Da Abbatto i Muri:
Vi ricordate della legge sul femminicidio? E’ stata utilissima per le parti che riguardano la repressione del dissenso, la militarizzazione dei cantieri della Tav, il furto del rame e chissà che altro. Invece per quel che riguarda la violenza sulle donne la legge non ha sortito alcun cambiamento. Legge interventista, paternalista e sovradeterminante, che già dai primi vagiti rimandava all’esclusione delle donne che si occupano di violenza non tenendo conto della loro esperienza né per la composizione della legge e neppure per quel che riguarda l’attuazione di un piano preventivo che non è mai arrivato. Poi c’erano quei fondi ereditati di governo in governo dei quali i centri non credo abbiano visto mai un euro, e allora si era detto che forse, almeno quella cosa lì, avrebbero potuto definirla. Invece ai centri pare spetti l’elemosina al punto che qualcun@ ha scritto che rimanderà indietro l’obolo senza batter ciglio. Dunque i centri del coordinamento D.i.re hanno battuto i pugni sul tavolo, hanno comunicato quel che dovevano comunicare, hanno chiesto lumi circa i criteri di distribuzione dei fondi e poi hanno indetto un presidio e una conferenza stampa per il 10 luglio a Roma.
Vi dico un po’ come è andata. Per prima cosa c’era la conferenza stampa presso la sala stampa delle deputate e poi il presidio sotto la sede della Conferenza Stato-Regioni.
Giornata assolata, incontro davanti un ingresso laterale di Montecitorio, dove c’era un via vai di deputati/e, portaborse, gente così insomma. Prima di accedere al palazzo vedevi Ignazio La Russa che camminava affiancato da una avvenente segretaria e da due collaboratori mentre una specie di valletto lo precedeva e gli faceva largo tra le persone assembrate davanti all’ingresso della Camera: “Fate passare, deve votare!”. Un timido Pippo Civati procedeva a fatica e senza un seguito. Antonio Razzi nelle vicinanze della piazza era intervistato da un ossequioso giornalista. C’era qualche deputato che concedeva foto in posa con passanti manco fosse un’attrazione turistica.
Durante la conferenza stampa, che potete vedere per intero QUI, l’on.le Celeste Costantino (SeL) ha criticato la legge sul femminicidio, lo stesso ha fatto Titti Carrano, presidente del coordinamento D.i.re, dichiarando la contrareità dei centri antiviolenza in relazione a quelle norme, poi hanno via via parlato anche altre rappresentanti che denunciano la presenza, nei propri territori, di centri che non si sa bene da dove siano spuntati e parlano di mancanza di trasparenza nella ripartizione dei contributi associativi. Incombe su alcuni spazi il timore di dover chiudere.
Al termine dell’appuntamento tutte in Via della Stamperia, 8, davanti alla sede della conferenza Stato/Regioni, e lì è iniziato il presidio. Tra slogan e cartelli è arrivata la sicurezza del palazzo, femmina, la quale dopo aver capito che le altre sue simili non si spostavano ha chiamato le guardie. Sono arrivati in borghese, riconoscibilissimi, e hanno identificato la presidente, e dopo un po’ hanno informato le presenti che non potevano fare casino lì perché la manifestazione non era autorizzata e dunque dovevano buttar via i cartelli.
Le donne invece non si sono mosse e piuttosto che togliere i cartelli li hanno girati dalla parte bianca, che poi è un po’ come desiderano vedere le donne certe istituzioni: fogli bianchi sui quali loro possono scrivere quel che gli pare. Perché se gli consegni alla vista un foglio scritto dalla tua esperienza e dal tuo sapere allora non gli piace. E dunque ecco che queste donne in lotta per dare una mano ad altre donne si ritrovano davanti le istituzioni che da un lato ti dicono di affidare la tua debole carne alla loro tutela e dall’altro presentano il volto di quella “tutela” che si traduce in controllo, repressione e censura. Voglio dire che le persone che ti impongono di spegnere le tue rivendicazioni poi sono le stesse alle quali io teoricamente dovrei rivolgermi per farmi aiutare nel mio percorso di liberazione. Un bel dilemma, se ci pensate bene.
Infine c’è la ministra agli affari regionali che riceve una mini delegazione delle donne in protesta e le ascolta assumendosi un minimo di impegni. Farà presente, chiederà, boh, chi lo sa, solite chiacchiere di palazzo. E’ poi venuta fuori anche una interrogazione a cura di alcune onorevoli del Pd fino a quel momento totalmente disinteressate e assenti. Si chiede la ripartizione dei fondi con criteri e regole trasparenti, si ricorda che due euri a testa bisogna pur darglieli e alla fine non si capisce come andrà a finire ma è molto interessante vedere come la politica accolga le istanze quando le istanze gliele inietti per endovena.
Ora io continuo a pensare che da un governo così paternalista e da meccanismi così atroci bisognerebbe seriamente prendere le distanze e dichiararsi autonome, una buona volta, perché l’elemosina, come la metti e metti, anche se con qualche euro in più, sempre elemosina resta. E nel frattempo le politiche contro la violenza sulle donne diventano pretesto per sdoganare qualunque cosa. Qualunque cosa meno quel che servirebbe per davvero. D’altronde la lotta contro la violenza sulle donne è diventata un brand. Tutti la pronunciano e pochi sanno quel che c’è da fare. Poche lo sanno e in troppe traggono legittimità, fama, gloria, punti di micro/visibilità. E quelle che lo sanno non sempre vengono ascoltate., anzi. Se ti presenti con la tua idea scritta su un cartello c’è poi il tutore che dice che la tua idea scritta deve prima godere della sua autorizzazione o altrimenti te la farà posare. Se non è un questo un chiaro esempio di scarso rispetto istituzionale per l’autodeterminazione delle donne allora cosa?
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