In questi giorni abbiamo assistito alla strumentalizzazione della
violenza alla ragazza da più parti. La destra (tramite la stampa) se ne serve per
rafforzare la propria politica razzista e un pezzo di sinistra per
demolire la mayday (leggi i commenti su indy lombardia).
E’ veramente molto triste e tutto ciò segue logiche parallele e in qualche modo similari.
Dire che la violenza della ragazza dipende dalla mayday, mentre si dettano regole per il "decoro" delle manifestazioni e di chi vi partecipa, è come dire
che le violenze sono causate dai contesti e non dagli uomini.
Come se le donne non fossero quotidianamente stuprate nei luoghi di
lavoro e soprattutto in casa per mano dei mariti, dei padri, dei
fratelli, dei fidanzati o degli ex.
C’e’ chi si rammarica perfino del fatto che la manifestazione non
avesse una specie di cordone antistupro. Ci piacerebbe capire che
differenza c’e’ tra una manifestazione incordonata e le ronde in città.
Le donne devono poter essere libere di attraversare ogni posto senza
armi, cordoni, cinture di castità. Il punto di vista che sposta la
responsabilità dagli uomini a tutto il resto è moralista e fuoriluogo
tanto quanto quello di molti leghisti.
Il punto centrale invece è la violenza. Si tratta di una questione
personale e politica. E’ evidente che manca una elaborazione sulla
questione della violenza di genere. A tutti i livelli. Manca tra le
persone che sfruttano la storia della ragazza per mettere in
discussione la mayday e manca tra chi ha partecipato alla mayday.
La violenza alla ragazza è un elemento centrale. Prima della mayday. Prima di tutto.
L’assenza di una riflessione collettiva rispetto al problema della
violenza di genere è visibile a partire dal fatto che si è spostata la
questione della violenza su un piano privato.
Ovvio che le persone che hanno organizzato may day e chi vi
partecipava siano stat* solidali con la ragazza e ovvio che questa
solidarietà sia stata dimostrata in maniera concreta.
Ma la violenza di genere non ha bisogno solo di gesti di solidarietà
privata. Altrimenti lo stesso si potrebbe fare per le solidarietà verso
chi subisce aggressioni fasciste.
E’ necessaria una solidarietà pubblica perchè si tratta di un fatto politico.
Una solidarietà pubblica significa che mayday, i compagni e le
compagne, assumono come proprio il problema della violenza di genere e
lo mettono tra le proprie priorità politiche.
La domanda è perciò: se i compagni e le compagne intendono occuparsi politicamente di questo problema.
Sono le compagne che chiedono ad altre compagne e compagni se la
prossima volta che una donna, compagna, femminista, lesbica, subirà una
violenza saranno dispost* a scendere in piazza e a reagire esattamente
come si farebbe dopo una aggressione fascista.
L’antisessismo, la lotta contro la violenza di genere vanno posti come
discriminante per ogni iniziativa e ogni momento di lotta politica
esattamente come l’antirazzismo e l’antifascismo. Tutto ciò non deve
essere soltanto condiviso in modo privato ma assunto in una dimensione
pubblica attraverso una elaborazione e una pratica di resistenza
condivisa e quotidiana.
Non si tratta di un dettaglio. E’ un elemento centrale della
questione perchè da quello dipende un ragionamento molto più ampio che
potrebbe portare le compagne (certo, non tutte) a non sentirsi più
parte di una dimensione collettiva mista.
[Il post è stato pubblicato anche su indy lombardia: il primo commento detta regole "per il decoro". Segui la discussione se vuoi. Altri "confronti" sono segnalati qui]
—>>>Assolutamente da leggere: Mayday Mayday davvero
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—>>>Leggi l’intervento di Irene
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