Da Abbatto i Muri:
Povera bambina che diventa pretesto mediatico per dare fiato alla causa antiabortista. Povera creatura costretta, suo malgrado, con tutto il rispetto per la scelta dei genitori, a legittimare ciò di cui neppure sa nulla. Non ha voce, mente, cervello, eppure sul suo corpo si celebra l’apoteosi della mistificazione da parte di chi immagina di poter parlare di “vita” perfino al posto di chi non può pronunciarsi su che tipo di “vita” la sua è.
Povera bambina usata dalla stampa per dare una lezione alle donne che invece non vogliono condannare un figlio a non-vivere in quelle condizioni, che per se stesse esigono sia loro garantito il diritto all’aborto terapeutico, perché non c’è religione che possa opprimere la psiche di una persona che deve poter scegliere di fare la madre e non c’è cultura alcuna che possa obbligare a svolgere un ruolo di cura per adempiere ad una missione che non sente neppure propria.
Mi ricorda molto la lotta integralista fatta attorno alla faccenda di Eluana Englaro, quando si riteneva che perfino quel corpo sfinito, consumato, potesse riprodursi e partorire, perché attorno alla mistica della “vita” si definiscono le più atroci aberrazioni, i più gravi deliri di onnipotenza. Gli stessi che poi arrivano da chi impedisce la ricerca affinché si possano migliorare le condizioni di salute di chi vuole vivere per davvero. Gli stessi che pongono paletti etici e morali per definire il limite entro il quale la “vita” ha da essere considerata vita.
Vita un embrione, vita una bambina anecefala, vita giammai per quelle, tante, donne sui cui corpi ogni giorno si gioca come alla roulette russa, povere vite, povere noi.
Ma perché questo? Per quale ragione si supportano politiche antiabortiste? Perché questa spinta repressiva celebra regressi perfino in paesi in cui certi diritti sembravano acquisiti, come in Spagna? Dopodiché chi realizza queste azioni di chiara criminalizzazione delle scelte delle donne, delle persone tutte, perché anche i padri hanno certo da ridire quando c’è da parlare di obbligo di genitorialità, si arrabbia se un paio di manifestanti in piazza, durante la Slut Walk indetta proprio per opporsi a politiche contro le donne, in favore di stupro e antiabortiste, rompono statuette sacre. Ovvero chi afferma l’intolleranza di quel gesto poi reclama il diritto alla libera opinione per dire alla donna che è un’assassina se abortisce e ad un gay che è “malato” tentando di ricondurlo entro una norma precisa.
Infine le streghe siamo sempre noi, cattivissime, sole nella nostra scelta, sofferta o anche no, di non portare avanti una gravidanza, in special modo quando si sa già che se quella creatura nascesse soffrirebbe le pene dell’inferno, sole e criminalizzate, vittime di terrorismo psicologico, mentre ci si imputa l’offesa alla religione che sui nostri corpi continua a celebrare e legittimare il suo potere normativo.
Famiglia, figli, uteri, sessualità. Perché su questi temi devono parlare papi, preti, uomini e a noi non è dato parlarne e deciderne se non con enorme difficoltà? Perché dobbiamo sorbirci tutori sempre e comunque? Perché dobbiamo subire paternali da parte di chi continua ad infantilizzarci di modo che si ritenga che non siamo abbastanza responsabili, in grado di intendere e volere, da potere decidere in senso autodeterminato se vogliamo fare un figlio oppure no?
NB: in Brasile, guidato da un governo socialdemocratico che ha recentemente reagito in senso repressivo e autoritario alle rivolte di tanta gente arrabbiata contro le sue politiche neoliberiste, l’aborto è vietato per legge e solo di recente è stato autorizzato, come possibile opzione, per le donne vittime di stupro. Ancora oggi su questo si sta facendo una enorme polemica perché ai cattolici questa cosa non va giù.