Da Abbatto i Muri:
Ancora genitori. Il dibattito tra madri e padri ha finito in generale per piegare tutta la discussione sulla genitorialità in senso normativo. Una normatività che si riflette e coinvolge tutti e tutte. Essendo che si tratta non di dialoghi ma di scontri che usano l’abc politichese (quando lo si sa usare) traslati dalle aule di un tribunale al web c’è che ciascun@ agisce per discolpa o criminalizzazione dell’altr@ coinvolgendo chiunque si appresti a ragionare delle stesse cose.
Da lì dipende il fatto che ogni storia che discute di donne e uomini, madri e padri, viene letta esclusivamente in maniera proiettiva, senza che vi sia la libertà, per ciascun@, di raccontarsi per quel che ha vissuto. Da lì dipende il piglio morale e giudicante che entrambe le parti talvolta usano o subiscono o infliggono, in egual modo, a chi semplicemente si racconta e non ha nulla a che fare con quelle dinamiche.
Lo dico perché sento il bisogno di liberare una zona laica del discorso dall’influenza di chi porta il ragionamento sempre più al ribasso. Dove la moralizzazione e il giudizio nei confronti delle persone si fa sempre più inquisitorio. I padri fanno. Le madri fanno. I padri pensano. Le madri pensano. E così come sono pienamente calati nel proprio ruolo, ciascuno per le situazioni che è costrett@ a vivere, hanno dimenticato che sono semplicemente persone. Come tante. Come tutti. E chiunque parli di queste materie non può che essere parte attiva, esattamente coincidente, dell’una o l’altra fazione, per necessità di schematizzazione di chi non comprende e non accetta le diversità e di chi tratta gli argomenti solo per dicotomie bianco/nero, buono/cattivo.
La normatività e la moralizzazione si esprimono nel momento in cui i conflitti privati, tra padri e madri, non possono, certo, essere raccontati in prima persona. C’è il rischio di querele, di ulteriori problemi, o c’è semplicemente che si reputa più semplice creare gogne per altre persone invece che rendersi protagonist* esplicit* del discorso. Dunque ad essere sotto processo, sul web, finiscono per essere tutte le madri e tutti i padri, in direzione di una narrazione dominante e pervasiva che parla un linguaggio che non c’entra nulla con la normalità.
Mi spiego: nella vita di tutti i giorni, la tua quotidianità, non hai il timore di dire che sei imperfett@, che ogni tanto fai cazzate, che sei un essere umano come tutti. Nella discussione accesa, reciprocamente demonizzante, tra padri e madri, e loro collaudate braccia virtuali acritiche, all’idea che ciascun@ talvolta dà dell’altr@, che è quella del demonio o della strega, del mostro/criminale e della perfida e disumana, la risposta di difesa è quella di trincerarsi dietro una nobile definizione della genitorialità, il proprio ruolo concepito in santità, e in questo le madri sono tanto più brave, devo dire, non si racconta nessun errore, sembra quasi che nel definirsi, tutta questa gente, cessi di essere umana.
Ci troviamo presso altri contesti in cui la mistica e la sacralità della maternità, insistentemente riproposta come cultura dominante, viene trasferita pari pari in un tentativo, piuttosto goffo, di mistica della paternità che in realtà non riesce proprio a competere. Perché ‘sti padri si misurano sullo stesso piano, provano a mettere in piedi le stesse strategie di comunicazione ed è ovvio che su quel piano perdono e perdono alla grande. Nessun@ può competere con la madre santa. Soprattutto se il disagio di paternità viene formulato attribuendo alle madri l’incapacità di essere sante come cultura vorrebbe. Se tu fossi come le nostre vecchie mamme… se fossi quella che pensa davvero al bene dei suoi figli… se tu fossi quella che tiene all’unione della famiglia…
Come si fa a spingere in direzione di cliché tradizionali se si sta andando esattamente sul versante opposto? Se stai infine raccontando la storia di una maternità pervasiva che impedirebbe il realizzarsi della genitorialità paterna o nelle coppie gay, quel che non puoi fare, e che tra l’altro non funziona, è dettare norme su quello che dovrebbe essere o non essere una madre. Qualunque rivendicazione autodeterminata che ribalta ruoli di genere parte da se’ e non da una norma imposta ad altr*.
Lo stesso dicasi per quelle madri che reagiscono malamente e senza pudore all’idea di dover perdere il monopolio della “cura” dei propri figli e che non fanno altro che definire modelli normativi per ripiazzare l’uomo nel ruolo (di genere) che per tradizione gli spetterebbe. Padre a distanza, dovere di mantenimento e per il resto fuori dalle ovaie.
Dicevo, comunque, che mentre le due parti si raccontano queste belle cose finisce che stanno normando i comportamenti di tutt* e che la discussione sulla genitorialità è diventata una reciproca e palesemente falsa celebrazione di ruoli. Vi chiedo: dove avete mai visto due genitori perfettissimi? A parte che nei film…
Dove avete visto persone che non sgarrano mai? Dove avete visto una madre e un padre a cui non capiti proprio mai di fregarsene, sbagliare? Dove avete visto genitori così santi da poter mettere il piede in terra e incontrare sguardi amorevoli dei figli in perenne adorazione? Dove avete visto creature così poco umane?
