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Caramelle da uno sconosciuto e patto tra sex workers

da Abbatto i Muri:

E’ un film di Ferrini, collaboratore di Dario Argento, in cui trovate tantissime tra le attrici o le vip televisive che oggi forse conoscete. Unisce il thriller alle scene hot, così come era tipico degli anni ottanta. Parla di sex working ai tempi in cui ancora le prostitute non si erano date una organizzazione sindacale per rivendicare i propri diritti.

In Italia era già stata approvata la legge Merlin che metteva fine allo sfruttamento della prostituzione ma attivava anche canali repressivi su favoreggiamento e induzione alla prostituzione. Favoreggiamento era anche, tanto per dire, e lo sarebbe ancora, se affittavi un appartamento ad una donna che di mestiere faceva la sex worker. Perciò la maggioranza delle prostitute, salvo le squillo, o le escort, quelle che avevano un appartamento di proprietà, stavano in strada, rischiavano (tuttora rischiano) aggressioni, stupri, rapine, delitti. E non potevano certo sostare in luoghi in cui avrebbero potuto turbare la morale pubblica. Perché compiere atti osceni in luogo pubblico, abbigliarsi in modo indecoroso, era sanzionabile. Dunque restavano in periferia, al buio, da sole. Esattamente negli stessi luoghi marginali in cui le ordinanze di tanti sindaci, per le stesse ragioni, oggi, le rinviano pena la persecuzione da parte di ronde cittadine e delle autorità.

caramelle_da_uno_sconosciuto_barbara_de_rossi_franco_ferrini_004_jpg_nmxiIl film prende spunto da questo per costruire una trama in cui c’è un serial killer, caso tutt’altro che remoto (ricordate quello che le uccideva con la balestra in veneto? o più di recente quelli che sparano per divertirsi alle donne che vedono in strada? e quelli che le bruciano?), che uccide le prostitute e poi pratica delle mutilazioni con una pistola adatta alla macellazione degli animali. Il riferimento è senza dubbio specista, giacché se ne deduce che per raccontare l’umanità delle sex workers bisogna fare differenza dagli animali, ma era un’altra epoca e la sensibilità in proposito, temo fosse davvero molto poca.

Dopo un tot di vittime le prostitute decidono di organizzarsi per proteggersi. Smettono la conflittualità, dividono i territori, accendono dei fuochi, segnano i numeri di targa di quelli che le caricano a bordo, si muniscono di spray paralizzante e di fischietto in caso di aggressione, stigmatizzano, come si può vedere a conclusione del video in basso, ogni genere di “stranezza”, ed è curioso il fatto che ad essere considerato meno strano e rischioso sia l’atto sessuale in se’ (invece che gli approcci più sensibili), senza ulteriori pratiche non concordate o ruoli non designati, si alleano con i guardoni, ai quali chiedono di tenere gli occhi ben aperti per aiutarle a individuare l’assassino, si alleano temporaneamente anche con la polizia, a loro assolutamente antipatica, ché quando non le perseguitava comunque le ricattava per estorcere servizi sessuali.

Praticano assemblee vere e proprie, registrano i contenuti degli interventi, concordano una linea d’azione e cominciano a pensare alle strategie politiche da portare avanti, e così facendo, inserendosi nella narrazione sulla violenza sulle donne, riescono forse per la prima volta in Italia a spiegare come e perché le prostitute sono donne, con vite affettive più o meno stabili, con desideri, vissuti complicati, e ancora per la prima volta viene mostrato un accenno di bdsm, con la mistress e il cliente, e anche una convivenza lesbica.

Quello che mi chiedo è come mai in quegli anni si poteva ancora raccontare una storia del genere, con tutti i limiti narrativi, la filmografia certamente non da premio oscar, e oggi, ogni volta che si racconta di violenza sulle donne, si finisce per presentare scene pietose e una versione catto/fascia/addomesticata in cui le prostitute, soprattutto, devono sempre essere rappresentate come infelici, traumatizzate, da salvare, non in grado di autodeterminare la propria esistenza, di gestire la propria autodifesa e di scegliere. Perché quello che in questo film di cassetta si vede, in fondo, è questo: sono donne che potevano scegliere, se andare, restare, fare perfino del male alle persone care, sfruttare altre donne o aiutarle, come si vede poi alla fine, con una conclusione che non vi racconto. E sono donne che si salvano da sole, senza pretese di giustizialismi, ché la polizia alla fine ha un ruolo talmente di contorno in cui si smette il moralismo e anche l’operazione di cattura dell’assassin@ avverrà grazie alle donne più che per la partecipazione dei tutori.

Con tutti i limiti che probabilmente ha, comunque sia, a me è piaciuto. Se capita guardatelo. Poi ditemi che ne pensate.

Posted in AntiAutoritarismi, Critica femminista, Sex work, Vedere.