Da Abbatto i Muri:
Leggo su La Stampa che nel decreto di governo annunciato per il sovraffollamento delle carceri, che martedì prossimo arriverà in consiglio dei ministri, è stato inserito un capitolo sulla violenza domestica. Non ho il decreto da commentare e analizzare (il contenuto dovrebbe essere questo) e dunque mi baso solo su quanto dice l’articolo che ovviamente potrebbe sbagliare. Il titolo parla di denuncia d’ufficio, ammonimento e pene più severe in difesa delle donne vittime di violenza.
L’ammonimento al violento potrebbe diventare lo strumento del Questore anche in assenza di querela di parte.
“Sarà sufficiente che la polizia venga informata da qualcuno, che peraltro è garantito dall’anonimato, per chiamare d’ufficio il coniuge violento e intimargli di finirla con «tutti gli atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare».”
Quindi al Questore, lo stesso che se vai in piazza ti manda la polizia a manganellarti, si dà il ruolo di padre protettore delle donne mentre la questura sarà intasata di telefonate anonime da parte di persone che sulla base della propria percezione giudicheranno quanto avviene nelle case dei vicini e chiameranno per segnalare presunte e non accertate violenze senza che neppure si tenga conto della conferma da parte della presunta vittima.
Di fatto già adesso se ascolti un litigio e senti le legnate al di là della parete puoi avvisare le forze dell’ordine assumendotene la responsabilità. Dai nome e cognome, dopodiché spetta alla donna denunciare quello che le accade. Se non denuncia: i militari arrivano e, appunto, ammoniscono. Dunque nulla di nuovo.
Ma la querela di parte è indispensabile perché quel che a te può sembrare violenza per lei può essere una scelta. Se l’idea da cui parti è quella che qualunque cosa non corrisponda al sentire comune non è lecita, e che le donne che dicono di scegliere alcuni modelli di relazione o di vita siano comunque e sempre vittime da salvare, i tutori saranno legittimati a intervenire su ogni scelta delle donne.
Se senti urla durante un amplesso e immagini che lei sia vittima di un perverso maniaco mentre in realtà stanno vivendo una sessione di erotismo sadomaso ci si inserisce negli equilibri della coppia in senso moralista e normativo. Si va a normare secondo un sentire “comune” (in generale abbastanza morboso, prurigginoso, catto/fascista, moralista, per nulla laico) la vita sessuale, emotiva, sentimentale della coppia. Si uniforma e omologa la dimensione privata che dovrà rispondere a caratteristiche dettate dallo Stato, dove i ruoli di genere saranno decisi dallo Stato (lei vittima da tutelare e lui carnefice da ammonire), dove le relazioni saranno di Stato e il tuo corpo, tuo di donna che è totalmente affidata, priva della possibilità di determinare le soluzioni per te, allo Stato.
Il corpo di Stato, da tutelare, in quanto che temporaneamente o permanentemente considerato incapace di intendere, volere e decidere per se’, è tema fascista. E’ corpo di Stato quello che non può decidere se abortire oppure no. E’ corpo di Stato quello che non può decidere se porre fine alla propria vita e quando farlo. Dunque questa è una decisione autoritaria e fascista perfettamente in linea con le ultime decisioni già assunte dall’attuale governo.
Questa scelta apre le porte ad ogni tipo di interventismo e autoritarismo sulla pelle delle donne. Di tutte le donne. Il salvataggio coatto riguarderà le donne che non vogliono essere salvate, quelle che non vogliono affidarsi alle Istituzioni e ai Tutori per risolvere il proprio problema, quelle che vogliono prostituirsi e lo fanno per scelta. Mentre quelle che subiscono violenza per davvero rimarranno sempre più mute e diventeranno invisibili per non attivare questi meccanismi interventisti. Dunque eviteranno ancora di più di urlare quando beccheranno botte, chiuderanno la bocca ai bambini per non farli piangere quando assistono alle violenze, attiveranno più efficaci strategie omertose per non essere oggetto di ritorsioni e infine le troveremo lì, morte, mentre qualcun@ continuerà a fare campagna elettorale sulla loro pelle.
Continuando a raccontare la faccenda comunque circa l’ammonimento si scrive che può riguardare anche gli ex: “«attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima». Perché poi l’interessato capisca che non si scherza, il questore può chiedere al prefetto anche una misura accessoria: la sospensione della patente di guida da 1 a 3 mesi.”
Dunque a parte la sgridata dal Questore se fate un po’ gli stronzi vi tocca la sospensione della patente. Ecco fatto. Un po’ di prove virili, muscolari e testosteroniche e braccio di ferro a chi ce l’ha più duro era giusto quello che ci mancava per risolvere queste faccende.
L’ammonimento, si scrive ancora, avrà anche ricaduta nel codice penale: “In caso di reiterazione delle violenze domestiche, e il coniuge violento fosse stato ammonito a finirla, il giudizio può partire d’ufficio e senza dover aspettare la denuncia della vittima. Se poi si arrivasse a una condanna, per il condannato che a suo tempo non avesse rispettato l’ammonimento del questore, la pena è aumentata. Quando poi le violenze domestiche avvenissero nell’ambito di una famiglia di immigrati, la vittima potrà avere un permesso di soggiorno di carattere umanitario.”
