Da Abbatto i Muri:
Lei è Rosalarian, vignettista, scrittrice, donna di mille interessi. Dedica un post alla cattiva abitudine, di una certa categoria di femminismo che neanche a me piace e che usa imporre la propria visione morale alle altre. Sono le donne del “sei libera di essere come me“. “sei libera perché solo io so di cosa è fatta la TUA libertà“. Una buona dose di presunzione e arroganza, condita di sentimento neocoloniale, quell’attitudine di certe borghesi le quali immaginano che emanciparsi significa essere come loro, ed ecco alcune caratteristiche di un femminismo autoritario che spopola in occidente e irrompe nella scena di altri paesi con ricette preconfezionate, la solita dose di intento imperialista che in senso “umanitario” supporta finanche guerre o, comunque, leggi autoritarie per imporre ad altre come dovrebbero vestirsi e come essere nella vita per raggiungere la “felicità”.
Sono le civilizzatrici di tante donne considerate delle povere idiote che altrimenti non saprebbero come liberarsi e nel momento in cui queste “idiote” si autorappresentano e le accusano di neocolonialismo e autoritarismo allora subito urlano allo scandalo. Sono antifemministe, perdio, sono vittime del patriarcato, possedute dai maschi che impongono loro vite bruttissime. Sono cieche, stupide, bisogna risvegliarle, salvarle, anche contro la loro stessa volontà. Dunque sono incapaci di intendere e volere e per prima cosa vanno sottoposte ad un Tso simbolico o sociale, con moralizzazione e lavaggio del cervello incluso, affinché si capisca che loro stanno molto male e che per stare meglio bisogna proprio che diventino come questa categoria di femministe. Questo avviene nei confronti delle donne che portano il velo così come per quelle che si spogliano.
La categoria di femministe autoritarie in genere è anche antiporno, disconosce, delegittima e diffama le sex workers che chiedono la regolarizzazione e usa gli stessi codici patriarcali di imposizione sui corpi per obbligare le altre, in senso morale o con leggi precise, a vivere la vita secondo regole imposte. Normalmente alleate a paternalisti che dividono il mondo maschile in carnefici e tutori, desiderosi di ritagliarsi il ruolo di eroi difensori delle povere fanciulle indifese, questo modello di femminismo e di autoritarismo è quello che secondo Susan Faludi determinò, per esempio, negli Stati Uniti, la legittimazione del Regno del Terrore. Aspramente criticato dal femminismo postcoloniale, da quello nero, trans, queer, intersezionale, prosex, etc etc. Tanto ci sarebbe ancora da dire ma mi fermo qui. In basso le traduzioni della vignetta e del testo annesso. Buona lettura!
La vignetta sopra dice:
“Io spesso ascolto femministe che criticano l’abbigliamento di altre donne in nome del femminismo.
La stessa persona che dice senza ironia “tu non puoi vestirti così, questo è antifemminista, tu mi opprimi, tu opprimi te stessa. fermati” alla donna che gira svestita poi dirà alla donna molto vestita:
“tu non puoi vestirti così, questo è antifemminista, tu mi opprimi, tu opprimi te stessa. fermati”
Tu non sai che quando stai dicendo questo, stai impedendo ad una donna di vestirsi come più le piace e di scegliere quello che è confortevole per lei. E non è forse esattamente la stessa cosa che ci impone il patriarcato?”
Nel suo tumblr accompagna la vignetta con questo scritto. Ecco la traduzione:
C’è un femminismo che ha qualcosa al momento che non funziona.
Questa corrente di pensiero serve a rimuovere gli ostacoli delle donne o soltanto a realizzarne altri, diversi? Si auspica di espandere le opzioni per le donne o semplicemente spostare la scelta da una imposizione all’altra? Tu non stai liberando le donne se le obblighi a scegliere tra l’opzione B e quella A. Quello che va bene per voi potrebbe non essere buono per altre, ed è del tutto possibile che per via della vostra imposizione alcune vi vedano oppressive laddove voi pensate di restituire una buona scelta che sia addirittura liberatoria.
Prima di dire che sono una ragazza vittima del patriarcato, lasciami dire che sono io che ho usato altre, nella mia ingenua giovinezza. Consideravo me stessa come un modello standard al quale le altre avrebbero dovuto aderire. Ma questo era stupido. Non sta a me dire alla gente come vestirsi, ed è molto più bello dire a chiunque di scegliere liberamente.
Alcune si sentirebbero nude senza velo. Alcune lo troverebbero restrittivo. Alcune si sentirebbero limitate da un reggiseno. Alcune donne si sentirebbero nude senza. Alcune si sentirebbero limitate da un corsetto. Altre lo amano. Alcune indossano un sacco di vestiti con un corsetto. Alcune vogliono indossare solo il corsetto e nient’altro. Quello che rende un capo di abbigliamento oppressivo è la persona che costringe a indossarlo. Ed è altrettanto oppressivo costringere qualcuno a indossare quello che vogliono indossare.