Da Abbatto i Muri:
Avere 12/13 anni o anche meno ed essere vittime di bullismo di ragazzine perfide.
“Lei non mi piace”, diceva una bambina puntando il dito contro quella che secondo lei era solo una palla di lardo. Spietate nelle valutazioni estetiche educate a suon di spot pubblicitari e pareri familiari in cui perfino da bambine devi indossare un abito fatto di carne mercificabile.
Sei grassa, brutta e antipatica. Dicevano a quella bimba che non aveva colpa, certo, di non corrispondere ad un target estetico dominante. Le stesse spietate battute contro bambini altrettanto indifesi che le prendevano sia dalle ragazzine che da machisti in erba.
C’è modo e modo per raccontare una cosa che tutte sappiamo. Ovvero che quando cresci attorno a te c’è gente che a volte pensi persino potrebbe anche ammazzarti. Perché quel che appare sgradevole, non viene considerato desiderabile, viene respinto, sbeffeggiato, e dunque le caratteristiche fisiche diventano metro di valutazione per azzoppare ogni relazione tra individui.
Sei grassa e meriti botte. Sei brutta e allora ti punisco. Sei di una “razza” che non mi piace e allora puzzi. Sei un essere inferiore, oggetto, poca, invisibile e se pronunci anche solo una parola non avrai alcuna chance.
Accade in una città che delle ragazzine picchiano qualcun@. Un’altra interviene per fermarle e qualcuno le dice che è cicciona e a furia di botte il branco la spedisce in ospedale.
Fin qui niente di nuovo, sono cose analizzate e rianalizzate. Ché quando è liberata l’aggressività, e per fortuna, capita che trovi bimbe che vedi persone, imperfette, possono essere violente oppure no, come ogni altro essere umano sulla faccia della terra.
Però il Corriere sente il bisogno di attribuire una dimensione etnica al fenomeno e allora parla di “Capa Romena” come se le capobranco italiche siano diverse. Come se il bullismo a scuola o altrove sia etnicamente connotato. Come se il problema resti nella etnia di provenienza e non in una cultura che se si analizza ancora spostando l’attenzione sulla presunta anormalità di questi atteggiamenti non si risolverà mai niente.
Analizziamo e raccontiamolo perché in realtà tutte sappiamo bene quanto possano essere perfidi i bullismi inflitti dalle compagne. Quanti sfottò, legnate, reali o virtuali, si subiscono da determinati soggetti.
E quando c’è da raccontare il bullismo valgono le stesse analisi di sempre, ché genderizzare il fenomeno secondo me è anche sbagliato.
La bulla è una insicura, una molesta con disagi personali. E’ una tiranna che aggredisce sulla base di ragioni, ossessioni, fanatismi, roba sua. Si dice che il bullismo femminile a differenza di quello maschile si serva anche di pettegolezzi, infamie, ma credo questo semplifichi molto le cose perché si riferisce a modalità espresse o virtualmente ovvero in casi in cui non c’è per codardia lo scontro fisico.
Volendo approfondire comunque di bullismo messo in atto da ragazze ho parlato qui, qui, qui, qui, qui. Trovate vari esempi di bullismo compiuto da ragazze anche su Bollettino di Guerra.
Mi piace continuare ad occuparmene perché è un’area a mio avviso rimossa. Siamo così abituate a parlare di violenza riferita ad altri che abbiamo rimosso e non riconosciamo la violenza che subiamo a partire da chi sembra più simile a noi.
Perché il problema sta tutto nella percezione. Cos’è che percepiamo come violento? Cosa invece no?
Un branco di ragazzine che ti fanno male perché non pesi tanto quanto loro, che ti fanno sentire inferiore, ti dicono cose perfide o ti massacrano di percosse reali o virtuali perché saresti una “zoccola” che osa attirare l’attenzione di quel particolare ragazzo, sono violente oppure no?
Come si fa a difendersi da quella violenza? Come si fa a rintracciare solidarietà se quella violenza non viene neppure percepita in quanto tale? Se viene addirittura resa oggetto di eccitante consumo per chi celebra film per adolescenti in cui gli scazzi tra coetanee vengono edulcorati, normalizzati e presentati come fossero questioni di poco conto?
Ci sono ragazzine che devono cambiare scuola perché non possono più stare lì dov’erano. E tutto ciò non ha nulla di etnico. E’ violenza. Ci riguarda. Bisogna parlarne. Per liberare quel che è rimosso e perché non dirlo significa lasciare sole tante.
Dunque: un gruppo di ragazzine pesta un’altra. Cominciamo da qui.
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