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Quando lui pubblica foto e video per fare violenza su di lei

http://i275.photobucket.com/albums/jj318/CLAUDIOBALU/cyber-girl_final_small.jpg

Prendiamo questo caso:
lui si vuole vendicare, la filma mentre lei fa sesso con alcuni uomini
e poi mette foto e video online. L’azienda dalla quale la donna
dipende, una a caso, l’alitalia, preoccupata dell’effetto che la
questione può avere sulla sua immagine o semplicemente grata per
l’opportunità di risparmiare soldi sui dipendenti per darli per intero
ai manager, la licenzia.

La donna subisce una
violenza da parte dell’uomo, una gravissima lesione della privacy, un
danno alla sua "immagine", una ulteriore violenza da parte dell’azienda
che la tratta da criminale invece che comprenderla e solidarizzare con
lei.

La azienda, in
particolare, comunica con chiarezza qual e’ la opinione in italia sulle
donne che subiscono violenze e molestie: sono colpevoli di arrecare un
danno all’immagine di qualcun altro, sia essa azienda, famiglia,
marito, fratello.

Torniamo al vecchio concetto di danno contro la morale
che da pubblica diventa persino aziendale nonostante la legge sulla
violenza sessuale sia stata modificata nel 1996 in legge sulla violenza
contro la persona invece che contro la morale.

In questi casi,
esattamente come quando una donna viene stuprata per strada, si pensano
le solite cose, il solito cumulo di nefandezze sessiste.

Innanzitutto si sottopone
a processo la vittima e non il persecutore. Si dice di lei che se non
fosse stata così facile non ci sarebbe stato nessuno a filmarla, che si
tratta solo di una effettiva dimostrazione del suo livello di
pullaggine, persino che lui, l’uomo, ha avuto ragione a fare quello che
ha fatto.

Si instaura così, di fatto, una sorta di delitto d’onore
giustificato dalle circostanze con una assoluzione sicura e con pacche
sulle spalle agli uomini per aver dato una bella lezione a queste donne
sdisonorate.

L’arma giuridica che la
donna ha in questo caso è la denuncia per diffamazione magari con
richiesta di risarcimento del danno biologico (stress, depressione,
altro) e di quello economico.

Il tizio in questione,
quello cui ci riferivamo all’inizio, "rischia" di essere rinviato a
giudizio anche perchè gli uomini dei filmati lo hanno denunciato a sua
volta per diffamazione. Loro però, forse, non sono stati licenziati da
nessuno.

In termini giuridici non
esiste un reato che classifichi questo tipo di questioni come violenza,
molestia, come omicidio sociale, teso cioè alla morte sociale della
persona. Oltretutto non esistono leggi utili in questo senso che
parlano di singoli e del loro rispetto della privacy e dunque la
illiceità questione non sta tanto nel fatto che chiunque può piazzare
una tua foto o un video sulla rete ma si risolve invece nell’ipotesi di
una intenzionale, premeditata diffamazione.

http://img76.imageshack.us/img76/3773/cyberphotomanip15gs1.jpgPoniamoci il problema
di come evitare questo tipo di situazioni. Introdurre reati che sono
riferiti a danni provocati sulla rete equivale a causare la morte della
privacy di tutt*. Significa chiedere più controllo e farci schedare
preventivamente o successivamente perchè la legge lo impone soprattutto
riferendosi a quella fattispecie di reati.

Invocare una schedatura
preventiva, una intercettazioni di tutte le comunicazioni in rete
equivale a dire che tutti noi dovremmo essere inseguiti, schedati
mentre camminiamo per strada, telefoniamo, mandiamo una lettera. Resta
nella stessa logica del braccialetto elettronico, il contatto diretto
24 ore su 24 con le questure, o in quella delle mille telecamere
piazzate in ogni metro quadro delle città che ci spiano mentre
parliamo, respiriamo, facciamo l’amore.

Chiedere leggi repressive,
di controllo, su questa materia, significa assegnare ad un modello
securitario la nostra vita. Come se le violenze, nella vita reale o su
internet, fossero causate dal mezzo e non dalle persone che lo usano.
Come se il problema non fosse di tipo culturale, con dei livelli di
corresponsabilità che si identificano nella cattiva azione
dell’alitalia – in questo caso – piuttosto che di altre aziende.
Ricordo ad esempio il caso della maestra che fu beccata su youtube
mentre l’alunno le palpava il sedere. Su di lui i sociologi fecero
milioni di trattati sul bullismo degli adolescenti, sulla perdita dei
valori, sulle colpe dei genitori. Nulla che si riferisse al suo
comportamento da molestatore incallito. Su di lei invece fu detto di
tutto e la scuola, privata, nella quale lavorava, se non erro la
licenziò.

