da Abbatto i Muri:
Conosco bene la storia del non lasciare agibilità politica a chi non ti somiglia. La distinzione tra oppressi e oppressori. I rischi di revisionismi e cose del genere. Poi però ci sono i pinkwashismi, i sinistriwashismi, ovverosia chi dice di stare a sinistra e in realtà è più fascista dei fascisti.
I brand identitari che vengono promossi oggi hanno più il sapore di una religione. Sono privi di coscienza politica, consapevolezza. Quando qualcuno dice che è antifascista ci sta che neppure sappia cosa sia l’antifascismo. Se dice che è antisessista poi scopri che è paternalista e sessista da fare schifo. Se dice che è antirazzista poi invece ti racconta cose e parla lo stesso identico linguaggio dei razzisti dichiarati.
La promozione dei brand identitari è supportata da steccati morali messi a confine delle persone. Io ti qualifico perché tu hai parlato con tizio e caio, come se tutti i giorni noi chiedessimo al panettiere, ai compagni di scuola, alle insegnanti, ai colleghi di lavoro, di che pensare è il loro pensare per rivolgere loro un civile buongiorno. Io ti qualifico perché tu parli con chi per definizione dovrebbe appartenere ad una categoria precisa, pessima, che politicamente non bisogna legittimare.
Perciò poi scopri che c’è chi mette a curriculum: non ho mai rivolto la parola all’estrema destra, non parlo coi leghisti, non parlo con i tizi xy, e si presenta al mondo per orientare altre opinioni a partire da questa sua presunta giustezza morale.
Puoi anche aver parlato con Casapound per dire che la campagna “Tempo di essere madri” è terribile, in stile ventennio, e dirlo non ti rende automaticamente di destra.
Puoi anche parlare con Grillo per dirgli che su alcune cose avrà ragione ma su altre invece no. Per dire: le sue posizioni sui migranti sono razziste e parlarci non ti rende automaticamente razzista.
L’epoca attuale, in termini politici, è caratterizzata da un fatto preciso. I movimenti ad indirizzo rigidamente identitario sono sostituiti solo da quelli a leadership unica.
Puoi santificare e demonizzare un gruppo o una persona ma mentre la discussione viaggia su canali medioevali, in cui esalti o crocifiggi qualcuno senza le dovute argomentazioni, solo cercando elementi che possano farli apparire mostri e demoniaci, manca la più totale coscienza politica del perché dici quello che dici.
Io so perché l’idea di chi segue XY gruppo o persona non mi piace. Non ho difficoltà a dirlo. Ma parlo dell’idea e non della persona e non demonizzo nessuno.
La demonizzazione, in comunicazione, serve solo a polarizzare lo scontro su quella persona per ricavarne visibilità, popolarità, in uno scontro acritico tra fazioni. Oggi essere pro o contro Grillo significa orientare l’opinione in una certa direzione e ricavarne visibilità. Vedi l’antigrillismo del Pd che serve a recuperare consenso e a guadagnare una sorta di patente di pulizia morale (che il Pd non ha).
Non ci si confronta più sulle idee ma su quello che rappresenterebbe un gruppo o una persona. Da cui nascono delle aberrazioni culturali, del tipo: parlare con Casapound sarebbe pessimo ma parlare con uno che sta nel Pd invece no. Parlare con i grillini sarebbe bruttissimo ma parlare con quelli che “ti banno se voti grillo” invece no.
Come se il parlare o il non parlare con qualcuno costituisse già di per se’ un tradimento al clan, al branco, un tradimento, per l’appunto, identitario.
Poi scopri che la persona che vanta di “non aver mai parlato con la destra” in realtà è fascista nei metodi, nello stile, nei ragionamenti che fa, o che quello che dice che “con i maschilisti non ci parlo” poi maschilista lo è pure di più.
Allora il punto è, senza fare relativismo culturale, senza minimamente praticare revisionismo e legittimare alcunché, che a mio avviso questa maniera di fare politica rischia di vanificare anni di lotta e di svuotare di significato le parole, le idee per cui diciamo di lottare.
Io so di essere antifascista, antisessista, antirazzista, mi sforzo di essere antispecista. Sono tante cose e penso tante cose ma la mia coscienza politica e la mia consapevolezza mi permettono di ragionare di contenuti, con chiunque, di parlare di fascismo senza affibbiare patentini antifascisti solo perché sul tuo curriculum c’è scritto che non parli con chi vota estrema destra.
Siamo sicuri che le persone sappiano cos’è fascismo? Sessismo? Razzismo? Specismo? Perché ad esempio, il primo revisionismo di questi anni, quello che io vedo, è praticato da chi fa mero pinkwashing usando le donne e i femminismi per sdoganare contenuti sessisti, stereotipati: il maternage, i ruoli attribuiti per “natura”, l’omofobia latente o esplicita di chi ti dice che i figli dovrebbero stare con le madri e mai con i padri, dunque le coppie gay possono anche perire senza mai colmare il desiderio di genitorialità.
E’ quello praticato da chi ti dice che le donne hanno tutte l’aureola, che la violenza sulle donne è un problema e poi ti si presenta con le proposte approvate nell’attuale decreto legge. Proposte che non piacciono a nessuno e che sono tutto meno che antisessiste e femministe.
E’ quello praticato da chi ti dice che il porno o le immagini con i nudi espliciti non vanno bene perché offenderebbero le donne quando in realtà ci riporta indietro ad un discorso pubblico mussoliniano in cui il nudo offende la morale pubblica e perciò andrebbe censurato.
E’ quello di chi ti racconta di essere antifascista ma poi attiva gogne e linciaggi sulle persone sicché poi gli squadrismi possono passare il tempo a perseguitarti.
E’ quello di chi ti racconta di essere antifascista (perché non ha mai parlato con chi sta a destra) e poi ti dice che, appunto, è “tempo di essere madri”.
E’ quello che ti racconta di essere antifascista e poi però parla con persone di destra che supportano la causa pro/madri. E lì mi chiedo se a parte aver verificato di essere nettamente dalla parte delle madri ci si chieda anche cosa voti tutta questa gente e cosa pensa di tantissime cose.
C’è infatti un fenomeno curioso che si chiama antifascismo e antisessismo selettivo. Si spegne quando stai dalla tua parte della barricata. Indi per cui non riesci a decodificare stereotipi, fascismi e sessismi nei movimenti, tra di noi, uomini, donne, tutti, insomma, e ciò che ti farebbe apparire pessimo è solo il fatto di non aver rispettato un confine morale.
E quel confine morale è determinato dagli identitarismi e non dalle idee. E’ quel confine morale determinato talvolta dalla giustezza di posizioni assegnata a priori solo ad un genere. Per cui se sei donna sei angelicata e giusta e se si sta tra donne bisognerebbe dire di pensarla tutte allo stesso modo. Così facendo antifascismo o antisessismo, svuotati di significato, piegati alla logica della leadership unica (Weber insegna), normalizzati, possono diventare quello che tu vuoi.
Domani ti diranno che antifascismo è non parlare con i partigiani o che antisessismo è non parlare con chi ti dice che lo status materno è stereotipato, sessista, anacronistico.
Dunque ripartiamo dai significati, dalle parole.
Cos’è fascismo? Cos’è sessismo? Di che parliamo?
Io so, per esempio cosa significa essere laica, libertaria, anarchica…