E a parte il permesso di soggiorno di “carattere umanitario”, quando sappiamo che tante vittime di tratta sono rinchiuse nei Cie nonostante abbiano collaborato con le forze dell’ordine, e che ci ricorda come si tenta di umanizzare una legge, quella sull’immigrazione, che è disumana e criminalizza e destina ai Cie/Lager gli immigrati solo perché tali, direi che così si propone l’aggravante di cui tanto parlano le donne di destra. E qui mi chiedo davvero dove siano i Centri Antiviolenza e se con tutto il sapere accumulato e l’esperienza non sappiano dire con forza che tutto ciò è un circo repressivo che non serve a nulla e che di certo non preverrà e non risolverà in alcun modo le violenze.
Come se non bastasse si “aumentano le pene qualora violenza sessuale o atti persecutori siano effettuati nei confronti di donne in stato di disabilità psico-fisico anche temporanea oppure siano in stato di gravidanza. Ma si rivedono anche le norme sugli stalker. La tragica esperienza di questi mesi ha dimostrato che l’attenzione va spostata anche sui separati di fatto e non solo quelli separati legalmente. E rientra nello stalking anche la persecuzione commessa «attraverso strumenti informatici e telematici». Si rafforzano infine le sanzioni per chi viola «il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa» (ordinanze del giudice).”
Qui, a parte il paragone tra donne incinte e disabili (tutte malate?) giusto per capire in che categoria le donne stanno (bambine, malate, inferiori e bisognose di “tutela” invece che legittime destinatarie di “diritti”), a parte considerare che si decide solo di repressione e mai di prevenzione, si parla di separati di fatto. Io spero solo che non si parli anche di separati in casa, ovvero di una condizione di separazione definita in una delle proposte fatte dal ddl sul femminicidio del Pd, in cui si chiedeva di estendere le norme sullo stalking ai coniugi o ex che vivono sotto lo stesso tetto.
La norma sullo stalking è comunque di fatto inefficace non perché non sia estesa ai separati di fatto o in casa ma perché una donna, incluse quella separata legalmente, che denuncia sette volte per stalking il suo ex poi comunque viene uccisa. Dunque lì servirebbe una analisi sulla reale efficacia di una legge e su eventuali soluzioni, qualunque sia la proposta che il governo voglia fare, che aiutino a sopravvivere alle separazioni. Servirebbe dichiarare in modo chiaro che la prevenzione non esiste e che non fermi la violenza in quel modo lì. Invece cosa fai? Inserisci un altro elemento che non so a che serva e se si parla davvero anche di separati in casa (io spero tanto di no!) innescherà tensioni e di per se’ risulterà ridicolo. Due persone che vivono assieme, sotto lo stesso tetto, sebbene siano separate di fatto, quelle che respirano la stessa aria, aprono lo stesso frigorifero, usano lo stesso cesso, in quale momento preciso si capisce che si stiano perseguitando? Dove finisce la convivenza e dove inizia lo stalking?
L’articolo continua: “Nel provvedimento non mancano poi norme specifiche contro il furto di rame. Ci sono nuove aggravanti se il furto è commesso ai danni di società di servizio pubblico quali Ferrovie o Telecom. Nasce un nuovo reato specifico: la frode con falsa identità, articolo 494 bis. Prevede la reclusione da 1 a 5 anni e la multa fino a 10.000 euro per chi assume abusivamente un’identità altrui o fittizia «funzionale alla formazione di un rapporto contrattuale di qualsiasi genere, anche attraverso l’invio massivo di corrispondenza informatica ingannevole». Per chi si impadronisce dei dati identificativi altrui e li usa per fare acquisti, abbonamenti, accendere mutui, pagare beni e servizi, c’è la reclusione da 4 a 12 anni.”
E poi c’è una questione di auto sequestrate e da rottamare e si chiude il cerchio delle varie ed eventuali. E dunque si fa un decreto per svuotare le galere strapiene e prendendo a pretesto anche le donne per legittimare il governo, come tutore di queste deboli creature, nel frattempo si inseriscono altri reati per riempirle. Ben fatto davvero. Quand’è che parleremo di cultura e prevenzione? Quand’è che smetteremo di parlare di tutela, di securitarismi e cominceremo a parlare di diritti? Quando smetteremo di assegnare ai tutori il compito di salvarci? Quando si valorizzerà la reale capacità delle donne di salvarsi, autodeterminare le proprie scelte? Perché mai l’unico modo per poter essere salvate per noi dovrebbe essere quello di affidarci ad uno come questo tizio? Quando parleremo di rimettere in discussione il welfare e i ruoli di cura assegnati alle donne? Quando si parlerà di autonomia economica anche per le donne? Quando si parlerà di ruoli imposti, di genere, tutti da rimettere in discussione? Quando si parlerà di rispetto dell’autodeterminazione delle persone tutte e delle donne?
Come si scrive in un post le politiche paternaliste e autoritarie contro la violenza sulle donne
“esprim(ono) dunque chiaramente la linea governativa in materia, che è quella di mettere sotto tutela le donne in quanto apparati riproduttivi dello stato-nazione in crisi, affidando loro il welfare privatistico familiare. Attraverso la tutela del genere femminile in realtà si riafferma e si tutela l’ordine sociale tradizionale, basato sulla famiglia etero-patriarcale“.
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