Avrebbe potuto lei
chiedere al ragazzo un risarcimento per il danno arrecatole? Secondo le
nostre regole sociali no perchè lei è stata colpevole di essersi fatta
pescare mentre un alunno le palpava il sedere. Se aggiungiamo poi che
quel video pare fosse stato messo online da una collega invidiosa
abbiamo fatto tombola. Perchè le lesioni della privacy non sono solo ad
opera degli uomini ma anche delle donne acide e stizzite che in questo
mostrano tutto il loro livello di aggressività subdola, indiretta (che
si manifesta contando proprio su un ipotetico anonimato o su un
passaparola celato alla malcapitata).

Chi mette una foto o un
video online lascia una traccia precisa. I siti che non tutelano la
privacy degli utenti registrano indirizzo elettronico (ip: il luogo a
partire dal quale chiunque si connette) e dati dell’utente.
Rintracciarli è semplice.

E’ semplice anche invocare
la chiusura di siti che ospitano queste foto o questi video, sapendo
però che mettere in manette un sito non impedisce a chiunque altro di
realizzarne ancora uno o di propagare attraverso altri mezzi di
diffusione dei contenuti nella rete quello che intendeva comunicare al
mondo.

Una rete con dei confini
diventerebbe come la rete che viene attribuita dagli occidentali ai
cinesi. Con zone non visibili a tutt* e con il potere di spegnere una
opinione in qualunque momento. Pensate voi a quante persone potrebbero
chiedere la chiusura di milioni di siti solo perchè si sentono offesi
da quelli.

Però stiamo parlando di un’altra cosa, è vero. Non è minimamente paragonabile e non c’entra il diritto alla libera espressione.

Capite però che le due
cose, in un contesto così diverso da quello reale ma allo stesso tempo
perfettamente in grado di riprodurre gli stessi schemi, sono
immediatamente collegabili.

Allora il punto è:
riusciamo almeno nella rete a immaginare un’altra soluzione che non sia
quella di riproporre recinti, che sul piano reale abbiamo già visto che
non servono a niente, e che ci dia l’opportunità di vivere meglio?

Come si fa a chiedere un
controllo preventivo sulla rete quando alle aziende è ancora
consentito, nel 2008 e non nel medioevo, di licenziare le proprie
dipendenti a salvaguardia della "immagine" e morale aziendale?

Se la causa è una violenza
e l’effetto è un licenziamento, quindi quello che dice la gente, la
pubblica opinione, non è come dire che bisogna smettere di indossare la
minigonna e uscire da sole perchè se ci stuprano è colpa nostra?

Vi sembrerà contorto ma vi
assicuro che non lo è. E’ solo una questione molto complessa e va
affrontata in maniera non banale. Abbiamo una scommessa da vincere sul
piano culturale. Poi abbiamo una dimensione della privacy da tutelare.

In termini culturali
dobbiamo stabilire che una donna che viene fotografata nuda e poi
sputtanata online non è colpevole di niente ed è vittima di una
violenza indiretta, di un omicidio sociale, di uno stupro virtuale. Chi
si appropria dell’immagine del nostro corpo per rappresentarlo in
qualunque luogo senza la nostra autorizzazione ci sta possedendo,
abusando, sta stabilendo un principio di proprietà che è pari allo
stupro.

In termini culturali
dobbiamo chiarire che il problema non è fare attenzione a quello che
dice la gente e che le aziende che invocano il diritto al licenziamento
di dipendenti per danni all’immagine meriterebbero, loro si, una
sanzione pecuniaria a risarcimento della persona "offesa".

Detto questo resta il problema della violenza. Intanto potete cominciare a difendere la vostra privacy con degli accorgimenti precisi. 

Non significa che dovete
indossare una gonna più lunga, solo che dovete essere consapevoli del
mezzo che state usando. Alcune volte accade che la lesione della
privacy avviene perche avete comunicato il vostro indirizzo o il vostro
numero di telefono a qualcuno. Magari via mailing list o via forum o a
commento di un articolo su un blog.

