Da Abbatto i Muri:
Un tempo succedeva che fare sesso era un po’ come giocare alla roulette russa. Lui tirava il colpo in canna e tu forse restavi incinta oppure no. Aprire le cosce per una donna era un dovere coniugale, sempre, e tante furono le donne armate di misture e ricette casalinghe per tentare di provvedere da sole per riparare al sovrannumero di figli. Le donne che aiutavano altre donne a liberarsi da una gravidanza indesiderata venivano viste come criminali, ché attentavano al potere patriarcale ambito su quei corpi e sulla loro capacità riproduttiva, dunque carnefici, assassine, definitivamente streghe.
Le streghe erano perseguitate nell’inquisizione, tempo in cui le regole economiche imponevano riproduzione e cura di manodopera a basso costo, perché di schiavi c’è sempre stato bisogno e perché insegnare alle donne a gestire la propria sessualità e con essa il diritto a decidere quando avere figli e quando no significava regalare loro troppa autonomia. Perciò accadeva e accade ancora che i corpi di uomini e donne abbiano l’obbligo di interpretare la norma etero/riproduttiva e dove interviene una maggiore consapevolezza o l’impossibilità di gestire economicamente la vita di un figlio allora si realizzano divieti su divieti.
La cosa ci riguarda in primo luogo perché la pretesa di un controllo interviene sui nostri corpi. Retaggi antichi inducono alcuni a ritenere che non siamo noi a poter decidere con chi fare sesso, perché farlo, come e quando decidere di avere un figlio. E’ la natura, qualcuno dice, e mentre afferma questo si rifugia dietro un alibi che diventa la ragione per una costrizione, una imposizione dura che pesa anche sulle loro figlie.
Il sesso prima, dentro, fuori il matrimonio per gli uomini non era un problema. Lo era per le donne sulle quali diversamente pesava uno stigma, un marchio di proprietà, regole che parlavano di rispetto dell’onore. Una donna non più vergine per molto tempo è stato un corpo da rottamare. Una ragazza madre dava alla luce un figlio “illegittimo” perché l’unica legittimità data ai figli poteva derivare dal riconoscimento maschile. Fare sesso fuori dalla cornice matrimoniale era un gran problema e quelle ricche venivano mandate lontanissimo a sviluppare pancia e a partorire per poi mollare il figlio altrove o farlo crescere a qualcun’altra, quelle povere erano reiette, spesso si fingevano vedove, diversamente venivano marginalizzate e castigate dalle comunità.
Succedeva molti anni fa fino a quando le cose cominciarono a cambiare. Non per incanto ma perché le lotte delle donne, non necessariamente in pubblico ma ciascuna tra le mura delle proprie case, in famiglia, portarono lentamente ad una grande rivoluzione. Liberare il sesso dalla funzione riproduttiva non è un regalo per nessuna. Lo dobbiamo, lo dovete, alle nonne, mamme, sorelle adulte, a quelle e quelli, dove le lotte sono state affiancate da uomini libertari e consapevoli, che più hanno patito per quelle costrizioni.
Donne che madri non volevano essere, perché la maternità è una scelta e non può affatto essere una imposizione culturale. Non tutte vogliono essere madri e non tutte lo sono allo stesso modo. Donne che odiavano non poter semplicemente godere di una sessualità non riproduttiva senza dover essere inseguite da guardie e censori che le criminalizzavano per le mancate gravidanze. Persone che se ne fregavano del genere attribuito e amavano altre persone dello stesso sesso.
Donne e uomini lungimiranti e battagliere ci/vi hanno servito su un piatto d’argento quello di cui disponete oggi: la possibilità di non essere demonizzate perché avete un utero, siete mestruate e volete vivere una vita diversa da quella che era stata prospettata per voi in altri secoli. L’opportunità di fare sesso senza restare incinte e senza essere contagiate da malattie sessualmente trasmissibili che poi, in passato, venivano spesso accreditate alle donne considerate pregiudizialmente fonti di malattie e possessione demoniaca.
Trovate contraccettivi, medici che possono visitarvi, consultori laici (se resistono all’assalto dei movimenti no-choice), ospedali che dovrebbero garantirvi una interruzione di gravidanza gratuita e assistita. Vi si garantisce di restare sane e non morire. Tutto ciò è accompagnato da una sempre maggiore consapevolezza maschile che mira a una paternità responsabile e vorrebbe avere voce in capitolo quando alla libertà di scelta di una donna dovrebbe certo accostarsi la possibilità da parte di un uomo, nel caso in cui lei vuole avere un bambino ma lui non è d’accordo, di deresponsabilizzarsi senza che questo comporti alcuna conseguenza.
