Da Abbatto i Muri:
Ragioniamo di quella sessualità che viene vista secondo schemi normativi, “naturali”, dicotomici, per cui ci sarebbe il maschile e il femminile e sennò ciccia. C’è un femminismo che persegue la purezza dell’orgasmo, a cui non piace il sesso “sporco”, e che davvero pensa al sesso piazzando stigmi sulle pratiche. Influenze sessuofobiche catto/fascio/integraliste? Non saprei. Quel che è certo è che se prima (e ancora adesso) una donna poteva essere targata in quanto pulla, puttana, zoccola, perché la dava con piacere oggi il recinto del “piacere” è stretto all’interno di un certo numero di regole ambigue, altrettanto autoritarie, elargite da un contesto che dovrebbe essere antisessista.
Secondo alcune la sessualità maschile è brutta. L’uomo sarebbe stupratore per natura. La penetrazione sarebbe stupro di per se’. L’orgasmo maschile, se non intriso di pentimento, subordinazione autoflagellante, è sporco. Dunque è sporca qualunque cosa abbia a che fare con l’eiaculazione maschile. Si torna all’assegnazione di un ruolo angelico alle donne. Il tuo corpo è sacro, abbi rispetto per te stessa, c’hai la tua dignità (e provvedi anche a quella delle altre), occhi ‘n terra e muru muru (occhi a terra e resta al margine della strada per non farti vedere).
Sullo strapotere dello sperma la cultura maschilista ha realizzato mille e più apologetiche definizioni che parlano di fecondazione, terre aride senza quel liquido santo, potere finanche curativo, fa bene alla pelle, ti fa digerire, ti fa perfino decollare. Lo sperma virile è la trappola entro la quale quella cultura costringeva altri uomini la cui impossibilità a fecondare veniva raccontata come lo sparare a salve, l’impotenza, essere mezzo uomo, frocio (come se il potere di fecondare fosse solo degli etero) e altre cose carine utilizzate in chiave denigratoria e normativa.
E’ vero che il pene è stato e viene usato come strumento di guerra, lo sperma come mezzo per compiere finanche pulizie etniche, mentre tanta misoginia caratterizza l’opinione di chi descrive la vagina, la vulva, la fica, l’orgasmo femminile, i liquidi femminili, come demoniache, inutili, portatrici di malattie, sedi di auspici di castrazione, e la vagina, sollecitata sempre all’accoglienza, manco fosse un albergo a cinque stelle, ché se chiudi le cosce a momenti ti denunciano per interruzione di servizio pubblico. Ribaltare tutti questi significati non deve essere stato affatto semplice e io mi rendo conto che perfino le provocazioni in un determinato periodo storico possono essere state utili a creare varchi entro i quali altre donne hanno potuto affermare cose un minimo più sensate.
Il punto è che rispondere alla misoginia con altrettanto e cruento sessismo contro gli uomini, realizzando mille stereotipi e mettendo in circolo soltanto una visione generalizzata della questione diventa autoritario tanto quanto lo è stato e lo è ancora il patriarcato. E’ normativo per quegli uomini la cui sessualità viene criminalizzata a prescindere. E’ normativo per quelle donne che non sono libere di dire che a loro piace fare pompini perché quel piacere verrà sempre messo in discussione.
Faccio una sintesi di una discussione che in realtà ha riguardato tante. Tu parli di sesso e altre ti dicono che l’autodeterminazione non c’entra. Sei libera soltanto di fare quel che dicono loro sennò hai introiettato roba maschilista che ti fa dire che ti piace una cosa che se tu fossi sana non ti piacerebbe affatto.
Come può piacerti, d’altro canto, fare un pompino, prenderlo in bocca e poi perfino ingoiare lo sperma? Non può, non è sufficientemente femminista e c’è chi dice che non sia neppure tanto di sinistra. A sinistra, abbiamo scoperto nel tempo, non si fanno pompini urlati. Hai da farli sottovoce. Date queste premesse, alla destra, viene facile giocare a fare la libertaria anche se più spesso non lo è affatto.
Dunque tu che fai un pompino non ci stai praticamente con la testa. E’ tutta una questione di posizionamento politico. Tra un po’ ti diranno che fare pompini è perfino una pratica capitalista. La normatività che opprime alcune donne in ascolto di un certo femminismo moralista può dirsi identica a quella che opprime alcuni uomini al seguito di correnti di pensiero anche (benevolmente) maschiliste. Omofobe o transfobiche, in realtà. Non può piacerti la penetrazione anale perché l’ano è roba da froci. Non puoi metterci dentro neppure un dito. Neanche sfiorarlo o passarci accanto col pensiero. Non puoi farlo.
In ciò rispetto l’autodeterminazione maschile, nel senso che la sessualità corrisponde a desideri soggettivi e essere penetrati non è detto piaccia e non per questo ti spetta la targa dell’omofobia. Lo stesso per quelle a cui non piace praticare la fellatio. Se non lo fai non sei per questo “moralista”. Il punto chiave delle vicende che ragionano di sesso e affini è che quel che piace a te non può diventare normativo per gli/le altr*. Allora posso dire che la violenza con la quale certi uomini hanno imposto ad altri un regime da seguire non è dissimile dalla maniera aggressiva, colpevolizzante, che ho visto adoperare per rimettere in riga donne peccaminose e prive di morale.