Sappiate allora che
mailing list, forum, blog, sebbene appaiano talvolta come angoli
privati e protetti, sono invece piazze virtuali. Come se lasciaste
scritto il vostro nome e numero telefonico su un grosso cartello appeso
alla fontana di trevi. State certe che chi passa lo vedrà. In rete
oltretutto accade anche un altra cosa che nella storia della fontana di
trevi non si realizza.

Queste piazze virtuali
vengono lette e riproposte a chiunque sui canali di ricerca. Se voi
avete lasciato nome, indirizzo e numero telefonico su una mailing list,
forum o blog e qualcuno cerca su google il vostro nome e cognome, egli (facciamo finta si tratti di un uomo ma tenete conto che potreste trovarvi a dovervi difendere anche da una donna) troverà tra le tante informazioni su di voi diffuse sulla rete anche il vostro indirizzo e numero telefonico.

Questo attiene dunque ad
un fatto di utilizzo consapevole del mezzo di comunicazione. Cosa ben
diversa è invece quando voi comunicate in via privata, anche attraverso
le registrazioni sui siti o sui blog, dati che poi vengono svelati in
pubblico. Questa è una chiara violazione della privacy. Si può
ricorrere al garante della privacy sottoponendogli la questione ovvero
si può denunciare la cosa pubblicamente avviando una campagna di
boicottaggio contro il sito, blog, spazio virtuale di chi ha violato la
vostra privacy.

State certe che nella rete
c’e’ una sensibilità diffusa su questo punto e non sareste voi ad
essere giudicate male ma chi invece ha commesso la violazione.

Un altro elemento che vi
serve sapere è questo: i vostri dati, relativi anche alla vostra utenza
telefonica e al vostro indirizzo a partire dal quale vi connettete,
vengono conservati per due anni dal provider che utilizzate per andare
in rete. Telecom, infostrada, vodafone etc etc. Loro registrano il
traffico in entrata e in uscita. Cioè sanno tutto quello che voi fate.
Cioè si comportano, secondo la legge vigente, come se voi foste
colpevoli prima ancora che voi commettiate un possibile reato. Vi
tengono tutt* d’occhio, semmai ne avessero bisogno.

La stessa regola viene
applicata da chi gestisce i server che contengono tutte le informazioni
che voi riversate su siti, blog, forum, mailing list. Per ciascuno di
questi luoghi esiste almeno un server che sta conservando il dettaglio
delle vostre discussioni e che è pronto a tirarlo fuori qualora la
polizia glielo chiedesse (Noblogs, il luogo che ospita questo blog, non
lo fa).

Queste misure sono state
introdotte fondamentalmente a tutela del diritto d’autore su pressione
delle major americane che rappresentano le case discografiche e
l’industria cinematografica contro il p2p, il file sharing. Le stesse
misure sono state poi aggravate a seguito del crollo delle due torri a
New York. Il pacchetto antiterrorismo statunitense e poi anche europeo
hanno stabilito che tutti noi siamo potenziali terroristi e dunque
ciascuna delle cose che facciamo deve essere controllata. Altra spinta
al controllo è quella della pedofilia, la pedopornografia online. C’e’
chi dice che scovare un branco di segaioli che si divertono a
scambiarsi fotografie non è paragonabile alle violenze che normalmente
vengono inflitte ai bambini e alle bambine dentro casa, da padri zii e
fratelli, o in chiesa per mano del loro prete. C’e’ anche chi dice che
gli annunci roboanti sui vari blitz a scoperta di quello e del tal
altro gruppo di pedofili, a partire dalle informazioni reperite
attraverso lo scambio di materiale pedopornografico in rete, siano in
realtà una sorta di specchietto per le allodole per giustificare il
controllo massiccio sulle nostre vite a garanzia degli affari delle
major. Un po’ come quando vi fanno ringraziare le forze dell’ordine per
aver sgominato una banda di mafiosi  pur sapendo che il loro ruolo è
quello di garantire un controllo sociale utile ai cossiga, alla p2 e a
tutti quelli che al g8 di genova ci volevano decisamente zitti e fuori
dalle scatole. 

In ogni caso sappiate che
in rete non siete mai sole. Chi innanzitutto lede la vostra privacy è
percio’ chi vi ritiene colpevole prima ancora che voi abbiate commesso
un reato. E’ chi vi spia dicendo che lo sta facendo per tutelarvi e
difendervi. Chi vi registra per poi fare delle vostre informazioni
tutto ciò che vuole, compresa la monetizzazione inconsapevole dei
vostri gusti, di ciò che vi piace guardare, leggere, visitare in rete,
a vantaggio di aziende di marketing che rivendono i vostri dati alle
imprese.