Ma questa è l’altra faccia della medaglia. Esigere libertà di scelta significa che se tu resti incinta e vuoi abortire o tenerti il figlio è un tuo diritto. Il corpo è tuo e nessuno può decidere al posto tuo. Devi poter scegliere se essere madre oppure no. Lo stesso diritto dovrebbe avere un uomo. Capita piuttosto che quando vuole fare il padre, per stereotipi sessisti, pregiudizi e ulteriori demonizzazioni, non gli è quasi permesso e se invece non ne ha voglia potrebbe essere legalmente costretto. Paradossi di questi tempi pieni di contraddizioni in cui si confonde la lotta per la maternità responsabile con la legittimazione di un maternage di stampo fascista e la lotta contro i padri padroni e i patriarchi con la marginalizzazione di tutti i padri o la esclusione degli uomini in ambiti decisionali che pure li riguardano.
Stessa filosofia di imposizioni e trappole di genere riguardano le donne. Se vuoi fare un figlio con la procreazione medicalmente assistita devi vivere un calvario senza fine o andare all’estero e se invece un figlio non lo vuoi ti obbligano a farlo.
Quello che voglio dire è che abbiamo goduto di alcuni diritti e che oggi, di nuovo, si stringe un cappio sovradeterminante attorno al nostro collo. Tempi di crisi, capitalismo che ha bisogno di manodopera, ed ecco che vedi le armate antiabortiste che in Europa esigono di attribuire uno status giuridico all’embrione per mandare in galera le donne che vogliono abortire, in Spagna vietano l’aborto, in Italia in molte regioni i movimenti no-choice (privati) vogliono insinuarsi nella sanità pubblica (che paghiamo con le nostre tasse), gli obiettori di coscienza sono talmente tanti, nella misura dell’80% circa come media, al punto da impedire che in ogni città vi sia almeno un luogo in cui una donna possa interrompere una gravidanza, a obiettare in termini di coscienza sono medici, anestesisti, perfino i portantini, farmacisti e tra poco anche le rivendite di preservativi diventeranno oggetto di presidi di movimentisti no-choice perché ogni rapporto sessuale non a scopo riproduttivo è quasi considerato un omicidio.
Di ragionare di educazione sessuale non se ne parla e in Europa hanno bocciato la risoluzione Estrela che in qualche modo ne parlava. Non è passata con l’aiuto di parlamentari del Pd che poi dicono di occuparsi di femminicidio e a loro sfugge il fatto che non avere rispetto dell’autodeterminazione delle persone è già un delitto. Non si ragiona di prevenzione, si finge di non sapere che la maggior parte degli aborti viene compiuta da immigrate che diversamente morirebbero di aborto clandestino, si finge anche di non sapere che c’è tanta ignoranza e se parli con le adolescenti ancora oggi c’è chi pensa che per non restare incinta basta sciacquarsi la vagina con la coca cola dopo un rapporto a rischio ed è tutto fatto.
Non si dicono tante cose ed è per questo che ci troviamo all’inizio di quest’anno a fare i conti con temi, obiettivi e lotte fondamentali. Non è possibile perdere quei diritti e oltretutto quello schema di controllo sui corpi delle donne non funziona neanche più. Nelle case non abbiamo più padri padroni che ci ingravidano per poi attendere la cucciolata e portarla a lavorare sui campi. Se in una famiglia si riesce a mantenere un figlio, forse due, è già tanto, perciò in questa spinta integralista non possono aspettarsi neppure la collaborazione di persone, uomini, che prima di mettere al mondo un figlio ci pensano un tot di volte.
Io sono anche convinta che perfino tra le persone convintamente antiabortiste ci sia gente responsabile che sa perfettamente che ad un certo punto si tratta di omissione di soccorso. Lasciare morire qualcuna che si consegnerebbe, se povera, nelle mani di gente senza scrupoli per abortire non è civile, non lo è per niente. Bisogna pensarci, credo, riflettere un po’ tutti, perché se anche si volesse sedimentare una cultura in cui l’aborto diventa l’ultima scelta possibile (e già comunque lo è) questo non può avvenire con divieti, costrizioni, criminalizzazioni, autoritarismi. Leggi liberticide e normative della sessualità e della gestione dei corpi non sono di questo tempo. E’ il passato e ha da restare lì dov’è, appunto, nel passato.
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