Per un certo contesto femminista poi è da dire che la fellatio veniva considerata quasi come un rito di adorazione del fallo. Dunque al massimo potevi sputarci sopra, sul pene, giammai gustartelo come fosse un buon gelato. Ci fu un periodo in cui io e alcune amiche ci imbattemmo in un gruppo di donne estremamente aggressive da questo punto di vista, perché l’aggressività nel femminismo è sdoganata, ed è un bene che sia così, solo che la stronzaggine non è “aggressività” per la affermazione di se’. Ci sono quelle che sono semplicemente stronze e pensano di essere legittimate ad essere tali perché il femminismo, noi che non abbiamo peli sulla lingua, noi che tutto possiamo e facciamo, noi ci autodeterminiamo anche nella precisa volontà di romperti le ovaie, e dunque posso insultarti quanto ti pare e dire anche un sacco di sciocchezze.
Esorcizzammo stupendole con effetti speciali. La loro espressione disgustata diceva tutto. Non voglio generalizzare perché è una balla, uno stereotipo sessista, quella che dice che le donne moraliste hanno problemi con il sesso, il corpo, e tutto quel che si dice normalmente per sfogare sessismo un po’ a muzzo. Quelle che non hanno problemi con il sesso e con il corpo, il proprio e delle altre, non devono essere necessariamente delle strafighe così come se sei una strafiga non è detto che tu non abbia problemi con il corpo e il sesso altrui. Diciamo perciò soltanto che queste signore, in particolare, si erano costruite attorno un recinto fatto di difese a oltranza, un po’ ipocrita in realtà, segno di grande fragilità, perché nel momento in cui un uomo si avvicinava anche solo per fare un complimento, si scioglievano come neve al sole.
Ad ogni modo andò così: la fellatio era l’adorazione al fallo. La penetrazione equivaleva ad uno stupro di massa. Toccarti le tette non se ne parlava neanche (e qui già le vedo quelle che scrivono cose tipo “ha scritto tette e perciò si sente figa gnè gnè gnè…” e io non c’ho il copyright. se vi interessa fatelo anche voi :D). Perciò il racconto di una performance sessuata doveva essere condito di mille preghiere e segnali di pentimento.
Gliel’ho leccato ma non ho goduto affatto. No no. Mi ha penetrato, ma l’ho fatto sentire sufficientemente in colpa e sono rimasta fedele al ruolo passivo imposto dalla tradizione (maschilista? del femminismo moralista? entrambe?). E’ sempre lui che penetra e mai succede che sia io a farmi penetrare. Non ho neppure detto cose come si, si, si, ancora, ancora, ancora, perché una vera femminista non lo fa. Casomai dice no, no, no, basta, basta, basta, giusto per tenere in serbo la sensazione di essere vittima anche se non lo sei. La penetrazione può comunque avvenire solo dopo che l’uomo ha rieducato il pene con una sessione di frustate e solo allora il pene penitente sopravvissuto all’espiazione può godere di cotanto paradiso.
Se il maschilismo ti dice che la consensualità è un optional, del tipo che quando dici no significherebbe si e stronzate del genere, un certo femminismo ti dice che è il tuo si a rappresentare invece un no. Tu lo vuoi ma – guardami, guardami, abracadabra – in realtà non vuoi. C’hai il maschio introiettato che ti dice che quel che ti succede è godimento ma in realtà tu sei una vittima. Allora il tuo orgasmo deve essere sofferto, invece che urlare di piacere piangi, così potrai accedere al piacere vero. Qual è il piacere vero? Non si sa. E’ un po’ come in quelle leggende religiose che dicono che se soffri in terra poi in cielo troverai dall’harem al caffè servito da un comico italico, tutto compreso.
Il piacere vero è quello che tu non provi e non proverai mai, naturalmente, perché solo loro sanno. E lo sanno anche i patriarchi buoni che un tempo non sopportavano di vedere le mani di un altro uomo sulla pelle delle loro figlie e oggi hanno ampliato la rete di protezione su tutte quante servendosi del femminismo moralista per castigare gli uomini sessuati, da fare sentir sempre inadeguati, e per colpevolizzare le donne che non si sentono vittime nel caso in cui il sesso non è precisamente quello “classico”.
Riepiloghiamo. In sintesi: la fellatio è antifemminista. La penetrazione è antifemminista. L’uomo che non ti dice “copriti” quando vuoi fare sesso è antifemminista. L’orgasmo stesso, di questo passo, è antifemminista. Perché se sei femminista tu non provi piacere. La femminista (moralista) soffre. Oh mamma, come soffro. La conseguenza logica è che un “fammi godere ancora” diventi un “fammi soffrire ancora”. sarà poi questa la radice culturale del masochismo? Chi lo sa. Futtitivinni (fregatevene), diceva mia nonna and me too. Questo è quanto.
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