non posso non temere (fondatamente) che i contenuti che si riproporranno saranno quelli del 13 – cartelli contro ruby, berlusconi, il bunga bunga, cui tranquillamente qualsiasi finiano si può accodare, e sinceramente io dei fascisti ne ho piene le scatole

    olly

  2. Cosmic says

    mi sembra che stiate un pò esagerando. il problema della maternità poco o niente tutelata, dell’impossibilità di conciliare lavoro e famiglia, il fatto che se hai figli sei abbandonata a te stessa e se vuoi persino andare a lavorare sono problemi tuoi, e le mamme lavoratrici sono di fatto delle poche privilegiate, sono questioni gravissime e quando sollevarle se non l’8 marzo? certo, c’è molto di più, ci sono tanti altri argomenti su cui battere, ma i minesroni non vi piacciono. e allora di cosa parlare?
    si parla di libertà di scelta. in questo paese nono si è libere di abortire, non si è libere di fare carriera, non si è libere di avere figli, non si è libere di guardare la televisione senza disgustarsi, non si è libere di separarsi dal proprio marito/compagno, non si è libere di mettere una minigonna… tutto questo è coerente con una certa mentalità. non è un minestrone, è la tragica verità. l’8 marzo è un’occasione per parlarne.