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Se non ora, bho?

Sono preoccupata. L’appello per l’otto marzo di SeNonOraQuando fa capire quanta potenza
possa avere un messaggio – apparentemente simile (ma in realtà profondamente diverso) a quello portato avanti su questo blog ma anche in altri luoghi/contesti – se detto da persone che godono di più visibilità mediatica o comunque di una presunta autorevolezza dovuta alla posizione sociale che ricoprono: per capirci, parlo di Concita De Gregorio, Giulia Bongiorno, Angela Finocchiaro, e molte altre.

Donne che grazie alla loro posizione sociale riescono a portare avanti un certo messaggio politico di genere, trasformandolo in messaggio politico per un genere di donne: italiane, e madri.

Perché è a loro che l’otto marzo è indirizzato, così come per loro era l’appello del 13 febbraio.

Un appello che considero come un’ultima stesura su cui si è lavorato e riflettuto, e che prendo come tale: perché in un paese come l’Italia, quando si parla di donne-madri, bisogna tener sempre conto che viviamo in uno Stato in cui l’ingerenza cattolica è ovunque, e in cui la Chiesa gode di mille e uno privilegi tramite i quali esercita tranquillamente e capillarmente tutta la sua autorità.

Madri, perché a quanto pare il problema della precarietà è questo: se sei precaria non puoi diventar madre. Sì, ma se io non voglio diventar madre, la precarietà e la disoccupazione non sono problemi che mi riguardano comunque? A quanto pare per SNOQ no.

E questo punto mi ricorda molto il progetto portato avanti dal movimento fascista CasaPound Italia, teneramente chiamato Tempo di Essere Madri. Perché SNOQ ci considera, ancora una volta, come i sopracitati, dei contenitori che hanno diritto ad un contratto decente solo se madri? Perché un comitato che adotta come motto “Ora Basta!”, ci propina la solita vecchia minestra riscaldata, in cui alle donne sono garantiti dei diritti solo attraverso quella che pare essere la loro unica moneta di scambio verso la società, ossia partorendo l’agognata prole?

Preferire di far luce sul rapporto tra unità d’Italia e cittadina, quando il nostro Paese tratta le donne senza documenti come clandestine, esseri umani illegali, le chiude dentro i CIE e le stupra, non può non smuovere in me un piccolo dubbio: ma ci fate o ci siete?

Parlare di libertà d’informazione in un giorno in cui l’informazione andrebbe fatta e basta (e dico: parlare di PAS, affido condiviso, legge Tarzia, per esempio), è una cosa certamente importantissima, ma già affrontata da altre piazze (popolo viola, per esempio), per cui il rischio di essere strumentalizzate da movimenti che non hanno mai abbracciato il tema antisessismo è forte.

Ma a questo punto mi chiedo: l’antisessismo, l’antifascismo, e l’antirazzismo, al SNOQ interessano? Sono parole forti, parole che non si sentono più se non in isole felici che però perdono del loro significato se proposte sempre negli stessi posti, perché per una battaglia femminista sono queste le parole d’ordine che devono muovere le/i manifestanti, non l’antiberlusconismo (che vedo come conseguenza dell’antifascismo), non l’odio per le prostitute (non voglio più leggere “ci ruby il futuro”).

Voglio che le parole d’ordine della piazza in cui andrò siano chiare, sono stufa dei doppi sensi, sono stanca di andare in piazza per dire che questo è un Paese fatto di partiti che odiano le donne che scelgono di autodeterminarsi, e ritrovarmi i piddini e i giustizialisti dell’idv con i cartelli contro Berlusconi.

Devo capire se sto aderendo ad una piazza fascista che vuole la donna madre e devota alla patria, oppure se la piazza è decisa a combattere per la libertà di tutte, italiane e, soprattutto, straniere, contro il maschilismo dei partiti e dei movimenti, contro PAS, affido condiviso, e chiusura dei consultori.

Devo capire, insomma: una studentessa disoccupata e futura precaria, femminista, che paga un botto d’affitto al nero, che non ha intenzione né di sposarsi né di fare figli, che non si sente italiana, che crede che tutta questa manfrina propinata in televisione e sui giornali sull’unità d’italia sia solo una scusa per esaltare il paese fascista che siamo, che crede profondamente nell’antifascismo e nell’antisessimo come unico mezzo per uscire da questo schifo di situazione, che crede che Fini, Travaglio e tutti i loro amici siano solo dei grandi fasci a cui non vuole dare manforte né in piazza né in nessun altro modo… questa persona ha diritto a meno ambiguità da parte di SNOQ?

Posted in Anti-Fem/Machism, Anticlero/Antifa, Fem/Activism, Precarietà, R-esistenze.


One Response

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  1. simonsiren says

    Condivido pienamente le critiche a questo collegamento sbagliato precarietà=impossibilità a diventare madre. Prima di tutto, se vale questo concetto dovrebbe valere anche per gli uomini che vogliono diventare padri e quindi non è in questo senso un problema di genere. Dovrebbero piuttosto dire che la precarietà diventa un problema di genere in quanto culturalmente in Italia si pensa che per una donna perdere il lavoro è meno grave che per un uomo e quindi sono le donne a essere licenziate per prime (così come fra un uomo e una donna si predilige l’assunzione di un uomo). E poi io non voglio difendere i diritti delle donne italiane, ma delle donne che vivono in questo paese! Il che è diverso… Pongono l’accento in modo sbagliato e a volte anche su questioni sbagliate, ad esempio che c’entra il 17 marzo? Poi cos’è “l’emergenza informazione”? Sono 30 anni che la donna è mostrata nei mass media in modo sessista. Non mi sembra “un’emergenza”, ma un problema culturale.