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Il manipolatore

Da Abbatto i Muri:

Sei un’idiota!” – mi dice a conclusione di una discussione in cui a lui piaceva farmi passare per matta.

Avete presente uno che tu dici le cose e ti risponde con una falsa quiete “secondo me bisognerebbe ti calmassi… sei un po’ sovraeccitata… forse dovresti calibrare la dose di parole… tirarle fuori tutte in fila“.

L’attimo dopo quel che ti riesce bene fare è un urlo.

E dunque lui ti guarda con tanta compassione come fossi un mollusco di cui avere pietà e ti riduce a quella che ha bisogno quantomeno di un buon Tso.

Quel che stavo dicendo è che lui non ascolta, non sente, empatia zero. E’ talmente concentrato su se stesso, supponente, presuntuoso, con l’idea fissa che io debba essere aggiustata – per il mio bene, ovvio – che diventa complicato anche solo dirgli vaffanculo.

Davvero non sapete com’è uno che vuole convincerti che sà tutto lui, ché lui solo pensa di sapere cosa sia bene per te, e che ti manipola girando e rigirando i discorsi affinché sia piegata la tua psiche? E’ autoritarismo puro. E’ violenza psicologica di quella che non te la scordi. E individuarla non è semplice. Ci vuole tempo. Bisogna capirla bene. Bisogna soprattutto essere preparate a intercettarla e a non cadere nei tranelli che lui prepara per te.

E’ tutto pre-determinato. Tipico di chi tesse una tela attorno a una persona che non potrà uscirne proprio mai più. A meno che tu non capisca e non interrompa subito. A meno che tu non colga come la morsa che vuole stritolarti, possederti o distruggerti, ciclicamente attenti alla tua libertà seguendo prassi ben precise.

Se tu sai come comincia il gioco puoi fermarlo. Puoi disinnescarlo. Il violento vuole ammansirti, indurti a essere quello che lui decide che tu sia. Vuole fotterti a partire dall’autostima, massacrare la tua sicurezza, piegarti mentre finge di tutelarti, farti ritenere che tu non hai capito nulla, che quel che sei è tutto sbagliato e solo lui sa come ricondurti sulla retta via.

Se non ti affidi a lui subisci continue ritorsioni, proverà in ogni modo a indebolire le tue difese, si servirà di chiunque possa essere utile affinché tu pensi di essere una persona difettosa.

Si servirà di tuo figlio, per esempio. Il bimbo cade perché corre e lui dirà ad alta voce che devi stare più attenta, non sai fare niente, che “non sei buona neppure per badare a tuo figlio“.

Si servirà della tua migliore amica. Con lei sarà carino, infinitamente socievole e parlerà di te con spirito caritatevole. Pieno di ottime intenzioni le dirà che ti ha suggerito di rivolgerti ad uno specialista, perché sarebbe bene tu affrontassi i tuoi problemi. Infine riesce a farti sentire una “malata” cronica anche se non lo sei mai stata e non lo sei e quando questo avviene lui prende controllo della situazione, si sente onnipotente, si realizza la parte di cavalierato autoritario che c’è in lui e ti disprezzerà ancora di più.

Lui è buono. Lui è perfino visto come un amico delle donne. Lui è anche uno di sinistra, o così dice. Fa il suo dovere di oppositore politico e poi regala i suoi due grammi di verità al mondo godendo degli applausi che riceve. Vive la sua vita parallela in cui finge di essere altro da quel che è in casa e quando lei rifiuta di fornirgli lo status di compagno dell’anno e non va con lui a cena con gli amici o a fare finta di essere felice lui le dice esattamente questo: “sei un’idiota… io faccio di tutto per te… e tu non fai mai niente!

Idiota. Si. Ma quest’idiota ti manda un po’ ‘affanculo.

Perché il tuo tono mellifluo e la tua finta bontà d’animo mi ha rotto le ovaie. Perché t’ho smascherato, gran pezzo di merda, e tu che dici in pubblico di essere contro la violenza sulle donne in realtà mi vuoi solo come un tuo personale zerbino sul quale pisciare per sentirti più virile. Perché fai tanto il compagno di sinistra fuori e sei un fascista in casa. Perché hai smesso di rifarti l’autostima sulla mia pelle e dovrai fondare la tua esistenza affrontando ciò che sei, guardandoti allo specchio, finalmente.

Non ho una grande comprensione in questo momento, perciò non chiedermene e non dirmi che devo restare calma e ponderare le mie decisioni. Sono ponderatissima e se mi dici ancora che devo recitare le mie frasi parola e virgola e complemento e punto io ti sputo senza se e senza ma. Perché autodifesa è anche smettere di immaginare attraverso i tuoi occhi e la tua immaginazione.

Autodifesa è ricominciare a pensare con i miei pensieri e parlare con le mie parole. Decidere per me, dirti forte e chiaro che io mi fido di me e delle mie percezioni e so io quello che è bene per me.

E poi respiro, infine, mi riprendo l’aria, il calore, l’umanità e il cielo e no, brutto stronzo, non ho più paura.  Non ho paura di te perché ti vedo, finalmente.

Ti vedo lì improvvisamente senza una parola, incapace di affrontare questa mia nuova determinazione, e ora sei tu che perdi la calma e alzi la voce e parli senza rispettare la punteggiatura orale. Sei tu che strabuzzi gli occhi e dici: “non andare“. Perché hai bisogno di restare nel tuo ruolo e hai capito che con me non c’è più nulla da fare. Dovrai trovarti un’altra occupazione.

Io sono già via. Via.

Quando recupererò la mia esistenza e la mia forza parleremo ancora. Forse. Poi. Soltanto poi…

Ps: è una storia di pura invenzione ispirata a mille storie reali che mi sono state raccontate. Ogni riferimento a cose, fatti e persone, è puramente casuale. 

Posted in AntiAutoritarismi, Narrazioni: Assaggi, Omicidi sociali, R-esistenze.

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