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Dei mafaismi, delle pratiche. Le donne di Bologna: “Siamo gioiosamente intolleranti!”

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Era già successo in occasione della manifestazione del 24 novembre. Le solite "mamme" e "zie" e a questo punto anche "nonne" che arrivano a bacchettare le nipotine per ingingantire, come se ve ne fosse bisogno, il divario generazionale e politico già esistente. Il 24 novembre alla cacciata delle ministre certe donne si sono risentite e hanno tirato fuori tutto l’abc della perfetta conformista. Donne che già ho definito dal "femminismo quieto e accomodante e talvolta persino connivente con la cultura patriarcale".

In effetti del 24 novembre ho parlato anch’io – e anche tanto – e della modalità di piazza ho criticato il fatto che ho ritenuto non vi fosse stata sufficiente attenzione nella comunicazione che alcuni gesti avrebbero potuto determinare. Mi sarebbe piaciuto che si utilizzassero pratiche "più simpatiche", come quelle che derivano dalla cultura femminista post/machista e che possiamo riconoscere ad esempio nei Pink Block. Ma la critica sul metodo posta in chiave dialettica e di confronto delle pratiche – quando queste sono organizzate e non frutto di spontaneismi sui quali è certamente difficile ragionare, assodato che siamo d’accordo sul riprenderci le piazze e gli spazi di parola, nulla c’entra con le definizioni allora date dalla ingenerosa miriam mafai. [Soprattutto nulla c’entra con il fatto che se ferrara ti insulta e ti violenta con le sue esternazioni medioevali e se una piazza è transennata e non ti fanno proprio passare, e se tenti di passare ti picchiano, è chiaro che a quel punto ogni azione diventa *legittima difesa* (leggete sotto il comunicato delle donne del Tpo che raccontano come è andata)].

E’ chiaro che il femminismo non è una cosa monotematica e monorappresentativa e che non esistono femminismi buoni e femminismi cattivi [le pratiche vanno
confrontate e bisogna discuterne, anche in maniera molto critica, ma senza sentenze ne’ sgridate didattiche
], ma di sicuro stiamo parlando di una cosa assai differente rispetto alle considerazioni mafaiste
che riconoscono diritto di parola ed espressione a tutti meno che alle donne.

Perchè sapete, il mafaismo è evidentemente una altra pratica *femminista* della cui esistenza nessuna si era accorta. Funziona così: fai l’intellettuale un po’ spostata a sinistra e sessantottina e poi in modo composto tendi a riconoscere in ogni gesto movimentista del presente quello che evidentemente ricorre nei fantasmi della tua memoria. Giusto per informazione: cara signora mafai [leggete il suo articolo] la lotta armata non c’entra un ovulo con le uova e le verdure. Se lei considera semplice il passaggio dalle uova ai revolver è e rimane un suo problema. Una sua deformazione che noi abbiamo la sfortuna di sorbirci dalle pagine di repubblica e lei ha l’indecenza di propinarci senza aver ancora capito che da quel tempo sono passati più o meno trent’anni. Ma la responsabilità in realtà non è neppure tutta sua. La condivide con un sistema di informazione che in questo paese se c’e’ da parlare di femminismo ancora va al ripescaggio di novantenni arzille e conformiste che tutto rappresentano meno che il movimento che si è costituito e che fa politica in questi anni. 

Marina Pivetta, in una lettera alla mafai pubblicata su Il Paese delle Donne, dice anche qualcos’altro: si sofferma ad analizzare il fatto che il diritto di parola delle donne è soffocato dalla prevaricazione costante di "opinioni" che ci violentano dalla mattina alla sera senza che ci sia mai dato nessun diritto di replica. Perciò una pratica rumorosa ed evidente diventa talvolta l’unico modo per rendersi visibili, per far capire al mondo che le donne esistono e sicuramente non sono d’accordo con ferrara, o comunque con i toni e le proporzioni che il dibattito sulle questioni che ci riguardano ha assunto. 

Concludendo: Bisogna ragionare serenamente e anche attentamente su cosa intendiamo per "violenza". Per me la violenza è quella che mi fa ferrara tutti i giorni quando lo sento parlare e vedo che mi chiama "assassina". La violenza è di chi vuole impormi a vivere una gravidanza indesiderata e che mi condanna quindi ad essere un mero contenitore senza diritto di scelta e di parola sulle cose che riguardano il mio corpo e la mia vita.

Ferrara dice di essere una persona tollerante. Come dicevamo nell’articolo di narrazione della giornata bolognese però lui non è affatto abituato ad essere tollerante, anzi è arrogante e proprio permaloso, privo di senso dell’umorismo e non vuole proprio essere contraddetto, altrimenti Luttazzi sarebbe ancora a La7 a fare il suo bel programma di satira. Ferrara si definisce un martire e parla di linciaggi ed è proprio strano perchè pensavamo che fosse stato lui a invitare al linciaggio pubblico contro le donne che interrompono le gravidanze o che vogliono vivere una libera sessualità non riproduttiva (a meno che quello che è successo alla donna di napoli non sia solo un brutto sogno e che i manifesti che hanno tappezzato genova non siano state fake, imitazioni, stilizzate che esibivano scorrettamente il simbolo del suo partito).