Rispetto a questa prospettiva,
che riconoscerete ora è assai più ampia: La violazione della privacy
causata da un singolo individuo si colloca in una dimensione di
violazioni enormi che dovremmo affrontare in maniera sistematica e
completa.

Ci serve allora
innanzitutto sapere che esistono dei programmi di criptazione dei
nostri contenuti. Possiamo proteggerli e poi dare la chiave di ingresso
soltanto alle persone con le quali vorremo condividere le nostre
informazioni.

Non mancano comunque le
proposte legislative che chiedono il divieto dell’uso di sistemi di
criptazione dei contenuti in rete. Il perchè è semplice. Si insiste sul
fatto che essi verrebbero prevalentemente utilizzati per far passare
comunicazioni di amici, parenti, cugini e affiliati di bin laden.

Questo può anche essere
vero, tuttavia non ho mai sentito di una regola che dice alle persone
di camminare tutte nude e con le braccia alzate perchè tra noi ci sono
degli individui armati che ogni tanto commettono omicidi (spesso a danno delle loro mogli, ma questo è un altro problema),
scippi, rapine, e altre cose così. Nessuno potrebbe infliggerci la
condanna di dover indossare un microchip sottopelle per monitorare la
quantità di esplosivo che portiamo a spasso perchè tra noi, esseri
umani, ogni tanto c’e’ qualcuno che lo adopera per fare stragi di gente
innocente. Non ancora, almeno.

Non esiste neppure una
regola che dice che a tutti i fascisti bisogna iniettare il siero della
verità ogni mattina per prevenire le loro deliziose tentazioni di
squadrismo.

Quindi non si capisce
perchè dovremmo attraversare la rete in questa nudità virtuale,
consegnando tutta la nostra vita a persone di cui non sappiamo nulla,
in nome di una richiesta – indotta – di "maggiore sicurezza".

Senza arrivare ai
contenuti criptati, che mi sembra più opportuno proporre in un corso
avanzato, si può comunque arrivare ad una serenità da utente
consapevole sapendo tutte le cose che ho scritto e sapendo anche che
deve cambiare la nostra modalità di reazione alle lesioni della
privacy.

Bisogna renderle pubbliche.
Così come bisogna stigmatizzare i comportamenti lesivi della nostra
vita per imprimere nella rete e in chi la vive il principio che le
violenze vanno contestate, contrastate, affrontate, bocciate,
criticate, discusse per quello che sono.

Se vi capita di vedere la
vostra foto dove non dovrebbe essere potete fregarvene oppure sappiate
comunque che dovete esigere dal sito, server, che sia tolta.

Vi racconto un’altra cosa:
in genere accade che un video o una immagine viene tolta/o da un sito o
da roba più grossa come youtube su diffida o minaccia di azioni legali.

Tanto più è potente e danaroso chi chiede la rimozione dei contenuti diffamatori e tanto più è sicuro che essi saranno rimossi.

Se lo chiedete voi che non
siete potenti e che non avete soldi da sprecare in spese legali, i siti
e i grossi spazi di contenuti audiovisivi, sono un po’ portati a
fregarsene.

D’altronde non gli si può
chiedere di controllare le foto una per una o i video uno per uno per
vedere se non vanno bene o per accertare che il soggetto delle foto o
del video – cioè voi – abbia manifestato un consenso scritto per
autorizzare la pubblicazione. Potrebbero farlo, metterci dentro un po’
di burocrazia, firme digitali autenticate e via così. Su indymedia vige
invece, senza alcun bisogno di controllo all’origine ne’ di
burocratizzazione di alcunchè, la regola di cancellare i contenuti
sessisti. Forse alcun* potrebbero fare altrettanto. Google è comunque
ricchissima e su youtube, che gli appartiene, forse potrebbe lavorare
un po’ meglio.

Questo però introdurrebbe,
in questo caso, un meccanismo perverso che equivale alla realizzazione
di una commissione di valutazione della attendibilità dei contenuti e
della sua validità morale e alla applicazione del principio della
censura che per motivi diversi potrebbe essere preteso da altri.

