Da Abbatto i Muri:
A voi, amanti delle lotte altrove, emozionati quando arrivano notizie dalla Turchia, la Tunisia, e tutte quelle belle nazioni presso cui le rivoluzioni e le azioni di resistenza parrebbero maggiormente motivate come se di capitalismo, sfruttamento e monopolio di territori e della vita delle persone si soffrisse solo lì, e dunque a voi rivolgo una domanda schietta, non prima di avervi definito quadro, contesto e ragione di quella che è diventata una battaglia dello Stato, in difesa delle imprese, contro chi lo Stato lo fa, ovvero le persone, gli abitanti di un preciso territorio.
Avrete certo notato il susseguirsi di notizie che ragionano di crimini e misfatti compiuti ad opera di taluni NoTav. E già pronunciare il nome del movimento, esibirne la bandiera, come fu per la Mannoia o Caparezza, significa essere accusati di responsabilità morali quando si parla di azioni violente contro le persone. Il punto è che a me pare che di persone violentate ve ne siano, certo, in quella valle e sono le stesse persone precipitate da metri e metri da un traliccio scampando la morte per un pelo, quelle che hanno curato e guarito lividi e ferite a seguito lancio pietre, grandinate di lacrimogeni, manganellate sul muso (così raccontano) per predisporre fermi di quella o la tal’altra Marta.
Parliamo di persone che si sono viste scippare un territorio, i boschi, la montagna, i corsi d’acqua, il paesaggio, e tutte quelle cose che costituiscono un danno enorme a tutta l’umanità a scopo di profitto. Però lo Stato è del profitto e della libertà di impresa di pochi che si occupa, senza ascoltare, lasciar partecipare, a meno che non dicano si e basta, tutti coloro che si oppongono. E’ come dire: vorrei abbattere la tua casa e se non dici si e resisti allora rado al suolo pure te. Criminalizzo ogni tuo tentativo di resistenza, racconto che l’opera che sarà realizzata dove prima c’era la tua casa è di utilità collettiva e questa utilità la vedo io, quell’altro amico mio, l’impresa che gestirà la sua realizzazione, giornali che sono amici miei e poi alcune vaghe entità politiche che sulla sponsorizzazione delle grandi opere realizzano consenso.
Poi ti chiamo ladro perché tu ruberesti a me il tempo, dunque i soldi, che io spendo quando tu rallenti la mia opera, la stessa che io voglio costruire sulla tua pelle e senza il tuo consenso. Dunque insisto nella narrazione tossica che usa un marchio preciso per definire la tua lotta ed è poi quello che normalmente finisce per legittimare ogni categoria di repressione: è terrorismo. Mettiamo dentro un po’ di accuse che raccontano di danneggiamenti a mezzi, atti intimidatori contro imprenditori, inseguimenti e minacce di attentati contro personaggi impegnati a difendere la realizzazione dell’opera e quelli che vivono in Valle, tutti quanti, sono sempre più stretti da una militarizzazione ancora più affollata e autorizzata anche dall’ultima legge sul femminicidio (perché la Tav è femmina, dunque soggetto debole, ed è perciò che va difesa).
Quattro persone in carcere per “terrorismo contro l’immagine dell’Italia“, così leggo dal titolo di un pezzo d’oggi sul Manifesto, mentre chi è in galera invita a fare un ragionamento sullo stato delle carceri italiane e altri raccontano che 17.000 sono le persone con processi in corso in tutta Italia per ragioni che hanno a che fare con lotte sociali e repressione. Infine arriva anche l’embargo economico. 214.000 euro come risarcimento danni che tre NoTav dovrebbero a una impresa e i condannati al pagamento chiedono aiuto al mondo giacché impegnati a coprire spese legali a destra e a manca con gli avvocati che a questo punto segnalano che è quasi impossibile realizzare una reale difesa nei confronti di tutte le persone accusate.
E’ la parabola discendente, il ciclo solito delle battaglie contro un sistema capitalista che stritola chiunque vi si oppone. Altri decidono sulla tua pelle, sulla tua terra, realizzeranno quello che vogliono, privatizzeranno territori, amplieranno recinti finendo per deportare tutta la gente della Valle che resiste a questo atto di prepotenza. C’è poi la politica che non si fa tramite dei cittadini, e figuriamoci se rappresenta il “popolo”. Qui rappresentano le imprese, come troppo spesso avviene, e dunque è chiaro, palese, il popolo è il nemico, lo sono addirittura cantanti, scrittori, intellettuali, chiunque non abbia a cuore la triste sorte delle imprese invece che quella della gente che vive quel territorio. Il mondo alla rovescia, guardato secondo una prospettiva che genera orrori su orrori.
Gravi sono le azioni di chi minaccia la vita altrui. Stronz@ chi rende martiri persone che al martirio sono votate. Idiota e ingiustificabile chiunque commetta violenze contro qualunque essere umano, se questo accade o è accaduto. Ma qui la storia è monca di troppe parti ed è la versione dei forti che come sempre riscrivono la storia in cui i resistenti non hanno alcun potere e sempre meno ne avranno.
Perciò, adesso, il punto è che quella resistenza è piegata, sfinita, eppure il 22 febbraio chiamano ad una giornata nazionale di lotta, nonostante la gente in carcere, quella sulla quale pende una minaccia di pignoramento e sequestro dei beni, nonostante tutto, i valsusini e le valsusine sono lì, a testa alta, a raccontare ancora il proprio no.
Così io torno a chiedere a tutte le persone che amano le rivoluzioni altrove, quelli che si emozionano quando un pugno chiuso si erge al di là dei nostri mari, quelli che migrano, perfino, per vedere in faccia le rivolte morali della gente in altri paesi, o quelli che con piglio neocolonialista riconoscono oppressione e repressione solo quando si realizza al di là dei nostri confini. O tutti voi, tutti e tutte, ditemi, in questa circostanza: dove cazzo state?
Detto ciò, il punto è: la repressione, per prima cosa, solitamente, punta all’isolamento di un movimento, usa intimidazioni morali affinché chiunque tema di restare coinvolt@ in accuse, denunce, perfino in gogne pubbliche come quelle dedicate a intellettuali e musicisti inseriti nella black list tra le persone “amiche” dei NoTav (ergo sarebbero nemici della democrazia). Quando la repressione ti ha isolato e inibisce la solidarietà ha raggiunto il proprio scopo. Ti ha già piazzato attorno il suo bel recinto, la galera ipotetica, metaforica, fatta di inchiostro, parole, scritte nero su bianco da qualche parte, e a quel punto dice che sei salvo se ne rimarrai fuori. Salvo. Salva. Ma salvi da che? Da chi?
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