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Spot sessisti e progetti di vita

 

Posted in Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio.


5 Responses

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  1. elisa says

    Magari fossi al suo posto.
    Io sarei felicissima di abitare in una casa in campagna grande come quella e con quell’arredamento e piena di fiori.
    Perché svilire la vita in campagna, come se fosse uno schifo? Una donna laureata che può permettersi una casa come quella si sposta con un Cayenne e frequenta gente raffinata e si paga una donna delle pulizie.
    Io abito in un monolocale in città e ho la Panda, farei cambio subito.
    L’unica sfortuna che le riconosco è non aver avuto le figlie femmine, ma dei sudici maschi.

  2. Ale says

    E invece purtroppo ci sono donne come quella rappresentata nella prima pubblicità. Ne conosco molte, anche a me vicine, che sognano la cucina perfetta, il soggiorno pulito e pieno di belle cose come unica soddisfazione che può dare la vita. Dove sta il problema? Che ad alcune, laureate e in carriera, prima di sposarsi, non passava manco per la testa di desiderare questo genere di situazione e cose!

    Non vorrei fare da detattrice del matrimonio, senza dubbio ognuno lo vive come vuole e può, ma io mi sono resa conto che almeno l’80% delle ragazze che conosco, dopo il matrimonio sono diventate così! Maniache della cucina, della pulizia, dei panni! A questo punto, secondo me un legame è evidente. C’è qualcosa che scatta inevitabilmente e ti raggira in modo subdolo giorno dopo giorno. Io parlo proprio della forma contrattuale del matrimonio (derivata dal diritto romano, come il codice) che, nel caso della donna, si trasferisce anche nella forma relazionale. Fino a quando non cambierà l’Istituto del matrimonio, le donne saranno sempre incluse nella forma della perfetta donna di casa che sogna la cucina.

  3. stefano says

    lo spot in tv non l’ho visto (non guardo la tv) ma alla radio ce n’è anche un altro, e il soggetto è maschile… non so se questo possa essere d’aiuto.

  4. fikasicula says

    assolutamente d’accordo 🙂
    infatti scrivo “con tutte le riserve verso l’azienda”.
    qui si parla di comunicazione ed è innegabile che la comunicazione usata in questo caso da ikea può fare scuola.

  5. cloro says

    Bhe, ovvio che il cristianissimo, ottuso veneto non puo’ che produrre una pubblicità così che, concordo, fa del male alle donne quanto una mercificazione del corpo tout-court. Tuttavia l’IKEA sebbene importi dalla Svezia un civilissimo modello di rispetto per la sfera femminile, è fattualmente un luogo di sfruttamento globale, in cui si applica il taylorismo in nome del piu’ sfrenato profitto a vantaggio dei pochi (uomini o donne che siano).
    E il capitalismo è l’Ur-Phaenomenon di ogni discriminazione, alienazione e disumanità.
    Ciao