Voglio dire: Io sono figlia e madre e so che se i miei si fossero separati ogni minuscolo errore che hanno fatto, se l’hanno fatto, sarebbe diventato un appiglio legale in addebito per contendersi l’affido. So che c’era una parente del mio ex che mi disse una volta che avevo una cattiva influenza su mi@ figli@ perché i suoi congiuntivi erano troppo perfetti ed è chiarissimo che i congiuntivi perfetti a un@ bambin@ intelligente alla quale si parla in corretto italiano possono venire, tipo malattia contagiosa, solo sotto tortura. Fortuna che il mio ex di queste sciocchezze non me ne ha mai dette ma non abbiamo neppure avuto strascichi legali di nessun tipo e dunque abbiamo continuato a osservarci e relazionarci in tutta la nostra umanità senza dover santificare la nostra immagine per essere accettabili di fronte ai servizi sociali, agli avvocati, ai tribunali.
Istituzionalizzare la separazione è un problema enorme perché di sicuro ogni tuo comportamento viene ripassato al setaccio e sfido chiunque a non avere nulla di spettacolarmente “perverso” agli occhi di una zelante assistente sociale o di un professionale psichiatra intento a fare un Ctu su richiesta del giudice.
Ma istituzionalizzare la discussione politica pubblica sulla separazione è un problema ancora più grave, perché se tu discuti di questo per fare osservare le assolute aberrazioni di un sistema di giustizia in cui c’è chi gioca a fare il padreterno e decide della tua vita e di quella dei tuoi figli, allora metti in evidenza quelle aberrazioni senza accreditarle, legittimarle e avallarle facendo diventare tutto il web un palcoscenico di uno psicodramma senza fine nonché una enorme aula di giustizia in cui le tifoserie fanno a gara a dire sciocchezze a favore di padri e madri, ciascun@ ovviamente ricucendo sulla storia delle separazioni quello che più conviene. Diventa uno scontro tra ideologie in cui le stesse persone che vivono questi problemi, bambini inclusi, spariscono, sono invisibili e così nessun@ più vede la loro umanità, imperfezione, il loro disagio.
Se nelle esposizioni tu legittimi le aberrazioni di un sistema di giustizia che ti chiama drogato se ti sei fatto una canna e ti chiama pazz@ se una volta sei stat@ dallo psicologo e ti chiama persona “inadeguata” se per caso non hai dimenticato di essere anche un soggetto sessuato, se tutto quel che fai è dimostrare che l’altra persona sta compiendo un reato per ogni fiato, respiro, ogni movimento che fa, stai spostando tutto il discorso in una zona in cui a vincere non sarai mai tu, padre o madre che tu sia, ma vince l’istituzione, paternalista, autoritaria, che ti condanna prima ancora di averti ascoltato, che è reazionaria e ovviamente “tutela” la sacralità materna e diffida della disponibilità paterna, che si sostituisce a te perché tu, anzi, voi, non siete in grado di decidere in modo adulto cosa fare delle vostre vite e delle vostre relazioni.
Ora, io capisco ogni cosa, sono davvero disponibile ad ascoltare qualunque cosa, per quanto ben distingua il fatto che ci sono aree di discussione in cui la malafede e i metodi autoritari e fascisti rasentano il limite di tolleranza, dove la criminalizzazione è tanta e tale che si estende a chiunque, con metodi squadristi e con tanto di fotografie, nomi e cognomi, di chi la pensa in modo differente, dove mancano solo gli indirizzi cui inviare per eventuali linciaggi, e sono cose che ho visto fare ad alcuni padri e anche ad alcune madri, capisco davvero tutto ma quel che non capisco è come non soffriate di claustrofobia a restare chius* in un’area di branco in santità dove io soffocherei solo per il fatto di esserci entrata.
A chi impone santità non posso che suggerire sovversione, trasgressione, la lotta per impedire che sia invisibilizzata la propria umanità. Perché io so e non ci credo al fatto che non siate uman*, voi e i vostri segreti, le vostre vite imperfette che lasciate al buio, i vostri disagi e le vostre mille maniere di presentarvi come angeliche creature quando sappiamo bene che gli angeli sono caduti dal cielo e resi umani sono persone sessuate, che ogni tanto fanno cazzate o che fanno scelte che fanno arricciare il naso ad alcun* ma non per questo fanno di loro dei cattivi genitori.
Vorrei perci@ che nel discorso pubblico si smettesse di definire una norma valida per tutti che imponga quel che dovrebbe essere un perfetto genitore secondo gli standard istituzionali e di chi dalle istituzioni è obbligat@ a difendersi.
Io non ho la più pallida idea di cosa sia un perfetto genitore e non mi piacciono, in senso culturale, le fabbriche di stereotipi in generale. Quello che so è che sono anche una madre e mi@ figli@ è cresciut@. Quando io ero adolescente sembravo l’esorcista e mio padre me lo ricorda ancora e quando mi@ figli@ era adolescente sembrava l’esorcista e ora ne ridiamo insieme. I miei hanno fatto anche cose che non mi sono piaciute e io e il papà di mi@ figli@ abbiamo fatto anche cose che non le sono piaciute. Ma la criminalizzazione reciproca in base al genere e l’autoflagellazione anche no, please. Niente aureola in base ai ruoli di genere nella discussione pubblica sulla genitorialità. Siamo uman*, siamo persone e la discussione è molto più ricca di così… 🙂
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