Due differenti articoli di cronaca. Uno riguarda l’assassinio e la crocifissione di una sex worker. E l’altro lo stupro di gruppo ai danni di una trans. Per l’analisi del primo articolo in rassegna stampa mi aiuta Barbara che scrive:
“E’ sessista secondo voi questo articolo? Il modo in cui e’ scritto intendo: pone l’accento su frasi come “ragazza sbandata” e “gente che si lamenta per la presenza di prostitute nella zona”.
Nulla si dice sul fatto che potesse essere l’assassino “sbandato” o “fuori della norma”: cioe’ non figura nell’articolo un qualche aggettivo che ponga l’assassino in una luce di anormalità: l’assassino che ammazza è quasi sempre trattato come “normale”, come fosse una cosa all’ordine del giorno e naturale nella nostra società che accada che una donna che non sta “nascosta in casa” incorra in qualche sorta di incubo letale ad opera di un probabile membro normale di questa società che avrà perso il controllo delle sue azioni… (Anche poi quelle che stanno nascoste in casa incorrono in incubi letali… e li’ si troveranno altre ragioni…)
La stampa e’ sempre cosi’ irrispettosa delle persone uccise. Anche stavolta è così. Sbaglio?
Bisognerebbe analizzarli a tappeto questi articoli, relativi a questo tipo di notizie, e a tappeto decostruirli tutti, non lasciarne passare neanche uno, e far capire alla gente che così come sono scritti normalizzano una certa cultura della demonizzazione della “donna che trasgredisce”, giustificando e normalizzando delitti orribili e inaccettabili, rendendoli piu’ digeribili al lettore con il semplice fatto di dipingere la vittima come “sbandata”. Infatti quando si parla di sbandata o di prostituta, la persona offesa non viene piu’ vista dai lettori, che di per se si sentono soggetti “normali” di questa societa’, come un elemento uguale, pari a se’, parte di questa societa’ e che abbia subito una cosa inaccettabile; e ponendo l’accento sulla sua possibile devianza, cioe’ facendo diventare la vittima un soggetto “altro” cioe’ diverso o alieno, la gravita’ del delitto viene minimizzata e rimossa dal lettore il quale non si immedesima piu’ nella vittima, non prova piu’ compassione per quest’ultima e non la vede piu’ nella sua umanita’. La vittima viene in questo modo abilmente “disumanizzata” come se avesse quasi meritato di morire.
Una disumanizzazione alienazione della vittima, e l’accensione ossessiva dei riflettori su quest’ultima al posto dell’esposizione dello psicopatico vero, cioe’ dell’assassino, quello che veramente devia da questa societa’ nel comportamento che assume e al quale dovrebbe essere addossata la responsabilita’ del fatto.”
Nel secondo caso il punto sta nella negazione della identità di una trans la cui autodeterminazione viene offesa a partire dal pronome. Parlare per tutto il pezzo della trans al maschile non va bene. Fare più attenzione a questo sarebbe utile per chi scrive su un giornale. No?