Un cane che si morde la coda.
Mille contraddizioni tutte da sviscerare in un contesto peregrino e un
po’ particolare come quello della rete dove sembrano non esistere le
vie di mezzo: ci sono quelli che esigono controlli severissimi con
allegata certezza della pena virtuale e quelli che si barricano dietro
la difesa della "neutralità" della rete, della privacy e della libertà
di espressione.

Entrambi, spesso
seriamente arroccati in logiche identitarie, non sembrano voler
seriamente ragionare di queste contraddizioni per venirne a capo e
inventare – insieme – un modo nuovo e diverso, che non passa attraverso
il controllo, quanto invece attraverso mezzi di autodifesa, di
resistenza, di sopravvivenza, aiutati, certo, dalla diffusione di una
maggiore consapevolezza su questioni che ci riguardano e che purtroppo
per sfiga continuano a perseguitarci anche in rete.

Cominciamo combattendo
contro la cultura sessista. Stabiliamo anche però che questa battaglia
non c’entra nulla con la moralizzazione un po’ fascista di chi
ipocritamente vuole le donne coperte in rete o in strada (in strada
interviene il ddl carfagna e in rete vorrebbero fare della "case
chiuse"- siti chiusi – gestite da provider papponi) per poi scoprirle
di più in televisione. Stabiliamo dunque che in rete possono esserci
foto di donne nude con forme di tutela per i minori la cui
responsabilità deve essere condivisa collettivamente e non affidata
solo e sempre alla madre (che se lo guardasse quel figliolo per
impedire che non guardi le foto). Come per i numeri 166 prima 144. Le
compagnie telefoniche si arricchivano con gli introiti dei figlioli
biricchini. Perciò è pesata tanto la richiesta dei consumatori di dare
possibilità di rinuncia all’accesso a quei numeri. Lo stesso si
potrebbe fare con i siti. Non censura ma scelta preventiva delle
famiglie di selezionare la tipologia di siti cui vogliono avere accesso
e quali no. Una scelta attiva degli utenti invece che un obbligo
inflitto dalle autorità.

Stabiliamo che in rete
possono esserci foto di donne nude, alcune per scelta e alcune invece
no. Stabiliamo che nell’uno e nell’altro caso una donna non è puttana.
Che se pubblica sue foto per passione o per lavoro ha diritto di farlo
e se si lamenta perchè qualcun altro ha pubblicato sue foto a sua
insaputa o per farle violenza ha ben ragione di farlo e di reagire come
vuole. C’e’ differenza tra una cosa che viene fatta per libera scelta e
un’altra che viene inflitta per limitare la nostra libertà.

Quando una donna dice no è no.
Impariamo a dire di no anche qui, con più chiarezza, affrontando la
complessità delle questioni, alcune davvero contraddittorie, che ho
messo sul campo.

Abbiamo tempo e voglia. O
forse non abbiamo più tempo perchè bisogna che le cose cambino a
partire da ora. Diamoci da fare e se siete arrivat* alla fine di questa
lunga dissertazione potete fare un altro sforzo e dire la vostra
opinione. La discussione è aperta.

Ps: Sulle offese virtuali per le quali si iniziano a prevedere o a proporre pene reali tenete a mente un caso di assassinio di avatar punito con la reclusione in giappone, una proposta di regolamentazione del mondo di second life e una vecchia discussione in germania.

Ri-pps: ci saranno sicuramente molti errori e forse anche periodi
non esattamente comprensibili. non ho avuto tempo di rileggere. lo
faccio appena posso e aggiungo i link per documentare tutto quello che
ho scritto.

—>>>Foto prese in prestito da qui

—>>>Da La Rete non è Neutra

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio.


2 Responses

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  1. Johnny7 says

    Il fatto che una donna si concedi a farsi fare fotografie o filmati e il più grande senso di fiducia che può dare al suo lui

    E se il suo lui mette in rete ciò che la sua donna gli ha donato con tanto amore fà significare che è un emerito stronzo e dovrebbe essere evitato da tutti come se avesse la peste

    Racconterò brevemente un episodio che successe a me:
    Anni fà mi invaghii di una tizia, che per tutta risposta mi trattò da pezza da piedi, nonostante sia considerato un bravo giovine, persi i contatti e passarono gli anni, e mentre giravo per la rete vidi le sue foto ignuda

    Morale della favola:
    E’ andata a trovare oro in America(che poi si è rivelato oro degli sciocchi) e non si è accorta che aveva del platino sotto casa

  2. Siamo animali?? rettilliani?? says

    http://www.ondaradio.info/…id=10405&Itemid=1