Ferrara è stato squattato dal palco perchè il suo prode candidato bolognese ha informato direttamente le femministe della sua venuta di modo che lui avesse potuto organizzare la sua performance di "vittima" e si sarebbe potuto guadagnare un po’ di pagine sui giornali. Ne più e ne meno che quello che ha fatto la prestigiacomo quando si è presentata provocatoriamente alla manifestazione del 24 novembre. Ferrara usa noi e i nostri corpi per la sua orrenda campagna elettorale (che gli frutterà un congruo rimborso per le spese elettorali) e continua ad usare il nostro diritto ad esprimere una opinione differente per farsi mettere sul capo la sua bella corona di spine. Dubito però che qualcuno vorrà raffigurarlo sulla croce. Il gesù dell’iconografia clericale era veramente assai più bello…

Comunque sia vi passo il comunicato delle donne del Tpo che ci/vi raccontano come è andata. Buona lettura!

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Bologna – A proposito della  cacciata  di Ferrara

Siamo gioiosamente intolleranti!


Duemila persone in piazza Maggiore ieri pomeriggio hanno reso invisibile la presenza intollerante e violenta di Giuliano Ferrara.

Una piazza militarizzata e blindata il cui ingresso è stato reso (im)possibile attraverso una selezione arbitraria delle forze dell’ordine, che non sono tuttavia riuscite a fermare la gioiosa e determinata rabbia delle centinaia di ragazze che hanno preso le prime file per esprimere dissenso creando un ulteriore nuovo momento di affermazione del diritto all’autodeterminazione delle donne.

Una moltitudine composta di soggettività non organizzate unite in quello spazio e in quel momento dalla comune determinazione ad essere felicemente protagonista di una giornata di lotta.

Giuliano Ferrara per farsi sentire ha dovuto urlare, e lo ha fatto contro duemila persone corse ad invadere la piazza per affermare la volontà di riappropriarsi di discorsi che riguardano innanzitutto i corpi e i desideri delle donne.

Una risposta forte, sollecitata dall’invito rivolto dalla neoconvocata Rete per l’autodeterminazione, che in soli due giorni ha saputo intercettare un’eccedenza reale, moltitudinaria, desiderante. Che è rimasta salda sotto il palco anche dopo le numerose e pesanti cariche della polizia. Che ha costretto Ferrara ad interrompere prima del tempo il suo sguaiato comizio. E che ha poi occupato quello stesso palco con le parole e i corpi delle uniche che ne avevano il reale diritto, aprendo finalmente quello spazio anche all’altra parte del presidio, costretta a rimanere in piazza del Nettuno dallo schieramento delle forze dell’ordine. E che ha affisso lo striscione “Fuori i nostri corpi dal vostro controllo” al posto degli aberranti vessilli elettorali della lista Pro-life.

Le immagini, le impressioni, le parole che hanno attraversato la piazza nella giornata di ieri sono le risposte che diamo alle accuse di violenza e intolleranza scagliate oggi dalle pagine dei giornali e dalle dichiarazioni dei politici di tutti gli schieramenti che vorrebbero svuotare il senso e la forza di quanto accaduto.

Le duemila soggettività si sono riconosciute e autorganizzate in quella piazza nelle modalità e nelle pratiche di contestazione molteplici vivaci e rumorose che niente hanno a che fare con la violenza e l’invadenza imposta alla città dalle invettive di Ferrara e dei suoi candidati, le cui voci sono state diramate con altoparlanti anche lungo via Rizzoli.

Il nostro obiettivo – lo ripetiamo – non è Giuliano Ferrara.

Il nostro obiettivo è smascherare e denunciare tutti i micro e macro dispositivi di controllo e normazione dispiegati lungo le nostre vite che vorrebbero ordinarci le modalità e le forme delle nostre esistenze, in quanto donne, uomini, lesbiche, gay, trans, …

Siamo gioiosamente intolleranti verso chi, soprattutto se uomo, prende parola in merito ai nostri corpi.

Siamo fortemente intolleranti verso la violenta reazione delle forze dell’ordine e verso la loro scomposta gestione dell’“ordine” pubblico.

Siamo intolleranti nei confronti di chi oggi ci accusa di inciviltà, ma da anni tenta di frenare la manifestazione del dissenso attraverso un serrato e militarizzato controllo sui nostri corpi e sui nostri spazi.
 
 Guai a chi ci tocca [Tpo]!

—>>>La foto è *rubata* da QUI 

Posted in Anti-Fem/Machism, Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio.


2 Responses

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  1. Lisa says

    … se volete fare una manifestazione, un comizio come quello che avrebbe dovuto fare Ferrara fate regolare richiesta di spazio pubblico e comizio agli sportelli comunali, è vostro pieno diritto, come sarebbe stato diritto di Ferrara, invece qualcuno glielo ha incivilmente e molto antidemocraticamente impedito

    La libertà di espressione non è negata a nessuno, ma un conto è chiederla legalmente, un conto è imporla quando per legge (e logica) sarebbe aspettata a qualcun altro

  2. Crocco1830 says

    A chi dice che a Ferrara è stato negato il diritto di espressione, rispondo che questo diritto è stato finora negato alle donne.
    Le rivendicazioni delle donne sono state finore coperte da una coltre di silenzio. In una società mediatica come la nostra, senza visibilità il diritto di espressione è di fatto negato. Proprio oscurando le rivendicazioni, finora alle donne è stato negato il diritto di espressione, al contrario di Ferrara.